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Così la scuola d'estate combatte dispersione e povertàLa Cassazione ha ha negato il ritorno in Italia di 10 ex terroristi,trading a breve termine tra cui Giorgio Pietrostefani e Marina Petrella, per scontare le condanne definitive. Resiste così il fondamento giuridico della dottrina Mitterand, nonostante le parole di Macron e del ministro della Giustizia in favore dell’estradizione Dalla Francia arriva l’ennesimo no che mette definitivamente una pietra sopra l’estradizione dei 10 ex terroristi di estrema sinistra, condannati in Italia per fatti di sangue. Questa la motivazione la stessa già data dalla corte d’appello di Parigi: gli italiani sono stati giudicati colpevoli dalla giustizia italiana «in contumacia, senza aver avuto la possibilità di difendersi in un nuovo processo, la legge italiana non offrendo questa garanzia; la quasi totalità dei richiedenti hanno vissuto in Francia per circa 25-40 anni, un paese in cui hanno una situazione familiare stabile, sono inseriti professionalmente e socialmente, senza più nessun legame con l'Italia, cosicché la loro estradizione causerebbe un danno sproporzionato al loro diritto a rispetto della vita privata e familiare». Le chances che la Cassazione accogliesse la richiesta italiana erano molto basse e così è andata. Prima dell’udienza Irene Terrel, l'avvocata francese di sette dei dieci ex militanti italiani, ha detto all’Adnkronos che «le sentenze della Corte di Appello di Parigi sono ben motivate e non sono attaccabili dal punto di visto del diritto», e si è spinta ad aggiungere che «Era un ricorso meramente politico e non giuridico». Dopo l’arresto nel 2021, tutti e dieci gli ex terroristi erano stati rimessi in libertà, perchè la Corte d’appello di Parigi si era pronunciata per il no alla richiesta di estradizione. La decisione, che risale al giugno 2022, è stata impugnata davanti alla Cassazione, che oggi ha confermato la sentenza d’appello. Questo no all’estradizione si aggiunge ad un lungo elenco: l’ultimo caso risale a pochi giorni fa e ha riguardato l’ex attivista del G8 di Genova, Vincenzo Vecchi, che da anni vive in Francia e non ha mai scontato la condanna definitiva a 11 anni e 6 mesi per devastazione e saccheggio. CommentiPer i giudici francesi quella degli ex brigatisti è una vicenda umanaLynda Dematteoantropologa Chi sono i terroristi I dieci ex terroristi arrestati nel 2021 nell’operazione “Ombre rosse” sono tutti ex membri di sigle di estrema sinistra. Sette sono stati arrestati subito, gli altri tre dopo una breve fuga. I più noti sono Giorgio Pietrostefani e Marina Petrella. Pietrostefani, nato all’Aquila il 10 novembre del 1943 e figlio del prefetto di Arezzo, aderì in giovane età al movimento studentesco e si laureò in architettura. Poco dopo, insieme ad Adriano Sofri, fondò il gruppo di sinistra extraparlamentare Lotta Continua e diventò responsabile del servizio d’ordine. Venne arrestato per la prima volta nel 1988 quando era dirigente delle Officine meccaniche reggiane. Attualmente è condannato a 22 anni di carcere con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio del commissario della Polizia Luigi Calabresi. Come esecutori materiali dell’assassinio sono stati invece condannati Ovidio Bompressi, il quale ha ricevuto la grazia presidenziale nel 2006) e Leonardo Marino. Pietrostefani si è sempre dichiarato innocente e ha scontato soltanto i primi due anni di prigione prima di rifugiarsi in Francia sotto la protezione della dottrina Mitterrand approfittando di una temporanea scarcerazione per la revisione del processo. La pena gli è stata ridotta a 16 anni e nel 2027 andrà in prescrizione. Petrella, invece, è nata a Roma il 23 agosto 1954. Dopo essere entrata a far parte di Autonomia Operaia confluisce nel 1976 tra le fila delle Brigate Rosse romane con il nome di battaglia “Virginia”. Ha subìto una condanna all’ergastolo nel processo Moro Ter per via delle azioni compiute dai brigatisti dal 1977 al 1982. In quel processo ci furono 153 condanne e solo 20 assoluzioni. Nello specifico è stata condannata all’ergastolo per l’omicidio di un agente di polizia, per tentato sequestro e tentato omicidio, sequestro di un magistrato, per rapina a mano armata e vari attentati. Dopo la sentenza riesce a scappare in Francia. Il 21 agosto del 2007 venne arrestata durante un controllo stradale e la Corte d’appello di Versailles concesse l’estradizione alle autorità italiane. Nel 2008 le autorità carcerarie temono per la sua salute visto che Petrella era entrata in depressione e rischiava il suicidio, arrivando a pesare fino a 39 chili. Proprio per questo venne scarcerata e tenuta sotto sorveglianza in attesa dell’estradizione finale che però non venne mai concessa dal governo di Sarkozy. Nella scelta dell’ex presidente francese ha influito il parere della moglie Carla Bruni e della sua cognata che ha visitato Marina Petrella in carcere e ha riportato le sue gravi condizioni di salute. Marina Petrella è sorella di Stefano Petrella ed ex moglie di Luigi Novelli, entrambi brigatisti. MondoParigi, ricorso in Cassazione contro il rifiuto all’estradizione dei 10 ex terroristi italiani Gli altri sono Giovanni Alimonti, che deve ancora scontare 11 anni per banda armata e associazione terroristica; Roberta Cappelli, condannata all'ergastolo per associazione con finalità di terrorismo, concorso in rapina aggravata, concorso in omicidio aggravato, attentato all'incolumità; Sergio Tornaghi, condannato all'ergastolo per l'omicidio di Renato Briano, direttore generale della Ercole Marelli; Maurizio Di Marzio, che deve scontare 5 anni per tentato sequestro; Enzo Calvitti, che deve scontare 18 anni, 7 mesi e 25 giorni e 4 anni di libertà vigilata per i reati di associazione sovversiva, banda armata, associazione con finalità di terrorismo, ricettazione di armi; l'ex militante di Autonomia Operaia Raffaele Ventura, condannato a 20 anni per concorso morale nell'omicidio a Milano del vicebrigadiere Antonio Custra; Luigi Bergamin, condannato a 25 anni per associazione sovversiva, banda armata e concorso in omicidio; l'ex membro dei 'Nuclei armati contropotere territoriale' Narciso Manenti, condannato all'ergastolo per l'omicidio aggravato dell'appuntato dei carabinieri Giuseppe Gurrieri. MondoMacron dice che appoggia l’estradizione dei dieci italiani arrestati in Francia La dottrina Mitterand Il no dei giudici, tuttavia, riaccende una questione politica tra Francia e Italia. L’arresto e la richiesta di estradizione, infatti, sono maturate sotto il governo Draghi e con il particolare interessamento della ministra della Giustizia, Marta Cartabia.  Al momento degli arresti, la ministra aveva definito «storica» la decisione della Francia di «rimuovere ogni ostacolo al giusto corso della giustizia per una vicenda che è stata una ferita profonda nella storia italiana». L’iniziativa di Parigi avrebbe dovuto chiudere la stagione della cosiddetta “dottrina Mitterand”. Ovvero la decisione politica presa nel 1985 dall’allora presidente francese per cui i terroristi italiani, che avevano rotto in modo evidente con il terrorismo e si erano rifatti una vita in Francia, non sarebbero stati estradati a meno che non fossero state fornite prove di una loro «partecipazione diretta a crimini di sangue». Alcuni dei dieci arrestati, tuttavia, sono stati condannati per terrorismo ma la Francia ha ritenuto inattendibili gli esiti processuali. Molti processi per terrorismo, infatti, si sono fondati sulle dichiarazioni di pentiti (è il caso di Pietrostefani) e gli imputati sono condannati in contumacia perché già espatriati. L’ordinamento francese, però, non riconosce l’istituto della contumacia e il fatto che militanti di movimenti politici che si definiscono di opposizione vengano condannati senza essere presenti alimenta la sfiducia francese nei confronti degli esiti dei processi italiani ai terroristi. A questo si sono sommate le complicazioni burocratiche e politiche, anche perché in Francia si sviluppa un movimento di intellettuali, dalla scrittrice Fred Vargas fino al filosofo Bernard-Henry Lévi, contrari alle estradizioni. FattiLa Francia dice no all’estradizione di dieci italiani.  C’è anche Pietrostefani La linea dell’esecutivo di Macron L’esecutivo di Emmanuel Macron ha tenuto una linea coincidente con quella del governo italiano e il 30 giugno 2022 aveva auspicato che gli ex militanti potessero essere giudicati sul suolo italiano, «è il rispetto che dobbiamo alle famiglie delle vittime e alla nazione italiana». Infatti, Macron ha ribadito «volontà politica di sostenere la domanda di estradizione», sottolineando proprio il fatto che il rifiuto era sempre coinciso solo con le condanna per crimini non di sangue. Una posizione, quella di Macron, che andava incontro all’Italia pur rimanendo in linea con la dottrina Mitterand. Sulla linea del sì all’estradizione si è espresso anche il ministro della Giustizia francese, Éric Dupond-Moretti, che ha definito i terroristi degli «assassini» e ha aggiunto che «il signor Cesare Battisti, che è stato sostenuto da una parte dell’intellighenzia francese, appena è arrivato in Italia ha ammesso la sua colpevolezza, dopo avere criticato per anni la giustizia italiana, che è una giustizia indipendente, sovrana e di un grande paese democratico». Il ministro ha aggiunto che «da un punto di vista politico, noi abbiamo fatto quel che era necessario perché venissero arrestati», ma ovviamente «l’ultima cosa è che la giustizia ovviamente è indipendente e sovrana». Il tentativo dell’esecutivo francese, dunque, è quello di smarcarsi dalla decisione della Cassazione per tutelare i rapporti appena riannodati con il governo Meloni. La politica La mancata estradizione ha provocato reazioni sia sul versante italiano che quello francese. Il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron aveva sostenuto politicamente la domanda di estradizione italiana, sottolineando proprio che gli ex terroristi si erano macchiati di fatti di sangue. Sulla linea del sì all’estradizione si era espresso anche il ministro della Giustizia francese, Éric Dupond-Moretti, che ha definito i terroristi degli «assassini» e ha aggiunto che «da un punto di vista politico, noi abbiamo fatto quel che era necessario perché venissero arrestati», ma «l’ultima cosa è che la giustizia ovviamente è indipendente e sovrana». L’Italia ha accolto la sentenza con disappunto, ma ha confermato i buoni rapporti con la Francia. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha infatti preso atto della decisione della Cassazione francese «che in piena autonomia ha deciso» e ha aggiunto che «l’Italia ha fatto tutto quanto in suo potere, perché fosse rimosso l’ostacolo politico che per decenni ha impedito alla magistratura francese di valutare le nostre richieste». Ha poi ringraziato il suo omologo francese per «per essere stato al fianco dell’Italia» e ha aggiunto che, avendo vissuto da pm gli anni di piombo, «il mio primo commosso pensiero non può che essere rivolto a tutte le vittime e ai loro familiari». Il governo italiano ha dunque ribadito la cooperazione giudiziaria con la Francia, tuttavia non sono mancati i malumori, in particolare da parte del vicepremier Matteo Salvini, il quale si è spinto a dire che i francesi «respingono i bambini immigrati alle frontiere ma coccolano gli assassini brigatisti». Dopo la sentenza è intervenuto anche il giornalista Mario Calabresi, secondo cui «vedere andare in carcere queste persone dopo decenni non ha per noi più senso». Tuttavia, ha definito «ipocrita» la motivazione, secondo cui l’estradizione avrebbe provocato un danno sproporzionato al diritto ad una vita privata e familiare. «Pensate al danno sproporzionato che loro hanno fatto uccidendo dei mariti e padri di famiglia». Se la sentenza mette fine alla questione, rimane invece aperto il dibattito sulla attendibilità dei processi in contumacia, quanto il tempo trascorso possa influire sulla pretesa punitiva di uno stato e soprattutto se ci siano margini per un percorso di giustizia riparativa, che possa aiutare a chiudere le ferite ancora aperte. ItaliaFrancia e Italia si puliscono la coscienza sugli ex terroristiGiulia Merlo© Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediGiulia Merlo Mi occupo di giustizia e di politica. Vengo dal quotidiano il Dubbio, ho lavorato alla Stampa.it e al Fatto Quotidiano. Prima ho fatto l’avvocato.

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