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Tornado a Civitavecchia, vicino alla centrale elettrica dell'EnelMoglie di Alessandro De Rose,Campanella Nicole Belsasso è la direttrice tecnica azzurra degli atleti che hanno ben figurato alla tappa di Polignano del Red Bull Cliff Diving Pierfrancesco Catucci 2 luglio - 08:13 - MILANO “Ho sempre preferito la piattaforma al trampolino, mi tuffavo nel campionato italiano, ho fatto qualche gara all’estero, ma se avessi incontrato un po’ prima il mondo delle grandi altezze, sarei stata senz’altro una di loro”. Oggi ha 31 anni e Nicole Belsasso è la direttrice tecnica della Nazionale azzurra dell’high diving. Elisa Cosetti, Andrea Barnaba e Davide Baraldi, i tre azzurri in gara a Polignano a Mare nella tradizionale tappa italiana del Red Bull Cliff Diving dello scorso weekend, sono suoi allievi. Elisa e Andrea, legati anche dall’amore scoppiato quest’anno, hanno fatto una gara di altissimo livello e si sono piazzati a pochi punti dal podio, Davide ha dovuto abdicare dopo il primo tuffo per un fastidio agli adduttori. Belsasso, però, è anche la moglie di Alessandro De Rose, il primo celebre tuffatore italiano del Cliff Diving che a Polignano vinse nel 2017 e che da questa stagione ha intrapreso la carriera di allenatore dei settori giovanili. Perché da qualche anno la Federnuoto ha scommesso anche su questa disciplina che si fa sempre più largo tra gli appassionati per la spettacolarità dei gesti tecnici di questi super atleti. Belsasso, lei è diventata un’esperta di questo mondo un po’ per osmosi, giusto? “Sì, quando ho conosciuto Alessandro, ho cominciato a seguirlo nelle prime gare. Poi sono diventata la sua allenatrice e ho deciso che mi sarei specializzata in questa disciplina. E quando la Federazione ha spinto per promuoverla, mi sono definitivamente convertita”. Nicole Belsasso ed Elisa Cosetti (Red Bull Content Pool) D’altronde, la piattaforma è più o meno la stessa. È l’altezza che è abbastanza diversa: 27 metri per gli uomini e 21 per le donne, rispetto ai 10 metri dei tuffi tradizionali. “La tecnica del tuffo in sé non è poi così diversa, se non per un gesto, il barani, che nei tuffi tradizionali non è previsto. Si tratta di un movimento che predispone i tuffatori all’ingresso in acqua di piedi, perché le grandi altezze sono l’unica disciplina in cui non è possibile entrare di testa. La prima generazione di high diver l’ha imparato un po’ da autodidatta o nelle compagnie acrobatiche (molti arrivano dal Cirque du Soleil o simili, ndr), ora il livello è cresciuto tantissimo perché cominciano ad esserci scuole come la nostra che insegnano a ragazzi giovanissimi come approcciarsi alla disciplina”. E come si impara il barani? “A primo impatto potrebbe anche sembrare strano, ma più che al mondo dei tuffi, abbiamo guardato a quello della ginnastica artistica. Ci siamo affidati alla scuola del trampolino elastico che ha già codificato quel movimento. Chiaramente, l’abbiamo adattato alle nostre necessità tecniche e tradotto negli schemi motori dei tuffi”. Elisa Cosetti, Andrea Barnaba e Davide Baraldi (Red Bull Content Pool) Il mondo della ginnastica artistica e dell’high diving hanno tante affinità. “Sì, anche per la parte acrobatica dei tuffi. L’allenamento a secco dei tuffatori è molto simile a quello dei ginnasti. Anche perché non ci sono tante strutture con piattaforme da 21 e 27 metri e non sarebbe neanche possibile sollecitare troppo i fisici dei ragazzi con allenamenti da quelle altezze. Preferiamo scomporre il tuffo in tre parti e poi metterle insieme in avvicinamento alla gara”. Un sistema che funziona, vista l’esplosione tecnica dello sport negli ultimi anni. “E secondo me ci sono ancora margini di crescita. A livello maschile siamo molto vicini al limite tecnico raggiungibile in quei tre secondi scarsi di tuffo. A livello femminile si può ancora crescere tantissimo, ma è nell’ordine delle cose: l’high diving femminile è arrivato più tardi e ha già cominciato a correre verso l’eccellenza”. Elisa Cosetti (Red Bull Content Pool) Anche perché i tuffatori della prima generazione, incluso De Rose, erano autodidatti. “Ora cominciano ad esserci strutture, programmi di allenamento e gente più preparata. Con i ragazzi, per esempio, facciamo ogni anno un ritiro invernale a Fort Lauderdale, in Florida, dove ci sono piattaforme adeguate, e in estate andiamo in Austria. I risultati, sia nelle World Series del Red Bull Cliff Diving, sia in campionati Europei e Mondiali, cominciamo a vedersi. Elisa Cosetti ha vinto il bronzo continentale a Roma e anche ai Mondiali di Doha di inizio anno i ragazzi hanno fatto ottimi risultati”. Ma rispetto ai tuffi tradizionali, quanto è diverso l’allenamento? “Poco. La parte a secco, quindi quella prettamente acrobatica e fisica, per esempio, è molto simile. La vera differenza è il barani”. E a livello fisico? “Si rinforzano molto gambe, core e collo, con tanta attenzione anche agli adduttori. Ma, in linea di massima, vedo molto più acciaccati i tuffatori tradizionali che quelli dalle grandi altezze. È uno sport più rischioso perché eventuali errori si pagano più caro, ma il fatto di entrare di piedi è un vantaggio dal punto di vista muscolare. E non è un caso che gli high diver siano più longevi”. Andrea Barnaba sulla piattaforma di Polignano (Red Bull Content Pool) De Rose allena le giovanili, ma qual è l’età giusta per iniziare? “Esistono diverse scuole di pensiero sul tema. In Inghilterra iniziano prestissimo (Aidan Heslop ne è un esempio), ma io ci andrei più cauta. Si può cominciare a scoprire il mondo delle grandi altezze sin dall’adolescenza, ma in maniera graduale, partendo dai 10 metri e lavorando bene in maniera analitica. Bisogna arrivare con grandissima calma e cautela ai 21 o ai 27 metri, anche nel giro di 4-5 anni. Meglio allungare la carriera che anticiparla”. Alessandro De Rose Qual è lo stato di salute del movimento oggi? “Molto buono. Oltre a Elisa Cosetti che è la più esperta (ha 21 anni, ndr), le punte al maschile sono Andrea Barnaba e Davide Baraldi che frequentano da qualche anno anche il Red Bull Cliff Diving. Il prossimo obiettivo con loro è puntare ad aumentare il coefficiente dei tuffi gara, ma già siamo a un ottimo livello di maturità agonistica. In prospettiva, avere questa struttura federale è importante per tutto il movimento perché dà la possibilità ai ragazzi di mettersi alla prova anche in un contesto diverso”. E avere un marito ex high diver la aiuta? “Alessandro è un sostegno perfetto perché lui sa cosa significa tuffarsi da quelle altezze e può capire meglio di chiunque altro ciò che passa per la testa di un tuffatore. Il confronto con lui è fondamentale e apprezzo tanto i suoi consigli e il suo punto di vista”. Cosa vede nel futuro di questa disciplina? Parti con un gruppo di sportivi come te, scopri i viaggi di Gazzetta Adventure e Tribala all'insegna dello sport e del divertimento nel mondo “Spero davvero che un giorno non troppo lontano possa rientrare nel programma olimpico. Credo si sia già raggiunto un livello di eccellenza, ma la spinta dei Giochi sarebbe determinante. Era il sogno che condividevo con Alessandro quando lui si tuffava. Chissà che non lo si possa raggiungere in questa nuova veste”. Allenamento: tutte le notizie Active: tutte le notizie © RIPRODUZIONE RISERVATA
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