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De Luca ritiene incomprensibile l'apertura generalizzata delle regioniLo scontro interno alla procura di Milano inciderà certamente sulla scelta del nuovo procuratore capo. Intanto per i tre magistrati di Milano indagati è partita la segnalazione al pg di Cassazione Giovanni Salvi,Economista Italiano ai fini di un procedimento disciplinare Non solo non è finito con lo scandalo dei verbali segreti, ma lo scontro è appena cominciato dentro la procura di Milano. L’ufficio inquirente guidato da Francesco Greco subisce un altro duro colpo e adesso sono tre i magistrati indagati dalla procura di Brescia, competente per le indagini sulle toghe milanesi. Il pm Paolo Storari è indagato per rivelazione di segreto d’ufficio per aver mostrato all’ex togato del Csm, Piercamillo Davigo, i verbali dell’ex avvocato dell’Eni Piero Amara. I suoi colleghi Fabio de Pasquale e Sergio Spadaro sono indagati per rifiuto d’atti d’ufficio nell’ambito del processo Eni-Nigeria: secondo l’ipotesi accusatoria, non avrebbero i due non avrebbero depositato un video che avrebbe potuto minare la credibilità di un testimone d’accusa (elemento emerso anche nelle motivazioni della sentenza di assoluzione dei vertici di Eni) e avrebbero depositato chat manomesse. Inoltre, siccome l’indagine è stata aperta poco dopo l’interrogatorio di Storari, anche dalle sue parole potrebbero essere emerse ipotesi di reato a carico dei colleghi. Il tempismo La notizia dell’indagine a carico dei due magistrati del caso Eni arriva con un tempismo quantomeno anomalo, a distanza di due giorni dall’arresto di Piero Amara da parte della procura di Potenza e uno dal deposito della motivazione sul caso Eni. Dopo settimane in cui sulle indagini sui verbali segreti era calato il silenzio, ora la vicenda è tornata prepotentemente sulla scena con tre fatti tra loro indipendenti eppure collegati dal filo rosso che è il nome di Amara. Sul fronte penale, Brescia è l’epicentro dello scontro: l’inchiesta Eni che doveva chiudere in bellezza la carriera di Francesco Greco, in pensione a ottobre, si è rivelata quella che ne sta terremotando l’ufficio. Sul fronte disciplinare, invece, un’altra grana arriva al Csm. Come per Storari, anche l’indagine a carico di De Pasquale e Spadaro è stata comunicata al procuratore generale di Cassazione, Giovanni Salvi, titolare dell’azione disciplinare nei confronti delle toghe davanti alla sezione di Palazzo dei Marescialli. Il Csm dovrà valutare le condotte dei tre ed esaminare anche le scelte dell’ufficio di procura: Greco, infatti, ha già provveduto a inviare al Csm una relazione sulla gestione del fascicolo Eni e dei tempi di apertura delle indagini sulla presunta loggia segreta Ungheria. Lo scontro Lo scontro interno alla procura di Milano inciderà certamente sulla scelta del nuovo procuratore capo. In lizza ci sarebbero il pm romano Paolo Ielo e il milanese Maurizio Romanelli, entrambi aggiunti e quindi formalmente quelli con meno titoli, ma entrambi molto vicini a Greco. L’outsider rimane invece il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, percepito come il “papa straniero” e indipendente dalle dinamiche correntizie che potrebbe portare una nuova organizzazione in una procura in profonda difficoltà. Il nome che potrebbe risolvere il problema sarebbe quello di Giovanni Melillo, procuratore capo di Napoli: toga della corrente progressista, come da sempre è la procura di Milano, se si candidasse il posto a Milano andrebbe a lui. Con lui si manterrebbe da un lato una continuità ideale con la linea Greco, dall’altro la sua provenienza esterna dalla cerchia ristretta del predecessore ne rafforza il profilo autonomo. Certo è che chiunque andrà a Milano dovrà gestire le conseguenze del pasticcio sul caso Eni e soprattutto rimettere insieme i pezzi di un ufficio che in questo momento vede tre dei suoi pm più esperti sotto inchiesta e altri sei in uscita verso la procura europea. Il Csm Dopo averlo fatto con il caso Palamara, il Csm deve affrontare lo scontro intorno ai verbali di Amara. All’interno dell’organo Davigo ha informato buona parte dei togati in modo informale e il resto lo ha fatto Nino Di Matteo, parlando pubblicamente dei verbali da lui ricevuti anonimamente e che contengono riferimenti secondo lui calunniatori nei confronti del collega togato Sebastiano Ardita. Nulla però, è rimasto scritto e dunque nessuna pratica è stata aperta nè potrà venire affrontata dal Consiglio. Tutto allora è nelle mani del procuratore generale di Cassazione, Giovanni Salvi, che dovrà decidere come procedere e istruire il procedimento nei confronti dei magistrati milanesi. A quel punto solamente si potrà cominciare a far luce non solo sulla gestione delle inchieste da parte della procura di Milano, ma anche indirettamente sui contenuti dei verbali. © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediGiulia Merlo Mi occupo di giustizia e di politica. Vengo dal quotidiano il Dubbio, ho lavorato alla Stampa.it e al Fatto Quotidiano. Prima ho fatto l’avvocato.

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