Haley vince le primarie repubblicane a Washington, è la prima volta che Trump perdeSolo una continua evoluzione rende completi gli artisti. Intervista a MP5Piantedosi annuncia sanzioni per le ong: "Ai salvataggi in mare deve pensarci lo Stato"
Zelensky e Mitsotakis sfiorati dal missile russo. Le leader anti Putin disertano lo stato dell’unione di BidenIl processo mediatico va a colpire non solo la presunzione di non colpevolezza del singolo indagato o imputato, ele investimenti ma anche – e non è cosa da poco – il libero convincimento della magistratura giudicante Cosa accomuna le indagini su uno dei più noti e recenti casi di cronaca,l’omicidio di Yara Gambirasio, la presunzione di innocenza (su cui proprio qualche giorno fa è stato approvato un decreto legislativo) e le “esigenze comunicative” della Procura? Lo scopriamo leggendo una recentissima ordinanza emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Milano che, accogliendo la richiesta della Procura, ha disposto l’archiviazione per 16 giornalisti indagati per aver criticato, definendolo «taroccato» e «patacca», un video elaborato dai RIS di Parma nell’ambito delle indagini sull’omicidio di Yara Gambirasio. Si tratta del famoso video – ampiamente diffuso da svariati programmi televisivi e non solo – che ritraeva un furgone bianco (o meglio, il furgone di Massimo Bossetti) girare nei pressi della palestra di Yara il giorno della sua scomparsa. A conferma della diffusione del video, si pensi ai seguenti titoli di giornali e telegiornali dell’epoca. IlTgLa7: «Yara, il furgone di Bossetti gira un’ora intorno alla palestra. Il nuovo pesante indizio che la Procura aggiunge all’accusa di omicidio per il muratore. Si aggrava la posizione dell’indagato, che aveva negato la sua presenza a quell’ora davanti alla palestra, se non di passaggio» (video paradossalmente ancora online) Repubblica: «Caso Yara, Carabinieri: il furgone ripreso poteva essere solo quello di Bossetti. È quanto precisano in una nota i Carabinieri». Il video fake Ebbene, dalla decisione del GIP del Tribunale di Milano si apprende una circostanza che era in realtà già emersa nel corso del procedimento (poi conclusosi con la condanna definitiva di Massimo Bossetti), ma che in pochi forse conoscono: quel video – che, lo si ripete, era stato volontariamente diffuso alla stampa come se fosse effettivamente riconducibile a chi in quel momento era solo un indagato – in realtà non ritraeva affatto il furgone di Bossetti, ma era stato creato ad hoc dopo essere stato «concordato con la Procura per esigenze comunicative». Anzi, per essere più precisi – questo è quello che è emerso dal dibattimento – «era stato concordato con la procura a fronte di pressanti e numerose richieste di chiarimenti e realizzato per esigenze di comunicazione; e poi è stato dato alla stampa». A seguito delle critiche ricevute da diversi giornalisti, il capo dei RIS di Parma li aveva querelati e da ciò era scaturito il procedimento penale per diffamazione, poi archiviato dal GIP di Milano. Il giudice, dopo aver ricordato come il video avesse uno scopo «dichiaratamente comunicativo e non probatorio» – non essendo stato depositato agli atti – svolge comunque interessanti considerazioni in merito al rispetto della presunzione di innocenza. Le critiche giornalistiche – che il giudice ha comunque ritenuto essere intervenute su «su un fatto obiettivo, di indubbio interesse pubblicistico e certamente non frutto di invenzione» – sono state ritenute ulteriormente giustificate dal «fondamentale principio della presunzione di innocenza dell'imputato che, anche in base alla direttiva UE oggetto di recente recepimento da parte dell'Italia, deve proteggere le persone indagate o imputate in procedimenti penali da sovraesposizioni mediatiche deliberatamente volte a presentarli all'opinione pubblica come colpevoli prima dell'accertamento processuale definitivo». Occorre proteggere gli indagati Ecco, è bene che tali parole rimangano ben scolpite nella mente di chi si occupa di giustizia e comunicazione: «Occorre proteggere le persone indagate o imputate in procedimenti penali da sovraesposizioni mediatiche deliberatamente volte a presentarli all'opinione pubblica come colpevoli prima dell'accertamento processuale definitivo». Quel video, infatti, era stato dapprima concordato, poi creato e, infine, diffuso alla stampa in un momento in cui Bossetti era un semplice indagato (ma poco sarebbe cambiato se fosse stato anche un imputato) al solo scopo di assecondare le «esigenze comunicative» della Procura; esigenze comunicative che – e i fatti lo dimostrano – sono state ritenute ben più importanti del diritto dell’indagato a non esser presentato come colpevole agli occhi dell’opinione pubblica. Diritto – si aggiunge – che assume una valenza ancora più significativa laddove il reato per cui si procede sia di competenza di una Corte di Assise, composta, come è noto, anche da giudici popolari. Le esigenze comunicative Quali esigenze comunicative avrebbero mai potuto giustificare la creazione di un video che rappresentava una situazione diversa da quella reale? Perché mai l’opinione pubblica – si presume prima e principale destinataria del video – è stata ritenuta tale da meritare la diffusione di un prodotto “fake” elaborato ad hoc? Quali «pressanti e numerose richieste di chiarimenti» andavano soddisfatte e perché si è ritenuto di farlo in questo modo? Il presentare, agli occhi dell’opinione pubblica, l’indagato come colpevole prima che la sua colpevolezza sia accertata in via definitiva è proprio una delle bad pratices che la direttiva sulla presunzione di innocenza vuole evitare. E forse, grazie al suo recente recepimento, questo rischio per il futuro potrà essere scongiurato (anche se si dovrà capire se le cose cambieranno per davvero oppure no). Nell’attesa di comprendere se e come il modo di comunicare da parte degli organi inquirenti potrà cambiare – saranno, ad esempio, limitate le conferenze stampa nonché, in generale, il rilascio di informazioni agli organi di stampa – è bene che la vicenda del video del furgone bianco di Bossetti rimanga, a futura memoria, come esempio perfetto delle prassi distorte cui può portare il cd. processo mediatico. Processo mediatico che, come si è già scritto più volte, va a colpire non solo la presunzione di non colpevolezza del singolo indagato o imputato, ma anche – e non è cosa da poco – il libero convincimento della magistratura giudicante, la quale, nel momento in cui sarà chiamata ad assumere le proprie determinazioni sulla responsabilità penale dell’indagato, dovrà essere libera di farlo senza il timore di scontentare le aspettative che, nel frattempo, si sono consolidate nell’opinione pubblica. © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediGuido Stampanoni Bassi Direttore di "Giurisprudenza penale"
«Il sogno di Aleksej si avvererà», Navalnaya prende il testimoneOng e salvataggi in mare: le nuove regole al vaglio del Consiglio dei Ministri
Whatsapp down, l'app non funziona per ora poi riprende. Cosa sta succedendo
Cartabianca, Mara Carfagna su Forza Italia: "Lo vedo un partito oggettivamente debole"Il governo Meloni tratta sull'elezione diretta del Capo dello Stato
Violenza sessuale nella scuola della GdF, il generale: «Le caserme restano luoghi per donne. Il sospettato trasferito a mille chilometri»Manovra, bozza dell'emendamento e tempi: ecco tutte le possibili novità
Manovra, ancora un dietrofront del Governo: salta lo scudo penale su reati fiscali. Conte: “Vittoria del M5S”La nuova èra della disinformazione di massa è appena cominciata
Jannacci, il racconto di Milano in musicaIl Kosovo isolato e soffocato dalla retorica populistaSondaggi politici elettorali, secondo Emg in calo la fiducia nel governo MeloniCosì le “allucinazioni” di ChatGpt e Bing rischiano di influenzare le elezioni
Reddito di cittadinanza: stop assegno al primo lavoro rifiutato
L’Ue dà il via libera alla missione Aspides, l’Italia avrà il comando operativo
Lo sfogo di Berlusconi "Governo Meloni impreparato"Mattarella: “Migranti non solo numeri, fra loro donne e bambini”Giorgia Meloni al G7: “Pieno sostegno a Kiev, economico e militare”Dodici newsletter che forse vorresti ricevere nella tua casella email
La missione impossibile dell’unico governo possibileEuropean Focus 26. L’Europa arcobalenoMario Draghi, la nuova vita da nonno: "Volevo restare, ma non me l'hanno consentito"Nuovo regolamento europeo sull’intelligenza artificiale: cosa manca, cosa fare