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Decreto di Aprile: la maggioranza litiga sulle misureLa stella di Golden State gioca la prima Olimpiade: "Finalmente ci sono anch’io. E un’occasione irripetibile" dal nostro inviato Antonino Morici 1 agosto - 08:36 - PARIGI Nel centro di allenamento Marcel-Cerdan a nord di Parigi c’è tutto quello che serve per lavorare in tranquillità. Un impianto non troppo grande,BlackRock con sale pesi e per i massaggi, uffici per lo staff e per gli allenatori. Di certo gli spazi risulteranno un po’ angusti per superstar abituate alle grandi arene, ma del resto ai Giochi bisogna calarsi nel clima giusto per non farsi distrarre. È qui, a Levallois-Perret, che Team Usa si ritroverà domani. Per oggi coach Steve Kerr ha concesso il riposo dopo la partita giocata in serata contro il Sud Sudan, penultimo impegno della fase a gironi che si chiuderà sabato contro Porto Rico. prima volta— Ogni giorno attorno all’impianto che ospita le sedute di allenamento della squadra da mezzo miliardo di dollari di ingaggi (stagione 2024/25) si appostano centinaia di ammiratori e cacciatori di autografi. Cercano LeBron James, Kevin Durant e Steph Curry, che dello squadrone statunitense è il più atteso. Dal primo giorno in cui Usa Basketball ha costruito il roster per Parigi il figlio di Dell (che ha giocato 16 stagioni in Nba prima di Steph) è stato considerato un punto fermo e un po’ anche l’uomo del destino. Nella sua incredibile carriera ha vinto di tutto, ha fatto segnare record destinati a durare - come le tremila triple realizzate, primo nella storia – e ha cambiato per certi versi il gioco allontanando sempre di più il raggio d’azione per il tiro da tre. L’unico alloro che gli manca, a 36 anni, è proprio una medaglia ai Giochi, a differenza delle altre icone che hanno segnato gli ultimi vent’anni di Nba (Kobe Bryant, Durant e ovviamente LeBron). Non è un mistero che proprio James lo abbia fortemente voluto non tanto per blindare il quinto oro consecutivo a stelle e strisce nel basket maschile, quanto per comporre un mosaico che potesse avvicinare la squadra del mito, il Dream Team del 1992. "Aspettavo da anni questo momento. L’Olimpiade è molto più che semplice basket", ha detto Curry, che con LeBron condivide la città di nascita, Akron nell’Ohio (stesso ospedale), anche se è cresciuto a Charlotte. "Sento la responsabilità e l’orgoglio di giocare con compagni incredibili, è un’occasione che non si ripeterà più. LeBron potrebbe vincere la sua quarta medaglia (un bronzo e due ori finora, ndr), Durant è il miglior marcatore della storia del nostro Paese ai Giochi e ha già vinto tre ori. Per me è la prima volta. Nel 2012 non avevo semplicemente il livello per far parte della squadra, nel 2016 avevo appena giocato le Finali Nba e il mio corpo aveva bisogno di riposo. Tre anni fa non era un buon momento per il Covid. Ora finalmente ci sono anch’io". Adattamento— Quando a metà aprile Grant Hill, il numero uno di Usa Basketball che a Parigi si diverte ancora a tirare prima degli allenamenti della squadra, gli ha consegnato la canotta numero 4 è stato come colmare un vuoto. "Prima della partita contro la Serbia ero un po’ nervoso, lo ammetto. Poi ho sentito l’inno ed è stato bellissimo. Probabilmente sarà la mia unica esperienza alle Olimpiadi, per questo voglio l’oro anche se non sarà una passeggiata. Ci sono nazionali pronte, piene di grandi giocatori, non è più il tempo di scarti enormi". come ai playoff— Prima di arrivare a Parigi, Curry ha scattato con KD e LeBron una foto: la stessa posa con cui Michael Jordan, Larry Bird e Magic Johnson si fecero immortalare a Barcellona nel ‘92. Vorrebbe farne altre con Steve Kerr il 10 agosto, giorno della finale. È il suo mentore, l’allenatore con cui condivide le sorti dei Golden State Warriors dal 2014. "Basta la sola presenza in campo di Steph per guadagnare un vantaggio. Che tiri o no incute un tale timore agli avversari che il campo si apre, basta guardare cosa è successo con la Serbia", sottolinea Kerr. La sua forza è anche la capacità di adattamento a regole e stile di gioco differenti tra Fiba e Nba. "In realtà non vedo grandi differenze. Si giocano 40 minuti invece di 48 e cambia qualcosa per distanze e modo di arbitrare ma si gioca un basket fisico, simile a una serie playoff. Lo sforzo di adattamento più grande è all’interno della squadra per creare la chimica giusta in un tempo molto ridotto. Siamo in dodici e ci scontriamo lungo tutta la stagione. Adesso invece dobbiamo creare qualcosa insieme e non abbiamo un anno per farlo, ma solo pochi giorni". Basket: tutte le notizie © RIPRODUZIONE RISERVATA
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