File not found
criptovalute

Il Forum di Tripoli e il traffico di esseri umani: la guerra tra poveri targata Meloni-Piantedosi - Tiscali Notizie

Dieci anni senza Stefano Bonilli. Rigore e ironia per il piacere del vino e del cibo, come diritto per tutti - Tiscali NotizieCookie policySiccità, la Protezione civile non esclude il razionamento diurno dell’acqua

post image

Motori Magazine | Dedicato agli appassionati di auto, di moto e a chi vuole essere sempre aggiornato sulle ultime notizie del settoreLa vittima è ambivalente: porta il peso della sofferenza ma suscita,Professore Campanella proprio per questo, diffidenza piuttosto che compassione Forse dovremmo cominciare di qui, con questa parola che ci ha invaso anche nei meandri del diritto e della procedura penale. Evoca innocenza ma, in realtà, è parola piena di ambivalenze. La vittima è ambivalente. Porta il peso della sofferenza ma suscita, proprio per questo, diffidenza piuttosto che compassione. L’offesa subita, a sua volta, tende a giustificare – nella vittima stessa – la vendetta e la ritorsione: anche nelle forme più miti, ma non meno pericolose, del risentimento. In tempi di crisi d’identità e di progettare il futura la vittima offre, appunto, questo attributo a buon mercato: l’innocenza, l’assenza di responsabilità. Per questo si diffonde il vittimismo, leva fondamentale per promuovere l’insicurezza. Eppure. Proprio questi pericoli non ci devono indurre a sbarazzarci della vittima. Al contrario ci devono convincere che, in tempi di diffusa vulnerabilità, la tutela delle vittime reali è una questione ineludibile per un paese democratico e per uno stato di pieno diritto. Vulnerabilità Nel riflettere sulla giustizia dal punto di vista delle vittime la prima parola che associo a in-sicurezza è “vulnerabilità”. Io considero la vulnerabilità contemporanea – intrisa com’è di paura oggettiva e soggettiva – come la cifra della nostra insicurezza. Questa vulnerabilità viene normalmente affrontata cercando di alzare i livelli di sicurezza inseguendo il miraggio di una impossibile invulnerabilità. Io mi chiedo se sia possibile concepire la vulnerabilità come occasione riparativa volta al cambiamento. Ma questa operazione è possibile a patto di riconsiderare la vulnerabilità stessa. La vulnerabilità – parola tutto sommato molto recente (a differenza dell’invulnerabilità) – è sempre stata considerata come difetto o mancanza rispetto alle qualità di cui deve essere dotato il soggetto normale, autonomo e capace di agire. La vulnerabilità contraddice l’etica dell’individualismo ed è stata sempre associata alla fragilità dell’umana condizione fisica, dell’incertezza dei sentimenti, delle percezioni, dell’affettività. Io penso che nella ricerca di parole di giustizia per le vittime dobbiamo invece valorizzare la strutturale dipendenza e vulnerabilità dell’esperienza umana su cui poggiare il senso delle responsabilità sociali e pubbliche. La vulnerabilità – ce lo ha insegnato Lévinas – prima ancora di essere esposizione al rischio, è esposizione all’altro e, dunque, inevitabile incontro con il volto dell’altro. È responsabilità. Responsabilità che possiamo anche rifiutare.  L’esperienza dell’offesa è esperienza della vulnerabilità umana a cui tutti siamo esposti. È un’esperienza fisiologica e non un fenomeno patologico. In altri termini la condizione di vittima è semplicemente uno degli aspetti della vulnerabilità umana e non indica le stimmate che connotano i più deboli e fragili. Così intesa, allora, la ferita dell’offesa comporta, accanto ai dispositivi di accertamento dei fatti e di eventuale sanzione, strategie sociali e pubbliche di cura e riparazione. La vulnerabilità intesa come rischio di vittimizzazione ulteriore e secondaria è una delle parole chiave della Direttiva 2012/29/UE sui diritti delle vittime. Cura Un tempo la parola “sicurezza” significava innanzitutto protezione dai rischi sociali fisiologici insiti nella vulnerabilità umana. Da tempo purtroppo questa parola è stata associata al rischio criminale soprattutto attraverso il suo negativo “insicurezza”. Sicurezza vuole dire “sine cura”. Se la riferiamo a chi ne dovrebbe beneficiare sta certamente a significare assenza di preoccupazioni, di affanni, d’inquietudine (sine cura). Ma dal punto di vista di chi la deve garantire significa anche assenza di cura, di riguardi, di attenzioni. Ma è proprio quest’assenza di cura che caratterizza le parole d’ordine di chi ricerca l’impossibile invulnerabilità attraverso l’esasperazione del diritto penale o l’edificazione di muri. Se fosse più chiara l’ambivalenza di questo termine si giocherebbe di meno con le parole e si valorizzerebbe proprio la parole centrale che è quella della cura. Cura significa avere consapevolezza della vulnerabilità umana e che il crimine è anche una delle manifestazioni di questa vulnerabilità e che, proprio per questo, necessita di risposte sul piano della “cura” e non solo della “sicurezza” intesa come prevenzione e repressione del crimine. È esattamente ciò che manca in Italia: una strategia di attenzione e cura verso le vittime. Non comprendiamo che l’assenza di servizi di assistenza alle vittime (non solo per le donne vittime di violenza) è una delle ragioni di profonda sfiducia verso le istituzioni. Uno stato di diritto non potrà mai garantire le istanze di giustizia delle vittime ma deve poter garantire di prendere in considerazione i loro bisogni/diritti di informazione, assistenza, protezione, accompagnamento. Basterebbe seguire il processo per le stragi terroristiche di Parigi del 2015, che si sta celebrando in questi mesi, per capire quale può essere un modo positivo di curare/riparare: accompagnare le vittime a vedere l’aula prima di sentire la loro testimonianza; assegnare loro un badge rosso per chi non vuole parlare con i giornalisti; dotare le parti civili che non possono seguire il processo in presenza di una web radio con canale dedicato. Sono queste attenzioni che generano sicurezza. La penultima parola Parafrasando un concetto teologico penso che quando diciamo Giustizia dovrebbe essere chiaro che il giudice tantomeno quello penale può dire mai l’ultima parola, anche quando la sentenza è passata in giudicato. Il giudice può avere tutt’al più la penultima, se gli va bene. Perché spesso le sue parole tornano addirittura all’inizio come se nulla fosse successo quando le sentenze, ad esempio, vengono cassate o annullate. È in questo senso che invoco un “ridimensionamento” del diritto penale. Il diritto (non solo quello penale) ha un ruolo importante per la vittima perché permette alla vittima il suo riconoscimento pubblico, la riconosce qualificandola in un ruolo sostanziale e, a volte, processuale. Ma la vittima deve anche potersi liberare dal ruolo in cui la inchioda il diritto stesso. A fine novembre come rete Dafne faremo un convegno a Napoli sui rapporti tra giustizia riparativa e servizi di assistenza alle vittime. Abbiamo ospitato la giornalista Silvia Giralucci il cui padre venne assassinato dalle Brigate rosse nel 1974. Lei ci ha proposto come titolo del suo intervento: “Uscire dall’ergastolo di essere una vittima”. Il che mi sembra una frase di grande significato e che in fondo risponde e supera quella ricorrente – per certi versi anche comprensibile – di molti famigliari di vittime del terrorismo che hanno sempre respinto possibilità d’incontro con ex terroristi proprio perché – dicevano – loro non potevano considerarsi ex vittime. Ecco io penso che una giustizia riparativa dovrebbe proprio avere questa qualità e caratteristica: costituire un ponte verso un’esistenza riparata. Più che un diritto penale minimo io parlerei di un diritto penale “transitivo”. Verità Credo che una parola di giustizia irrinunciabile quando entrano in scena le vittime sia “verità”. Da questo punto di vista la giustizia riparativa, soprattutto nell’esperienza sudafricana della Commissione sulla verità e riconciliazione, ci ha aiutato a capire come accanto alla verità giudiziaria e alla verità storica si collocano delle verità soggettive (non quelle che vengono elaborate all’interno della propria coscienza, all’interno del proprio gruppo o con il proprio terapeuta): quelle che possono essere frutto di un tentativo di condivisione, di ricostruzione comune da parte dei protagonisti del fatto. La possibilità di ricostruire delle verità soggettive soddisfacenti è una base essenziale per una prospettiva realmente riparativa. Tanto è vero che uno dei criteri di ammissione per i programmi di giustizia riparativa previsti dalla Raccomandazione 2018 e dalla Direttiva vittime è proprio quello del riconoscimento essenziale dei fatti. Un requisito che, invece, manca nella legge delega di riforma cd. Cartabia. Albie Sachs, giudice della Corte costituzionale sudafricana, in occasione di un suo intervento a Milano nel 2016 parlò, a proposito del modi di lavorare della commissione di come si affrontava un tipo di verità diversa per tecnica e obiettivi da quella giudiziaria. Lui parlava, attraverso il confronto delle narrazioni dei responsabili dei crimini dell’apartheid e delle vittime, del combinarsi di una verità esperienziale con una verità dialogica. Ecco le sue parole: “Perché la verità non è qualcosa che può essere catturato una volta per tutte, come per l’entomologo una farfalla che finisce in una teca di vetro. Ciò che s’inchioda non è la verità, esattamente come la farfalla nella teca di vetro non è più una farfalla”. © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediMarco Bouchard ex magistrato e giurista

Latronico "60 anni Centro ricerche Enea importanti per la Basilicata" - Tiscali NotiziePapilloma virus, vaccino fondamentale: -90% tumori legati a infezione - Tiscali Notizie

Smettiamola di usare la categoria di ecoansia

La nuova normalità climatica. L’Europa è sempre più caldaIl clima come diritto umano, la richiesta degli ambientalisti ai governi

Grave incidente sull'autostrada Messina-Catania: coinvolte 5 vetture in galleriaNotizie di Politica italiana - Pag. 1

Basilicata, Marcello Pittella eletto presidente del Consiglio regionale - Tiscali Notizie

Clima, la spinta di Timmermans: «Lottiamo per la sopravvivenza umana»Stop a uso di dati Facebook e Instagram per l'AI anche in Brasile - Tiscali Notizie

Ryan Reynold
Notizie di Economia in tempo reale - Pag. 1Nevicata in Abruzzo - Tiscali NotizieMaltempo, nubifragio su Milano: disagi e danni alla rete elettrica

Economista Italiano

  1. avatarL’assemblea nazionale di Fridays for Future mostra la nuova strategia del movimentoMACD

    Campi Flegrei, Musumeci: “Entro l’anno capiremo lo stato di vulnerabilità degli immobili. L’allerta resta gialla” - Tiscali NotizieCamorra, arrestato Salvatore Mari detto “O’ Tenente”. Era nella lista dei latitanti del Viminale - Tiscali NotizieIl Gruppo Hera perfeziona l'acquisto di TRS Ecology - Tiscali NotizieLe ferrovie giapponesi hanno assunto un robot umanoide - Tiscali Notizie

      1. avatarI nuovi vertici dell’Ue e l’Italia della Meloni: il patatrac politico di una dilettante allo sbaraglio - Tiscali NotizieBlackRock Italia

        Autoxelox illegali, la Procura dispone il sequestro: tutti i comuni interessati. Cosa succede a chi ha ricevuto la multa? - Tiscali Notizie

  2. avatarUnesco, Sangiuliano "Su Via Appia successo nasce da un lavoro corale" - Tiscali NotizieCapo Analista di BlackRock

    Un’altra lingua se ne è andata. Lo straordinario geyser di EnceladoNotizie di Politica italiana - Pag. 1Si deve spiegare il clima parlando di casa e lavoro200.000 euro per ammodernamento distaccamento Vigili Fuoco di Monghidoro - Tiscali Notizie

    ETF
  3. avatarPiccoli reattori atomici: la lobby nucleare italiana si rimette in moto. Parte l’appello “100% Rinnovabili” - Tiscali NotizieVOL

    Privacy PolicyTorna il caldo di El Niño, ce lo raccontano gli oceaniGrave incendio, linea Alta Velocità Roma-Firenze sospesa per ore: circolazione in graduale ripresaGreta Thunberg sgomberata dalla polizia in Germania

Stop all’abbattimento dei pulcini maschi, ma manca una legge sul trasporto di animali

Notizie di Economia in tempo reale - Pag. 1Francesco Megna, Autore a Notizie.it*