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L'Iraq strizza l'occhio alla sanità italianaParigi 2024Tour Eiffel o meno,Guglielmo rimarrà la potenza delle immaginiNon solo agli spettatori: i Giochi parigini hanno offerto uno scenario unico ed evocativo anche ai fotografi - Il trionfo di Evenepoel, minuscolo o con il monumento simbolo tagliato, è la copertina imperfetta - «Ma lo sforzo è stato enorme per rendere l’evento il più telegenico possibile» sottolinea l’esperto©EPA/CHRISTOPHE PETIT TESSON Massimo Solari06.08.2024 06:00Alla fine, inesorabile, solo l’intelligenza artificiale è stata in grado di riprodurre ciò che all’uomo era sfuggito. Remco Evenepoel fermo poco dopo la linea del traguardo, la bicicletta appoggiata alle gambe e le braccia allargate verso la gloria. Sullo sfondo, iconica e soprattutto nella sua interezza, la Tour Eiffel. Quella che sarebbe stata la copertina perfetta per i Giochi di Parigi, tuttavia, non esiste in nessun dispositivo o archivio digitale. Banalmente, la fotografia ideale - con la prospettiva poc’anzi citata - non è stata scattata. Non si poteva scattare, meglio. O ci si accontenta del nuovo campione olimpico in primo piano, con il monumento simbolo tagliato a metà. Oppure si indietreggia un bel po’, godendo del panorama completo, ma perdendo di vista il fenomeno belga del ciclismo.La magia dell’Olimpiade, insomma, è anche una questione di immagini. È nello sguardo, nelle intuizioni di chi fotografa e - di riflesso - negli occhi di chi osserva gli atleti e i loro gesti. «Ho comunque l’impressione che la potenza delle immagini non sia mai stata così forte nella storia dei Giochi» sottolinea Yonathan Kellerman, fotografo d’origine canadese che vive a Parigi e allo sport ha consacrato parte della carriera professionale. «È stato fatto uno sforzo notevole per rendere l’evento il più fotogenico e telegenico possibile. La strategia alla base dell’installazione di molteplici siti della competizione è evidente». Tradotto: una location mozzafiato dietro l’altra. Da Pont Alexandre III a Versailles, passando per il Pont d’Iéna e Trocadéro, sino a Place de la Concorde e il suo Stadium. E poi Montmartre, Louvres, Moulin Rouge. E la folla impazzita. «Sono anche i Giochi olimpici dei fotografi» nota al proposito Kellerman, che dopo le Paralimpiadi di Londra, Rio e Tokyo coprirà pure la manifestazione parigina. «Per noi si tratta dell’evento più sentito, capace di generare una pressione unica. Al contempo, però, godiamo in assoluto delle migliori condizioni per fare il nostro lavoro. Lo definirei un contesto privilegiato. I diritti televisivi, d’altronde, comportano la spesa più importante per gli organizzatori».Sulla linea d’arrivoParliamo insomma di una cornice senza eguali. Con tantissima luce e - pensiamo alla Senna - poche macchie. Tutto contribuisce all’epica. Alla leggenda. «Anche se a fare la differenza rimangono le emozioni dei protagonisti, il peso delle singole prestazioni» tiene a precisare Kellerman, che collabora anche con il team canadese di atletica. «Ho preso parte a diverse tappe della Diamond League e posso assicurarvi che l’espressività degli atleti, una volta tagliato il traguardo, non ha nulla a che vedere con quella che si può cogliere alle Olimpiadi». La mente corre subito alla finale dei 100 m maschili. Con otto sprinter racchiusi in 12 centesimi, sotto la barriera dei 10’’. «Le fotografie alla linea d’arrivo non sono per forza le più ricercate e gratificanti per chi fa questo lavoro» indica lo specialista. «Tuttavia la carica emotiva che si manifesta in questi istanti è speciale. E, non a caso, stampa ed esposizioni tendono a custodire le immagini in questione. Spesso si tende dunque a sottostimare l’importanza di una foto ordinaria, persino semplice». Spesso nella testa di un fotografo rimangono contabilizzate e cristallizzate le immagini sbagliate rispetto a quelle riusciteYonathan Kellerman, fotografoNel caso di Evenepoel, dicevamo, si è in parte bucato. «Anche perché all’arrivo il fotografo non gode di una grande libertà, anzi» rileva Kellerman, alludendo all’impossibilità di scattare immagini a ridosso del ciclista, dal basso verso l’alto. «Talvolta, al contrario, si crede di essere posizionati bene, ma poi è l’atleta a mandare tutto all’aria prendendo una direzione inaspettata».Tecnologia e sguardo umanoL’imperfezione, comunque, ha un non so che di rassicurante nell’era della tecnologia avanzata. Della disumanizzazione, anche. Per dire: si è riusciti a dare l’impressione che il surfista Gabriel Medina sapesse volare sull’acqua, ma - ripetiamo - si è in parte fallito con LO scatto di Evenepoel. «Spesso nella testa di un fotografo rimangono contabilizzate e cristallizzate le immagini sbagliate rispetto a quelle riuscite» riconosce in merito Kellerman. «Purtroppo basta sollevare la testa dall’obiettivo per capire cosa sta accadendo attorno e l’attimo è fuggito».La componente umana, quindi, rimane determinante. E, beninteso, anche nel bene. «L’avvento di droni e dispositivi avanzati ha senza dubbio accresciuto il tasso di riuscita delle foto, ma la differenza continuerà a farla lo sguardo di chi scatta» spiega il nostro interlocutore: «Nel quadro di un reportage è possibile assumersi maggiori rischi e allo stesso tempo garantirsi una più ampia varietà di punti di vista. Oggi, in effetti, il risultato è immediato e permette di cambiare subito prospettiva. Di renderla migliore». Obiettivi puntati su BilesA evolvere è pure la società. La cultura dello sport di fronte a ingiustizie e stereotipi. «La presenza di soggetti sportivi femminili è chiaramente aumentata negli anni» evidenzia per esempio Kellerman, i cui scatti sono stati anche esposti al Museo olimpico di Losanna. «L’uniformità ed equità della fotografia sportiva si ritrova pure nel numero maggiore di nazionalità rappresentate nelle varie discipline». Alcune figure, però, rimangono sospese sopra le altre. Autentiche calamite. Grazie ai loro percorsi, ai loro trionfi, alle loro cadute. Pensiamo a Simone Biles, forse l’atleta più attesa ai Giochi di Parigi. Anche dai fotografi. «Non penso che le decine di colleghi accalcati alle gare della ginnasta statunitense attendessero con ansia di immortalarne il fallimento dopo Tokyo» afferma Kellerman. «No, il fotografo percepisce la portata storica del momento. Che vada in un modo o nell’altro». Che ci sia o meno la Tour Eiffel sullo sfondo.© AP/Pawel KopczynskiIn questo articolo: Parigi 2024
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