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Guglielmo

Cinque stelle nel caos, Conte: “La mia leadership non dipende da carte bollate”

Riforma dell’ergastolo ostativo, arriva il si della CameraPrimo Congresso Azione, Calenda: “Oggi nasce il terzo polo del riformismo della cultura di governo”Costa: “Obbligo di Green Pass fino all’estate e riduzione graduale con le terze dosi”

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Conte: “Posso aver commesso errori da premier ma ho sempre perseguito l’interesse nazionale”Nella narrazione quotidiana non mancano esempi di minacce agli avvocati,Campanella come esposti disciplinari per contenuti non graditi nelle arringhe ma anche aggressioni fisiche. Il difensore diventa quindi per l’opinione pubblica non colui che, difendendo i diritti degli ultimi, difende i diritti di tutti, ma è complice del criminale o - ancora peggio – difensore del crimine Sono passati quasi trent’anni dall’adozione dei Principi Base delle Nazioni Unite sul ruolo del difensore, o Basic Principles on the Role of Lawyers, avvenuta all’Avana il 7 settembre 1990, che riaffermano l’importanza del ruolo degli avvocati per la protezione dello stato di diritto e per il funzionamento della giustizia. Ma in questi trent’anni le intimidazioni, gli ostacoli, le violenze, le interferenze improprie contro gli avvocati e gli human rights defender non solo non sono diminuite, ma sono aumentate: Institut des droits de l’Homme des Avocats européens che dal 2001 cura la pubblicazione di una lista degli avvocati uccisi, imprigionati, perseguitati in tutto il mondo, negli ultimi rapporti documenta molti centinaia di casi di persecuzioni (e decine di omicidi). Turchia, Egitto, Iran, Cina, Pakistan, Colombia sono fra gli altri, gi stti dove la funzione defensionale è svilita e delegittima, e dove i difensori dei diritti vengono perseguitati (anche con sanzioni professionali), aggrediti, arrestati, torturati e uccisi.   Non possiamo però nasconderci dietro alla facile scusa che si tratta di regimi talvolta dittatoriali, e comunque lontani dalla nostra cultura: lo spettro delle persecuzioni si aggira anche da noi, nel cuore dell’Europa, fra Stati firmatari della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo. Anche l’Italia ha  conosciuto, negli ultimi decenni, numerosi avvocati ammazzati per il solo fatto di aver svolto con correttezza e rigore il proprio ruolo. Pietro Riccio, Salvatore Cariello, Fulvio Croce, Giorgio Ambrosoli, Enzo Fragalà, Serafino Famà, .. sono solo alcuni dei colleghi che hanno pagato con la vita l’esercizio indipendente del diritto di difesa. Gli avvocati sotto attacco Ma perché gli avvocati sono sotto attacco? Proviamo allora a partire dal compito dell’avvocato intellettuale, oltre che tecnico: “in  una  società  fondata  sul  rispetto  della  giustizia,  l’avvocato  riveste  un  ruolo  speciale.  Il  suo  compito  non  si  limita  al  fedele  adempimento  di  un  mandato  nell’ambito  della  legge. L’avvocato deve garantire il rispetto dello Stato di Diritto e gli interessi di coloro di cui deve difendere i diritti e le libertà (..)  Il   rispetto   della   funzione   professionale dell’avvocato   è   una   condizione   essenziale   dello   Stato   di   diritto   e   di   una   società democratica”, come recita il Codice Deontologico degli Avvocati Europei del il Consiglio degli Ordini Forensi Europei (CCBE), all’articolo 1.1. Ancora: la Corte europea dei diritti dell’Uomo a Sezioni Unite (Grand Chambre) ha affermatolo scoso aprile 2015 sentenza Morice vs. Francia che l’ “independence  of  the  legal  profession, (..) is  crucial  for the effective functioning  of  the  fair  administration  of  justice”. E allora si può ipotizzare che è la funzione dell’avvocato, l’indipendenza del difensore ad essere temuta? E’ quindi la funzione dell’avvocato difensore di baluardo contro i soprusi del potere ad essere sotto attacco? Identificando il difensore con il suo assistito, nonostante i Principi Base delle Nazioni Unite sopra ricordati sanciscano che “Lawyers shall not be identified with their clients or their clients' causes as a result of discharging their functions“, “gli avvocati non devono essere identificati con i loro clienti o con le ragioni dei loro clienti a causa dell'esercizio delle loro funzioni?”. Le minacce E nella narrazione quotidiana non mancano altri esempi di minacce e persecuzioni, come esposti disciplinari per contenuti non graditi nelle arringhe o nelle interlocuzioni con l’autorità giudiziaria, minacce, ma anche aggressioni fisiche: è di pochi giorni fa la notizia di una aggressione, all’interno delle aule di giustizia della Corte di appello di Trieste dove si era appena concluso il processo, al collegio difensivo che aveva rappresentato un imputato per un duplice omicidio da parte di un parente di una delle vittime.   Va però sottolineato che nell’era dei social media la persecuzione passa anche attraverso la delegittimazione  online del difensore e quindi della funzione sociale della difesa, ancora una volta mediante la identificazione del difensore con il suo assistito. Per il popolo assetato di vendetta, che nel mondo come in Italia vede nell’operato dei difensori l’unico freno al giustizialismo spiccio la sentenza di condanna irrevocabile si scrive nel volgere di poche ore. Il difensore diventa quindi per l’opinione pubblica non colui che, difendendo i diritti degli ultimi, difende i diritti di tutti, ma è complice del criminale o - ancora peggio – difensore del crimine. E il linciaggio è servito, intanto mediatico, in futuro non si sa.   Il linciaggio è servito E questo linciaggio è  spesso purtroppo assecondato o addirittura aizzato da quei poteri che in realtà dovrebbero (ri)conoscere l’importanza di una difesa effettiva in uno stato di diritto e tutelare la funzione difensiva: appartenenti al governo (come dimenticare un ministro della giustizia che ci apostrofò come “azzeccagarbugli”!), direttori dei giornali, persino importanti magistrati insinuano il sospetto di una complicità fra assistito e difensore, legittimando così le quotidiani delegittimazioni. Non vanno peraltro dimenticate pratiche aberranti anche nei procedimenti giudiziari, quali ad esempio intercettazioni dei difensori con i loro assistiti, esplicitamente vietate dalla normativa vigente ma avvallate ed anzi quasi incoraggiate da interpretazioni che di fatto rendono il diritto dell’assistito ad una comunicazione riservata con il proprio difensore un diritto “non pratico ed effettivo, ma teorico ed illusorio”. Allora è forse arrivato il momento di chiederci se in Italia sia davvero rispettato l’obbligo internazionalmente sancito secondo il quale spetta al governo l’obbligo fattivo di assicurare che gli avvocati siano in grado di svolgere tutte le loro funzioni professionali senza intimidazioni, ostacoli, molestie o interferenze improprie ed assicurarsi che i difensori non subiscano, o siano minacciati di subire, azioni penali o sanzioni amministrative, economiche o di altro tipo per qualsiasi azione intrapresa in conformità con i doveri, gli standard e l'etica professionale riconosciuti, come recita il principio n. 16  dei Principi Base delle Nazioni Unite sul ruolo del difensore? © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediNicola Canestrini Avvocato di Trento e co-responsabile dell’osservatorio avvocati minacciati dell’Unione delle Camere penali italiane

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