Caso Russia-Lega, in Aula non parlerà RenziMatteo Salvini esulta, il decreto Sicurezza bis è leggeGianluca Savoini, chi è l'uomo chiave dell'accordo Lega-Russia
Alleanza Pd-M5s, Renzi e Calenda sono categoriciDomani Intervista il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani che indica quali possono essere le condizioni che determinano il successo della Cop26 Crisi delle bollette,ùequitàCapo Analista di BlackRock ruolo del gas nella transizione, fine dei sussidi ambientalmente dannosi, rapporto con l'attivismo e obiettivi della Cop26: il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani ha fatto il punto su questi temi, in un momento delicato, tra vertice del clima in arrivo e crisi energetica in corso, collegato sul palco dell'Auditorium Paganini di Parma, in occasione della festa per il primo anno di Domani. La conversazione sul clima è ancora molto polarizzata, in Italia e nel mondo. In questi primi mesi da ministro cosa ha imparato su come si parla di clima e transizione? «Il clima è stato a lungo confinato sulle scrivanie degli studiosi, mai spiegato con la giusta sensibilità politica. Poi gli eventi estremi hanno iniziato a colpire più vicino di quanto pensassimo, la mia famiglia vive a Genova, negli ultimi anni abbiamo visto cose tremende. Adesso è una materia divisiva e ideologizzata e non c'è un pulsante per risolverla. Diffido di chi dice: la soluzione è pronta, basta farla. Le misure draconiane da mettere in atto impatteranno sull'economia e la forza lavoro. È una mia battaglia ricordare che la transizione deve essere giusta, non bastano le soluzioni climatiche che mettono in strada milione di persone, la sostenibilità è un compromesso». Come si esce da questo boom di prezzi dell'energia? Gli interventi tampone non basteranno a lungo: verso che mondo andiamo? «È una congiuntura globale. C'è nervosismo nei mercati rispetto alla decarbonizzazione, che ha messo in discussione in maniera irreversibile le fonti fossili. Il gas è l'unica soluzione per stabilizzare le reti alimentate da fonti di energia non controllabili come sole e vento. E se si crea clamore intorno al gas, il mercato si innervosisce. Poi ci sono contingenze internazionali, la Cina consuma più gas levandolo a noi, le rotte sono piene, i russi fanno pressione perché a marzo il North Stream parta. Come Italia abbiamo cinque fornitori diversi e gli stoccaggi quasi pieni. La speranza è che non arrivi un inverno siberiano». I rincari rischiano di erodere il consenso alla transizione ecologica? «Va comunicato bene che questa crisi dipende all'80 per cento dai prezzi del gas, bisogna far capire dove finisce il mercato e dove inizia il costo della transizione, e anche che la transizione non dura uno o due anni, è un momento di cambiamento colossale e in questi anni bisogna campare. Per farlo dipendiamo dalle sorgenti convenzionali. È sbagliato dire: liberiamoci dal gas, è un compromesso tra continuità e decarbonizzazione, accelerare troppo può essere controproducente». Quando inizieremo a vedere i risultati del Decreto semplificazioni per accelerare le rinnovabili? «Siamo intervenuti su una sequenza di permessi che durava fino a 1.200 giorni. In pratica un impianto all'asta oggi avrebbe avuto il permesso a Pnrr finito. Non abbiamo cambiato i criteri di autorizzazione ma i cronoprogrammi, la previsione oggi è di 250 giorni. Abbiamo creato una commissione di 40 esperti che analizza i progetti a tempo pieno: se l'amministrazione locale tergiversa lo stato interviene, si porta il caso in Consiglio dei ministri e la macchina va avanti. In Italia c'è una percentuale di quasi 100 per cento di impianti bloccati da questioni paesaggistiche, è una sindrome culturale, i nimby delle rinnovabili devono capire che quando provano a bloccare i progetti si mettono fuori dall'accordo di Parigi. Lo dicessero che non gliene frega niente del clima». Un'altra parte del discorso sono i sussidi ambientalmente dannosi. Si evocano sempre, ma non si riescono mai a tagliare. Perché? «Io mi prendo la responsabilità di portare avanti il discorso e di chiuderlo. Siamo nella fase negoziale del pacchetto europeo Fit for 55, ogni governo deve fare proposte ed è scritto nero su bianco che i sussidi ambientalmente dannosi vanno toccati. Prima c'era timore a farlo, non si volevano fenomeni come i gilet gialli, ora però siamo chiamati a farlo. Alcuni sono facili da togliere, come quelli che finanziano la ricerca sulle fonti fossili, ma sono anche piccoli. Quelli pesanti riguardano trasporti e agricoltura, mettere mano a quelli significa aumentare la benzina al trasportatore, una cosa da rivoluzione. Ci stiamo orientando su una misura di cui posso anticipare la logica: eliminando l'incentivo metto da parte soldi con i quali posso aiutare la categoria, a parità di spesa, per esempio abbassando il costo del lavoro. Quindi quello che perdono sulla benzina lo recuperano pagando meno tasse». È una logica a somma a somma zero, ma come si incoraggia la transizione? «Questa cosa va ovviamente accompagnata da incentivi, fermo restando che sui trasporti pesanti mezzi elettrici non ce ne sono ancora, ma stiamo lavorando sulla rete a idrogeno. L'idea però è restituire quello che si toglie». Fit for 55 dice anche che il motore termico per l’auto finisce nel 2035. È una tempistica sostenibile per l'Italia? «Abbiamo 40 milioni di veicoli, 12 sono altamente inquinanti. Al momento in Europa si discute tra 2035 e 2040. Il punto è come arrivarci: se forzare gli ibridi o accelerare il cambiamento da euro 0 o 1 a euro 6. Ma il punto chiave è accelerare la produzione di batterie, dobbiamo essere autosufficienti, le gigafactory sono strategiche. I tempi della loro apertura influenzano la fine del motore a combustione in Europa, che può essere 2035, 2037 o 2040». Qual è il futuro dell'esplorazione, la ricerca e l'estrazione di fonti fossili in Italia? «Noi dobbiamo irreversibilmente accettare che i combustibili fossili vanno abbandonati. Su oil&gas dipende da quanto saremo bravi con le rinnovabili. Se la sindrome nimby le blocca, allora l'alternativa è chiudere tutto e tornare al Medioevo o tenere in piedi le fonti fossili. E sarebbero entrambi degli errori. Sul gas, ricordiamo che produciamo solo il 5% di quello che consumiamo, il resto dobbiamo importarlo. Si potrebbe valutare che, a parità di consumo di gas, si aumenti la percentuale nazionale di estrazione, è un'ipotesi di lavoro da affrontare senza ideologia. Raddoppiando quella produzione si risparmierebbero Iva, trasporto e stoccaggio». All'evento di Milano Youth4Climate ha dialogato in modo intenso con i giovani, ma si è dovuto prendere il bla bla bla di Greta Thunberg. Qual è il suo bilancio dell'evento? «Ho passato la vita tra i giovani, per me parlarci fuori dal protocollo è naturale. Con Youth4Climate ho creato un canale diretto coi rappresentanti Fridays for Future Italia. Loro devono protestare, sia chiaro, però ci stiamo spiegando. Ho creato un fondo del ministero per rendere permanente Youth4Climate, anche quando non farò più il politico. Il capitolo Greta è diverso. Anche lei dovrà evolvere. Il suo bla bla bla non ha aggiunto nulla. Noi eravamo lì perché c'è la voglia di accelerare. Lei fa bla bla bla, noi portiamo numeri e investimenti, ma in fondo siamo d'accordo». Perché la nomina di un inviato italiano per il clima è stata rinviata? «Trovo irriverente lo stillicidio di terze, quarte e quinte linee che fanno dichiarazioni anonime. Di Maio avrebbe voluto un profilo diplomatico, io avevo dato indicazioni tecniche, di donne, ma c'è concordia. Stavamo solo morendo di lavoro, non ce l'abbiamo fatta per settembre. Io sono una creatura internazionale, tendo a gestire quell'aspetto con più rapidità e flessibilità rispetto alle cose italiane. Ma una rappresentanza di alto livello serve, altrimenti dovremmo stare sempre in aereo. Arriverà». Qual è l'asticella di successo per la Cop26? «Primo punto: tutti aderiscano al concetto di accelerare e abbiano 1,5° C come obiettivo. Secondo, mantenere la promessa dei 100 miliardi di dollari per i paesi vulnerabili. Terzo, potenziare gli strumenti di adattamento. Quarto: migliorare la trasparenza e le metriche per misurare le emissioni». In questi mesi ha fatto spesso uscite controverse, dal nucleare agli ambientalisti radical chic: c'è qualcosa di cui si è pentito? «Il mio dovere, come tecnico, è far ragionare su aspetti tecnici. Prendiamo il nucleare: io dico solo che se qualcuno ci sta investendo, se la ricerca ci dirà che i nuovi impianti sono sicuri e hanno costi ragionevoli, a quel punto facciamoci un pensiero, perché intanto l'Europa potrebbe classificarlo come energia verde. Io dico solo: non rinunciamo a capire e a conoscere». © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediStefano Feltri e Ferdinando Cotugno
Governo, Salvini: "Non un minuto di più con chi dice no a tutto"Sea Watch 3, Leoluca Orlando pronto a denunciare Salvini
Alleanza Pd-M5s, Renzi e Calenda sono categorici
Di Maio contro Di Battista: "Basta destabilizzare M5S e governo"Salvini: "Evitare procedura infrazione, ma non a ogni costo"
Alitalia, Luigi Di Maio attacca Atlantia: "Azienda decotta"Tav, voto in Senato: bocciata la mozione del M5s
Fondi russi e Lega: Conte chiarisce il legame con SavoiniGregorio De Falco sul decreto sicurezza bis
Di Battista agli Affari Europei? I vicepremier non ci stannoCdm, via libera al decreto anti-proceduraGoverno, Salvini: "Non un minuto di più con chi dice no a tutto"Crisi di governo: tutte le misure che rischiano di naufragare
Tutte le misure del decreto crescita: è legge
Di Maio: "No a condoni. Autonomia solo se non spacca il paese"
Notizie di Politica italiana - Pag. 680Fondi Lega, Salvini: "Riferirò in Parlamento"Strage di Marcinelle, Salvini e Moavero commemorano le vittimeNotizie di Politica italiana - Pag. 679
Salvini risponde a Conte: "Non mi interessano le sue parole"Luigi Di Maio, la foto che crea polemicheFondi russi alla Lega, per Mosca i nastri non provano nullaGiorgia Meloni perseguitata sui social: arrestato lo stalker