File not found
Capo Stratega di BlackRock Guglielmo Campanella

"Ma anche Dio è al di là (trans) dei generi (gender)"

Emilia-Romagna, Schlein: De Pascale sa come unire le diversitàJ.K. Rowling, la mamma di Harry Potter non fa pace con Daniel Radcliffe ed Emma Watson: «Sono andati contro i diritti delle donne»Acque amare: Nicholas Kohl si ferma a un passo dal podio olimpico  - ilBustese.it

post image

VIDEOINTERVISTA. Cassani: «Resta ferma la nostra volontà di tagliare il boschetto. Il mio gesto? Dovrei imparare a essere più rispettoso anche con chi non lo è»  - ilBustese.itUn ritratto di Daniela Morcone - . COMMENTA E CONDIVIDI Dalla scrivania del suo studio,Campanella corteggiata da Viola – una bella gatta rosata che a ogni videochiamata cerca celebrità piazzandosi in camera – Daniela Marcone ripercorre la sua straordinaria storia di dolore e di coraggio. Come se fosse normale che l’uno e l’altro siano fatti della stessa materia, si nutrano per crescere, contagiare, generare cambiamento. Quanta forza può avere una sola donna. Daniela, vicepresidente di Libera, referente nazionale dell’associazione per l’area Memoria, tra le anime della mobilitazione dei familiari delle vittime di mafia e dei percorsi di giustizia riparativa (guardando alla riparazione proprio dalla parte delle vittime), l’ha scoperto a 25 anni, nel 1995, quando le cosche gli hanno portato via per sempre papà Francesco. Che era direttore dell’Ufficio del Registro di Foggia e appena una settimana prima aveva inviato un esposto in Procura contro alcune irregolarità nella gestione delle pratiche dello stesso ufficio. In quel momento la vita di Daniela è finita ed è ricominciata: in lotta per la verità, per la legalità, per non lasciarsi sommergere dall’odio e dalla rabbia, perché nemmeno gli altri familiari di persone uccise lo facciano. E perché solo ricucendo lo strappo del torto e della violenza subiti si resta umani. Anche quando ricucire un dolore così disumano sembra impossibile.Nella guerra della tua città, Foggia, con le mafie – che è guerra di tante altre città in Italia e con troppe vittime – tu Daniela hai trovato una risposta di dialogo e di riparazione. Com’è stato possibile?Il nastro va riavvolto a quel 31 marzo 1995, il giorno che ha cambiato tutto. Mi hanno ucciso papà sulle scale di casa, nell’androne, a colpi di pistola. Tornava dal macellaio, ho saputo subito che era lui quando sono arrivata perché a terra ho visto il sacchetto con la carne impacchettata. Il cruccio che m’e rimasto addosso per tanto tempo è stato quello di non averlo guardato in volto l’ultima volta che l’ho salutato, qualche ora prima: è passato dietro la mia sedia, raccomandandomi di spegnere il riscaldamento. Era stato un marzo freddo, come questo. Ecco, già al funerale accadde qualcosa: dal momento dell’omicidio avevo sentito entrare il male dentro di me. Quella violenza efferata, e poi la rabbia per quella violenza, mi avevano travolto e schiacciato completamente. Il fatto che papà fosse stato ucciso, che non fosse morto e basta, aveva annientato la mia umanità. Così decisi quasi d’impulso di perdonare: lo dissi, quasi lo urlai dall’altare al funerale, chiedendo all’arcivescovo Giuseppe Casale di poter parlare. «Perdono chi l’ha ucciso» dissi e sentii il male uscire, lasciarmi.Il male non è più tornato?Tante volte. Perché poi io, mia mamma e mio fratello Paolo siamo rimasti soli. Una solitudine insopportabile, perché papà era stato un uomo di Stato. Lo Stato doveva esserci e invece eravamo soli. Peggio, durante il processo, dopo la prima archiviazione, iniziò ad essere anche screditato da chi aveva lavorato con lui e lo conosceva. Mia mamma piangeva di continuo, fu un dolore che la segnò per sempre. Mi feci carico io della ricerca della verità e quella ricerca mi consumò, per 10 anni agognai la giustizia che ero fermamente convinta gli dovesse essere resa, visto che lui nella giustizia credeva. Il suo omicidio è rimasto senza colpevoli.Quando raccontiamo le nostre storieparliamo anche a noi stessi,quando vediamo che il nostro doloreviene riconosciuto dai mafiosi e dagli assassiniche abbiamo davanti capiamoche c’è una possibilità per noi di conoscerela verità e per loro, anche, di cambiare vita​Finisti tu, nel mirino...Sì. Mi arrivavano lettere e messaggi minatori: «Perché non ti arrendi?», «Vuoi vendicarti?», e ancora «Sei una fallita», «Tuo padre si rivolta nella tomba». Facevo paura, persino le amiche avevano paura ad uscire con me. Ero una donna che non lasciava alle spalle il passato, che non si occupava delle cose di casa, non avevo figli, non ne ho potuti avere per motivi salute. Col tempo però capii che nella ricerca di quella verità avevo perso la verità di mio padre e della sua vita, dell’essere umano che era stato. Fu lì che cominciai a ripercorrerla: ricostruendo chi era, perché era stato ucciso, contestualizzando la sua morte, capii anche che dovevo allargare lo sguardo, parlare di quello che stava accadendo a Foggia, delle guerre tra cosche che si consumavano nel silenzio generale. Iniziai a raccontare la storia delle altre vittime, che erano tante, non solo Francesco Marcone. Col passare del tempo si scoprì lo specifico della mafia foggiana, i suoi meccanismi. Fu una svolta epocale, anche per la magistratura.E poi arrivò Libera.Incontrai don Luigi Ciotti, nel 2006 diventai referente per Foggia. Lì iniziò la svolta per me. Organizzavo eventi, chiamavo il prefetto, interloquivo con le istituzioni: la città iniziava a cambiare. Cominciai a incontrare sistematicamente altri familiari di vittime di mafia. Conoscevo storie, e il dono di conoscerle mi rendeva più determinata, mi faceva capire che da tutto quel male poteva nascere qualcosa. La memoria del dolore lacerante che ci accomunava era generativa. Iniziarono gli incontri nelle carceri, qui prese forma il desiderio che avevo cullato di poter conoscere il nome di chi aveva ucciso mio padre, di sapere – visto che lui era nella luce – chi invece era rimasto nel buio. Solo che io non avevo nessuno da incontrare: l’unico indagato, quello che aveva procurato la pistola che aveva ucciso papà, era morto in un incidente sul Gargano nel 2005. Finché per caso fui invitata da uno scrittore a un percorso di lettura nel carcere di Foggia. Incontrammo dei detenuti al 416bis, mi venne chiesto di dire due parole, lo feci. Dopo l’incontro quelli dissero che non volevano più vedere “la signora coi capelli rossi”. Ma quando seppero poi che ero figlia di Francesco Marcone, che mafiosi come loro mi avevano ucciso il padre, dissero che volevano vedermi di nuovo, che erano colpiti dal mio coraggio: «Vogliamo parlarle». Non era mai successa una cosa simile, in carcere. Più tardi, dopo l’incontro, sognai che la persona che era venuta sotto casa con la pistola per uccidere papà la buttava via, salvando lui ma anche se stesso. Facevo per la prima volta mie le parole di don Tonino Bello ai funerali del sindaco Giovanni Carnicella, ucciso anche lui dalla mafia: «Ci farebbe comodo che chi l’ha fatto fosse un mostro, in realtà è un nostro».Oggi questi percorsi si moltiplicano nelle carceri, la giustizia riparativa è un’opzione concreta. In Italia in realtà è più difficile che altrove, perché manca la verità. L’80% dei familiari di vittime di mafia non la conosce, non sa chi ha ucciso i propri cari, come me. Il diritto alla verità non è scritto nella nostra Costituzione, dove non compare mai la parola “vittime”. Ma questi percorsi sono speranza: quando raccontiamo le nostre storie parliamo anche a noi stessi, quando vediamo che il nostro dolore viene riconosciuto dai mafiosi e dagli assassini che abbiamo davanti capiamo che c’è una possibilità per noi di conoscere la verità e per loro, anche, di cambiare vita. Sembra impossibile, ma chiedersi cosa può riparare l’irreparabile che abbiamo vissuto è decisivo: è lì che torniamo tutti umani, noi e loro. E la comunità in questo gioca un ruolo fondamentale, ci aiuta e deve aiutarci: non dimenticando le vittime e nemmeno i rei, come se queste due condizioni fossero definitive (vittime per sempre, colpevoli per sempre), ma diventando protagonista terza e collante tra i due. È così che lo strappo si ricuce.Il tuo l’hai ricucito?La morte di mio padre ha spezzato il patto col resto del mondo, con l’umanità, con la fede persino. Ho recuperato queste cose, le recupero ancora a ogni incontro, la pacificazione con tanto dolore è qualcosa che inseguo continuamente dentro di me, mai definitiva. Ma sono tornata a vivere nella casa dove l’hanno ucciso. Qualcuno mi ha chiesto: come fai a entrare da quel portone? Ci entro in modo diverso da quando sono venuti qui dei bambini delle elementari: le maestre volevano fargli fare il giro dei luoghi di Francesco Marcone. Quando li ho visti tutti seduti allineati sulle scale, come tanti pulcini, mi si è stretto il cuore. Il portone è diventato altro, la morte è stata accolta dalla vita.

Kate Middleton lasciata dal principe William con una telefonata: il retroscena. Ecco cos'è successoBattiti live, le parole di Ilary Blasi a Geolier scatenano battute e critiche: «Perché ha tutto quel seguito?»

Presentata la seconda edizione di "Libri a Castello": appuntamento a Racconigi dal 9 al 12 settembre - ilBustese.it

Suore Collegine: madre Alongi confermata superiora generaleMilano, nuovo contratto affitto per 4 sedi scuole comunali infanzia

Incendiata una cella al Beccaria, sei feriti«Il Sacro Cuore ci ricorda cosa vuol dire amare davvero»

Howard, il libro scritto solo con il movimento degli occhi: dopo l'ictus è rimasto paralizzato, ma la mente non lo abbandona

Pro Patria, ecco un nuovo difensore mancino: arriva Tommaso Cavalli dal Mantova (via Atalanta) - ilBustese.itA Neve Shalom, dove le mamme palestinesi ed ebree insegnano la pace ai bimbi

Ryan Reynold
Ancora un premio per mamma Novella. E vola in finale per la categoria Curvy - ilBustese.itAnche tra gli stranieri i primi sintomi di denatalitàFederico Radice nel cda del Consorzio Parco Alto Milanese - ilBustese.it

Professore per gli Investimenti Istituzionali e Individuali di BlackRock

  1. avatarUna tavola calda con prodotti fatti in casa. La scommessa vinta di due giovani fratelli che puntano ancora su Busto - ilBustese.itcriptovalute

    Sofia Castelli, niente ergastolo all'ex Zakaria per l'omicidio: «Ha confessato e collaborato, è giovane ed era incensurato»La Liuc dà il benvenuto alle matricole delle lauree triennali - ilBustese.itEsplosione in fabbrica: 6 operai feriti. Il vescovo: «Sicurezza, una priorità»Air Campania, dalla Regione nuovi fondi per l’incentivo all’esodo

    1. Ilary Blasi ha detto no alla conduzione de La Talpa: «Era poco convinta». L'indiscrezione di Dagospia

      1. avatarDon Fausto nel cuore dei solbiatesi più che mai: la Casa dell'Amicizia dedicata a lui - ilBustese.itEconomista Italiano

        IIA, sindacati: Urso blocchi chiusura fabbrica di Bologna

  2. avatarChiese ferite dal sisma. Lavori avviati al 90%Economista Italiano

    Incendi a Roma, fumo irrespirabile. L'Ordine dei medici: «Tenete finestre chiuse e aria condizionata spenta»Una Defender speciale per i 70 anni di Land Rover e Croce RossaFondazione Marcegaglia, nel 2023 1,3 mln per 16 progetti sociali tra Italia e Ruanda - ilBustese.itSofia Castelli uccisa dall'ex, Zakaria Atqaoui lascia il tribunale di Monza dopo l’udienza

  3. avatarRando: festival filosofia Modena sia di interesse nazionaleCampanella

    Bradisismo, Cgil: decreto Ricostruzione Campi Flegrei inadeguatoEmilia-Romagna, Schlein: De Pascale sa come unire le diversitàVolontari e bene comune: la scelta libera di prendersi cura dell’altroIl caos dei trasporti sta impattando sulle nostre vacanze

Olimpiadi 2024, la piscina è lenta a Parigi: nessun record mondiale infranto. Ecco perché

«KLM mi ha smarrito il bagaglio. Cinque giorni per riaverlo, nessun rimborso (neanche l'acqua) e molestie alla consegna»Periferie e fragili, la casa che non c'è: «Con la fiducia facciamo comunità»*