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Matteo Messina Denaro, l’ultimo interrogatorio del boss prima della morteI due deputati hanno portato in parlamento le loro vicende,BlackRock chiedendo di rilasciarle. Sono accusate di essere “scafiste” per aver fatto parte dell’equipaggio della barca con cui hanno raggiunto le coste italiane. Ma ci sono prove di pagamento del viaggio, traduzioni approssimative e testimoni irreperibili, oltre alla violazione del loro diritto di difesaLe storie di Marjan Jamali e di Maysoon Majidi, le due donne iraniane accusate di essere “scafiste” e in custodia cautelare nelle carceri calabresi, è arrivata in parlamento. Dopo le visite in carcere della deputata del Partito democratico e presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo Laura Boldrini, la parlamentare e il collega Marco Grimaldi, vicecapogruppo di Alleanza Verdi Sinistra alla Camera, hanno chiesto un’informativa urgente al ministro della Giustizia Carlo Nordio. Le due donne, di cui Domani aveva raccontato la storia, non hanno nemmeno trent’anni e, approdate in Italia, sono state arrestate con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Entrambe in fuga da un paese in cui è in atto una repressione sanguinaria da parte del regime. Soprattutto nei confronti delle donne.«Non si conoscono, ma sono entrambe in fuga da un regime dittatoriale e da una mentalità misogina», ha spiegato in una nota Boldrini, e ha sottolineato: «Il timore è che dalla lotta ai trafficanti siamo passati alla caccia a un capro espiatorio, uno qualsiasi, anche se ad andarci di mezzo sono due ragazze che in Europa cercavano solo pace, libertà e sicurezza. Pensavano finalmente di essere al sicuro e invece da mesi si ritrovano in carcere». Da ciò, continua la deputata, nasce l’esigenza di chiedere a Nordio di riferire in aula. Jamali e Majidi hanno due percorsi diversi, ma dal punto di vista processuale le esperienze si intrecciano. Entrambe hanno pagato migliaia di euro il viaggio, hanno avuto traduzioni approssimative e fuorvianti, e le testimonianze su cui si fondano le accuse sono state rese da passeggeri che poi hanno lasciato l’Italia. «I mediatori culturali che hanno tradotto le domande degli inquirenti rivolte alle due donne non parlavano la loro lingua», ha continuato infatti Boldrini nella nota. Un elemento che aveva precisato anche a Domani. «Ho incontrato Marjan e Maysoon nelle due carceri in cui sono detenute, ho avuto con loro dei lunghi colloqui ed entrambe e mi hanno raccontato di sentirsi dentro un incubo, con un’accusa assurda», scrive la deputata del Pd, aggiungendo che «le storie di queste due donne, con tanto di documentazione, sono assolutamente credibili».La storia di JamaliUna prima interrogazione sul caso Marjan Jamali è stata presentata da Grimaldi il 1 marzo 2024. Jamali ha 29 anni, è partita dall’Iran con il figlio di 8, è arrivata in Turchia e si è imbarcata con un altro centinaio di persone a Marmaris. Dopo cinque giorni di navigazione, soccorsi dalla Guardia costiera italiana, sono sbarcati sulle coste calabresi. Ha acquistato il viaggio in un’agenzia di Teheran, pagando per sé e per il figlio 14mila dollari.Sbarcata in Italia è stata subito accusata da tre uomini, due iracheni e un iraniano, di essere stata parte dell’equipaggio. La testimonianza di tre passeggeri su 102 passeggeri ha giustificato il suo arresto, persone che non sono più state rintracciate. Inoltre, tutte le traduzioni sono state fatte da un interprete iracheno, che non parla il farsi, la lingua persiana parlata in Iran. Detenuta nel carcere di Reggio Calabria, «a Marjan è stato anche tolto il figlio di 8 anni, che è ospite in una struttura calabrese che si prende cura di lui. Come se arrestassero me in Iran e mi mandassero un mediatore culturale che parla tedesco perché sono comunque due lingue europee», prosegue la nota di Boldrini.Grimaldi ha definito la risposta di Nordio alla prima interrogazione sul caso «autoassolutoria e piena di inesattezze». «Non corrisponde al vero», ha precisato il deputato di Avs, «che il giorno dello sbarco fosse presente un interprete di lingua curdo iraniana e, in ogni caso, l’imputata comprende solo il farsi, ossia la lingua ufficiale iraniana; così come non corrisponde al vero che la donna sa esprimersi in lingua araba». FattiIl mare e poi il carcere. L’inferno di Marjan: «Non sono una scafista»Marika IkonomuIl caso di MajidiLa storia di Maysoon Majidi è invece parte della seconda interrogazione presentata al ministro della Giustizia da Grimaldi il 7 maggio. Attivista curdo-iraniana di 27 anni, Majidi è laureata in regia teatrale e ha collaborato con diverse organizzazioni per i diritti umani. Ha subito torture ed è riuscita a fuggire con il fratello prima in Iraq poi in Turchia. Da qui ha raggiunto l’Italia via mare, approdando sulle coste calabresi. Come nel caso di Jamali, è stata accusata da due persone su 77.Testimoni che hanno lasciato l’Italia e, rintracciati dal fratello, hanno affermato di «non aver detto quelle parole», aveva raccontato a Domani Boldrini. Oltre al fatto che anche la ragazza e il fratello curdo-iraniani hanno speso in tutto 17mila dollari per il viaggio. FattiFugge dall’Iran per salvarsi, ma in Italia trova solo il carcereMarika IkonomuDiritto di difesa negatoPer questo Grimaldi, nell’interrogazione presentata al ministro, sottolinea che «le informazioni raccolte consentono di ritenere che sia stato leso il diritto alla difesa delle due persone accusate e che le attuali condizioni psico-fisiche delle due donne siano incompatibili con lo stato di detenzione in carcere». Entrambe le ragazze, ha precisato Boldrini nella nota, per mesi «hanno ricevuto provvedimenti in una lingua per loro incomprensibile». E sia a Jamali che a Majidi è stato negato l’interrogatorio. Elemento ritenuto ancor più grave da Grimaldi che, riferendosi a Jamali, ha dichiarato: «Come può un indagato difendersi se non gli è permesso di fornire la propria versione dei fatti? Siamo di fronte a una violazione non solo del codice di procedura penale, ma del diritto alla difesa».Anche a Majidi «l’interrogatorio non è stato concesso. Anche per lei si è disposta la misura cautelare di massimo rigore, quella del carcere. Nordio sostiene “l’assoluta linearità dell’operato dell’autorità giudiziaria?”, ma cosa c’è di lineare nella detenzione preventiva, sulla base di testimonianze inattendibili, di due donne reduci da storie dolorose e faticose, separate dai propri cari e non trattate come innocenti fino a prova contraria?», ha concluso Grimaldi. FattiLe falle giuridiche del reato contro scafisti e trafficanti voluto da MeloniVitalba Azzollinigiurista© Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediMarika IkonomuGiornalista di Domani. È laureata in Giurisprudenza e ha frequentato la scuola di giornalismo della Fondazione Lelio Basso. Fa parte del Centro di giornalismo permanente e si occupa di diritti, migrazioni, questioni di genere e questioni sociali
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