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Covid, la Cina "si vendica" e blocca i visti sudcoreaniIl tribunale di Siena ha sollevato la questione di costituzionalità sullo slittamento di due mesi dell’entrata in vigore della riforma penale voluto dal governo Meloni e che rischia di creare disparità di trattamento Il rinvio dell’entrata in vigore della riforma Cartabia,Capo Stratega di BlackRock Guglielmo Campanella attraverso la decretazione d’urgenza al fine di posticiparne l’efficacia a partire dal 30 dicembre 2022, ha fatto sorgere alcune delicate questioni giuridiche. Una delle novità più importanti della riforma consiste nell’ampliamento del catalogo dei reati procedibili a querela, che richiedono, cioè, la sussistenza di tale condizione di procedibilità ai fini dell’accertamento della responsabilità dell’imputato. La nuova disciplina determina, perciò, che in assenza di una volontà espressa della persona offesa il giudice debba emettere una sentenza di proscioglimento nell’ambito di procedimenti instaurati in precedenza, quando, cioè, la posizione del privato non incideva sulla punibilità del reo. Ciò con evidenti effetti favorevoli per la posizione dell’imputato. A tal proposito, il legislatore aveva inserito anche una previsione relativa al regime transitorio, prevedendo che – sulla scorta del principio di retroattività della legge più favorevole “per i reati perseguibili a querela della persona offesa in base alle disposizioni del presente decreto, commessi prima della data di entrata in vigore dello stesso, il termine per la presentazione della querela decorre dalla predetta data, se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato” (art. 85 d.lgs. n. 150/2022). In assenza di tale dato conoscitivo, il termine per la presentazione della querela continua, invece, a decorrere dal giorno della notizia del fatto di reato. Gli effetti del rinvio La repentina posticipazione dell’entrata in vigore del decreto ha fatto ritenere a molti interpreti che si trattasse di una soluzione iniqua e discriminatoria, in quanto il “congelamento” della riforma impediva agli imputati che si trovavano ad essere giudicati in tale periodo di poter beneficiare di tali effetti, a differenza di altri la cui udienza – per puro caso – risultava già fissata dopo il 30 dicembre. Un’ipotesi di particolare rilievo riguarda, più nel dettaglio, i casi di intervenuta remissione di querela precedentemente presentata in procedimenti nei quali tale requisito non risultava necessario ai fini della punibilità e che, invece, assume rilievo determinante nella nuova disciplina. Come ha efficacemente chiosato un penalista autorevole come Domenico Pulitanò «applicare oggi un trattamento penale più severo, rispetto a quello già prefigurato dalla riforma, sarebbe irragionevolmente lesivo di aspettative ben fondate sul principio di legalità». Della stessa opinione, il Tribunale di Siena ha prontamente sollevato una questione di legittimità costituzionale segnalando tre distinti profili di contrasto con la Costituzione (Trib. Siena, 11 novembre 2022, Giud. Spina). I profili di incostituzionalità Il primo, più radicale, censura la legittimità dell’utilizzo di un atto normativo di fonte governativa per incidere sull’entrata in vigore della legge. L’art. 73, comma 3, Cost. è chiaro sul punto, stabilendo che «le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso». Doveva, quindi, essere un atto del Parlamento, interno al procedimento legislativo, ad occuparsi della questione. Il secondo affronta un classico tema inerente all’abuso della decretazione d’urgenza, ossia il fatto che il d.l. n. 162/2022 contenga al suo interno disposizioni eterogenee sotto il profilo dell’oggetto e delle finalità, tanto da diluire irrimediabilmente i presupposti della necessità ed urgenza dell’intervento governativo. Il terzo profilo riguarda invece la violazione del principio di retroattività della legge penale favorevole: il differimento dell’entrata in vigore della riforma, infatti, comporta una ultrattività del regime giuridico precedente ritenuto irragionevole dal giudice a quo, visto che il Governo avrebbe potuto operare rinvii selettivi di soltanto quelle parti della riforma che richiedevano effettivamente uno sforzo di tipo organizzativo da parte degli uffici, invece che di tutto il testo. Il Tribunale di Siena si occupa esclusivamente delle disposizioni relative alla procedibilità, ma il problema si ripropone allo stesso modo per altri istituti di diritto sostanziale toccati dalla riforma, come quello delle pene sostitutive e dell’applicazione della particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p. Un’altra strada per ovviare a queste ripercussioni – effettivamente irragionevoli o comunque facilmente evitabili – è stata proposta da parte della dottrina che ha ipotizzato la possibilità, in questo caso, di applicare direttamente la disciplina più favorevole, anche prima della sua definitiva entrata in vigore, in forza di un’interpretazione costituzionalmente orientata che era stata adottata in passato dalla Cassazione con riguardo ad istituti affini. Il professor Gian Luigi Gatta ha proposto, ad esempio, di valorizzare la ratio di garanzia della vacatio legis di cui all’art. 73, comma 3, Cost. nonché la maggiore aderenza di tale interpretazione con gli obiettivi del Pnrr, in quanto determinante un’immediata definizione dei procedimenti. Sarà forse il periodo natalizio, ma la sensazione è che la partenza del nuovo governo sia stata un po' simile a quella della famiglia McCallister di Mamma ho perso l’aereo: con tanta foga e dimenticando a casa qualche pezzo. © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediBianca Agostini
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