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Sulle armi all’Ucraina arrivano le prime defezioni: Petrocelli del M5s si sganciaIl Csm deve avere ben presente che gli uffici di frontiera (in senso funzionale e non solo geografico) sono presidi di legalità soltanto se messi nelle condizioni di poter funzionare senza pretendere dai magistrati che vi prestano servizio continue ed improprie supplenze alle carenze strutturali di mezzi e risorse. Il prossimo 18 settembre la magistratura italiana sarà chiamata a rinnovare il CSM potendo scegliere,VOL questa volta, tra più di ottanta magistrati (tra questi i candidati di Unità per la Costituzione che si propongono dopo una fase costituente che ha riscritto completamente lo statuto e le regole del gruppo). Si tratta di un numero di candidature straordinario per il recente passato che è già di per se segno della volontà di riscatto dall’immagine deformata della magistratura restituita da quest’ultimo periodo storico. Importanti e complesse saranno, pertanto, le sfide che il nuovo CSM sarà chiamato ad affrontare, il cui esito si rifletterà nel modo in cui verrà resa Giustizia al paese: prime, fra le altre, l’individuazione ed il superamento delle cause da cui hanno avuto origine le degenerazioni rivelatesi dopo il 2019, nonché il raggiungimento degli obiettivi del PNRR con l’attuazione della riforma Cartabia. Il Pnrr Il PNRR impone obiettivi di smaltimento nazionali ambiziosi (che si associano all’introduzione dei cd. “risultati attesi” nella riforma Cartabia), ma omette di confrontarsi con la necessità di ridurre l’enorme domanda di giustizia proveniente dal paese muovendo dal presupposto che la magistratura italiana possa fronteggiare un numero indefinito di affari garantendo la necessaria qualità e ponderazione della decisione per il cittadino. Appare, quindi, indispensabile che il nuovo CSM agisca nella prospettiva di salvaguardare il ruolo del giudice da derive meramente efficientistiche concludendo il lavoro avviato sulla “pesatura” dei fascicoli (non tutti gli affari richiedono il medesimo impegno) e sui conseguenti carichi sostenibili (intesi come il limite massimo degli affari che possono essere gestiti dal magistrato in rapporto alla loro complessità). Il perseguimento dei risultati del PNRR a livello nazionale non deve poi far dimenticare che - in larghe parti del paese - la sovranità dello Stato italiano è continuamente posta in discussione dalle organizzazioni mafiose che si alimentano anche delle inefficienze del sistema giudiziario. In questi mesi di campagna elettorale – da candidato al CSM per il collegio 2 PM (in servizio presso al DDA di Catania) - ho avuto il privilegio di visitare molti c.d. piccoli uffici nei quali una magistratura coraggiosa cerca di difendere lo stato di diritto dalle scorciatoie spregiudicate offerte dalle associazioni criminali. Si tratta di uffici che costituiscono un punto di vista privilegiato per comprendere - ancor di più - come il processo civile e quello penale siano due lati di una stessa medaglia: una giustizia civile rapida ed efficiente è in grado di contrastare parte della devianza poi oggetto di indagine nel settore penale (si pensi a come i c.d. “recuperi crediti” gestiti dalle organizzazioni criminali scaturiscano anche dalla difficoltà di trovare veloce soddisfazione nelle controversie civili o come parte delle conflittualità penali affondino le radici nella mancata risoluzione di contenziosi di natura civile). Gli uffici di frontiera Orbene il nuovo CSM - anche nel contesto del PNRR - deve avere ben presente che gli uffici di frontiera (in senso funzionale e non solo geografico) sono presidi di legalità soltanto se messi nelle condizioni di poter funzionare senza pretendere dai magistrati che vi prestano servizio continue ed improprie supplenze alle carenze strutturali di mezzi e risorse. L’attuazione della riforma e la risoluzione delle problematiche connesse alla degenerazione del sistema delle nomine sono, invece, legate alle idee di gerarchia e carriera precipitate all’interno della magistratura dopo le riforme del 2006: il nuovo CSM potrà e dovrà fare molto per recuperare, al contrario, la convinzione che i magistrati si distinguono soltanto per funzione. Gli interventi più importanti andranno, in questo senso, concepiti proprio negli uffici di Procura nei quali l’ulteriore riduzione dell’osmosi tra funzioni requirenti e funzioni giudicanti appare del tutto contraria all’esigenza di mantenere il PM all’interno della giurisdizione. Appare, quindi, indispensabile intervenire nuovamente sulla circolare delle Procure assicurando un controllo effettivo del CSM (che non può essere relegato al momento della conferma del dirigente) sui momenti centrali dell’organizzazione degli uffici requirenti ovvero sui criteri di assegnazione degli affari, sulle successive eventuali coassegnazioni e sul mantenimento dell’effettiva distinzione tra il visto di conoscenza (come quello sulle intercettazioni) e l’assenso obbligatorio. Il modo in cui la magistratura affronterà le sfide dei prossimi anni ci dirà se - dopo la caduta – c’è ancora spazio per recuperare credibilità e autorevolezza: non servono eroi, quanto la voglia e la forza di crederci ancora. “Non si nasconde fuori dal mondo chi lo salva e non lo sa. E’ uno come noi, non dei migliori” (E. Montale). © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediMarco Bisogni
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