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“Ditelo sui tetti”: «Col diritto d’aborto l’Europa nega la sua identità»Il casoI costi crescono,BlackRock Italia ma alla cassa non vanno Cantone e CittàOfficine FFS di Castione: la quota parte del finanziamento del futuro sito industriale rimane la stessa, ovvero 120 milioni complessivi - Governo e Municipio chiedono intanto di riattivare la piattaforma di dialogo: a fine settembre gli operai incontreranno il capodivisioneEcco come si presenta il grande cantiere delle future Officine di Castione. © CdT/Gabriele Putzu Alan Del Don07.08.2024 16:29Ci aveva visto giusto il sindaco di Bellinzona Mario Branda. Il 16 gennaio scorso, di fronte all’assemblea del Partito socialista convocata per avallare le liste per le elezioni comunali, disse testuali parole: «L’investimento è destinato a crescere». Ci regalò, inevitabilmente, il titolo dell’articolo - l’ennesimo - riguardante l’interminabile saga delle nuove Officine FFS di Castione. La conferma è giunta martedì da parte dei vertici ticinesi dell’ex regia federale: i costi passano da 580 a 755 milioni di franchi. E, contemporaneamente, slitta ancora la messa in esercizio prevista a fine 2027. La domanda sulla bocca di tutti, ora, è solo e soltanto una: chi si farà carico di quei 175 milioni in più? Le stesse Ferrovie, è la risposta, come ci accingiamo a spiegarvi nel dettaglio.C’è un po’ di preoccupazioneNella «Dichiarazione d’intenti» sottoscritta l’11 dicembre 2017 in una Turrita avvolta dalla nevicata record che suscitò un vespaio di polemiche, la quota parte di finanziamento era così stata suddivisa: 100 milioni il Cantone e 20 la Città di Bellinzona (i crediti sono stati accolti, rispettivamente, dal Gran Consiglio e dal Legislativo), 60 la Confederazione (relativi agli impianti ferroviari necessari per accedere alla moderna Officina) ed il resto le FFS. Allora l’investimento prospettato era pari a 360 milioni, poi salito a 580 nel 2021 e, adesso, a 755. L’aggiornamento è stato comunicato nelle scorse settimane al Consiglio di Stato ed al sindaco Mario Branda, il quale ha subito informato i colleghi di Municipio. Né la Turrita né il Cantone e nemmeno Berna - ci ha spiegato il responsabile comunicazione della Regione Sud Patrick Walser - verranno chiamati alla cassa alla luce dell’impennata dei costi. Le ultime notizie, tuttavia, sono fonte di preoccupazione fra le autorità. «Certo, il fatto che non si sappia quando verrà inaugurato il futuro impianto di Castione non ci rallegra. Ora si ipotizza fine 2028, ma non è per nulla una scadenza sicura, come hanno d’altronde spiegato le FFS che anzi non hanno voluto indicare delle tempistiche (l’inizio del cantiere, ricordiamo, è bloccato da un ricorso al Tribunale amministrativo federale contro la commessa da 292 milioni per la costruzione dell’edificio principale; n.d.r.)», rileva, da noi interpellato, il capodicastero Territorio e mobilità Mattia Lepori. Si sta alla finestra, in attesaBellinzona sta insomma alla finestra ben consapevole che buona parte del suo futuro corre su un doppio binario: le nasciture Officine e l’innovativo quartiere che si svilupperà a tappe al posto dell’attuale stabilimento industriale. «Quest’ultimo, per la Città, è quello principale in quanto abbiamo assunto il ruolo di leader. Il sito logicamente non potrà essere smantellato fino a quando sarà pronto quello nuovo. Speravamo di implementare il prima possibile la variante di Piano regolatore del comparto, che in ogni modo è a sua volta osteggiata da un ricorso al Tribunale amministrativo cantonale a livello di Legge organica comunale». Lo abbiamo spiegato sull’edizione di martedì, riferendo della difficoltà che stanno incontrando i progetti strategici. Questa censura - l’Esecutivo faccia i debiti scongiuri - non sarà forse l’ultima; ne potrebbero seguire altre quando si entrerà davvero in materia di pianificazione.Berna non si è espressaPer quanto concerne il Governo, da noi contattato il presidente e direttore del Dipartimento delle finanze e dell’economia Christian Vitta non ha voluto commentare le news in merito al rincaro delle spese per l’infrastruttura che sorgerà a Castione. Il Consiglio di Stato, alla stregua del Municipio, ne era ovviamente già a conoscenza prima della stampa e non ha potuto che prenderne atto in quanto il dossier è gestito dalle Ferrovie, il cui Consiglio di amministrazione ha approvato l’ottimizzazione del progetto (alla quale hanno lavorato i vari uffici dell’azienda) meno di due mesi or sono. Il Consiglio federale, invece, non si è (ancora) espresso. Attenzione: non è neanche tenuto a farlo, beninteso. Sull’incarto delle Officine si è infatti chinato solamente in un’occasione, in virtù dell’inserimento nel Piano settoriale dei trasporti.L’incertezza degli operaiL’attuale situazione è fonte di «paura ed incertezza» anche per gli operai dell’impianto produttivo della capitale, afferma Mauro Beretta, rappresentante della Commissione del personale (CoPe). Sulla base delle ultime novità, aggiunge, è «viepiù importante riattivare la Piattaforma di dialogo fra le parti» che le FFS hanno deciso di sciogliere dopo due lustri. Una richiesta supportata - come abbiamo appreso - dal Cantone e dalla Città che hanno scritto due lettere all’ex regia federale, ricordando la risoluzione adottata all’unanimità dalle maestranze il 14 giugno. «Questo sostegno ci fa indubbiamente piacere, soprattutto ora che, ribadisco, siamo sul chi vive. Non si sa quando si concluderà la fase di transizione, il passaggio dal vecchio al nuovo stabilimento. Per noi è fondamentale salvaguardare l’occupazione (oggi sono attivi 510 collaboratori; n.d.r.). In questo momento ci sono i numeri per eseguire, a Bellinzona, quei lavori che le Ferrovie stanno cercando di distribuire nelle altre officine, come la manutenzione degli elettrotreni Giruno». Questo ed altri argomenti saranno al centro dell’incontro che i lavoratori terranno a fine settembre con il capodivisione Viaggiatori. Un summit che peraltro segue un’altra missiva, inviata dalla CoPe al CEO Vincent Ducrot.L'eventuale penale da 60 milioni«Qualora le FFS dovessero cessare l’attività industriale o alienare il nuovo stabilimento entro 35 anni dalla sua messa in esercizio, esse si impegnano a pagare a Cantone e Città una pena convenzionale di 60 milioni di franchi». Nella «Dichiarazione d’intenti» firmata a fine 2017 c’è anche questa clausola voluta espressamente dal Consiglio di Stato e dal Municipio di Bellinzona. Per tre decenni ed un lustro l’Officina 2.0 sarà insomma blindata. Nel documento si parla altresì di «lacuna di finanziamento» dal profilo aziendale. Ecco spiegato come mai, a suo tempo, le Ferrovie avevano preteso 100 milioni dal Cantone e 20 dalla Città in cambio di poco più della metà del sedime dell’attuale stabilimento.In questo articolo: BellinzonaBellinzonamycityBellinzoneseOfficineFerrovieFfsProgettoIndustriaCantiere
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