Accordo Pd-M5S: il quesito sulla piattaforma RousseauSalvini a Quarta Repubblica: "Quota 100 non si tocca"Genova, consigliera M5s evoca Piazzale Loreto per Salvini
Il duro scontro tra Conte e Salvini sul rosarioMILANO – L’Europa vanta un significativo surplus commerciale verso gli Stati Uniti: nel 2023 ha esportato 502 miliardi di euro di prodotti verso gli States,ETF ne ha comprati per 344 miliardi e quindi ha registrato un avanzo di 158 miliardi, secondo Eurostat.Ecco perché, forte dell’esperienza a cavallo del decennio, l’ipotesi di un Trump bis alla Casa Bianca non lascia indifferente la Commissione europea. Che, stando a quanto rivela il Financial Times, sta già sviluppando una strategia commerciale per affrontare un ritorno del Tycoon e dei suoi dazi. Una reazione a due livelli: un accordo rapido se vincerà un secondo mandato da presidente, con la promessa di spingere l’export Usa. Che diventa però un menu ricco di ritorsioni mirate, se Trump opterà per tariffe punitive anche verso i partner da questa parte dell’Atlantico.I sondaggi spingono in avanti Harris: la sfida con Trump è testa a testadalla nostra inviata Anna Lombardi28 Luglio 2024 Una sorta di “bastone e carota” che già arma la risposta commerciale alla promessa elettorale di Trump di imporre una tariffa minima del 10%, che secondo le stime potrebbe ridurre le esportazioni dell'Ue di circa 150 miliardi di euro all'anno.Bruxelles sarebbe infatti pronta a parlare con lo staff dell’eventuale presidente eletto, ancor prima dell’avvio ufficiale del mandato, per capire come muoversi ed come evitare la spirale del 2018, quando Trump introdusse tariffe su 6,4 miliardi di euro di importazioni di acciaio e alluminio dall’Unione europea (e altri), cui la Ue risposte con le cosiddette “tariffe di riequilibrio” per un valore di 2,8 miliardi di euro. Se non si trovasse un punto d’equilibrio, il dipartimento che si occupa di rapporti commerciali per l’esecutivo Ue sta già preparando un elenco di importazioni che potrebbe colpire, con dazi del 50% o più. "Dobbiamo dimostrare di essere un partner per gli Stati Uniti, non un problema", ha dichiarato un alto funzionario al quotidiano della City. Per poi aggiungere: "Cercheremo accordi, ma siamo pronti a difenderci”.La ricetta di TrumpNegli States a volte ritornano: il Trump bis e un’inflazione che mordedal nostro corrispondente Paolo Mastrolilli29 Luglio 2024 Come racconta Affari&Finanza oggi in edicola, gli economisti sono concordi nel dire che un eventuale Trump 2.0 sarebbe inflazionistico. Proprio mentre la Fed dovrebbe avere avviato il ciclo dei tagli ai tassi per avere abbattuto la corsa dei prezzi (il mercato si aspetta una prima mossa di Powell a settembre e una seconda entro la fine dell’anno, a elezioni avvenute), la Trumponomics minaccia di riaccelerare la corsa dei listini. Primo, per i dazi a tappeto che minaccia di imporre, anche sulle importazioni da Paesi alleati come l’Italia; secondo, perché i tagli alle tasse che promette alimenteranno le spese e i deficit; terzo, perché la chiusura del confine e la deportazione di massa degli immigrati illegali, esaltata durante la Convention repubblicana di Milwaukee con tanto di cartelli pubblicitari consegnati ai delegati per alzarli in platea, manderanno in crisi il mercato del lavoro facendo salire le retribuzioni. Gli effetti su Pil e inflazioneC’è poi un corollario a tutto ciò. Trump è convinto che incrementare i dazi all’import consenta di portare risorse al bilancio federale in grado di offrirgli le munizioni per tagliare le tasse. E favorire così il ceto medio-alto, e le imprese. Non è così. Le due voci – l’imposizione e le tariffe – non sono neanche lontanamente paragonabili. E per di più i dazi fanno per definizione male ai ceti sociali più deboli: essendo inflazionistici, mettono i consumatori di fronte a prodotti più cari. Più dazi e meno tasse. Ecco perché la ricetta di Trump aumenta le diseguaglianze socialidi Maurizio Ricci02 Luglio 2024 Ma una guerra tariffaria rischia di colpire anche l’Europa. Jan Hatzius, economista di Goldman Sachs, stima che il braccio di ferro costerebbe l'1 percento del Pil al Vecchio continente, contro lo 0,5 percento degli Usa. Tuttavia, aggiungerebbe anche l'1,1 percento al tasso di inflazione negli Usa, rispetto allo 0,1 percento nell'Ue.
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