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Sea Watch, Salvini: "Non identifichiamo più i migranti"Il cardinale Matteo Zuppi con Emanuela Vinai (servizio Cei per la protezione dei minori) durante la conferenza stampa di oggi - Cristian Gennari COMMENTA E CONDIVIDI La lotta agli abusi in ambito ecclesiastico non conosce quartiere. E neanche si ferma davanti al passar del tempo. In sostanza,analisi tecnica per questa piaga «la prescrizione nella Chiesa non c’è», come ha detto ieri il cardinale Matteo Zuppi con una immagine suggestiva. E quindi tutti i casi di abusi segnalati, anche quelli risalenti a qualche anno fa, verranno presi in considerazione. Senza insabbiamenti di alcun tipo. L’arcivescovo di Bologna e presidente della Cei ne ha parlato durante lo scambio di domande e risposte con i giornalisti, al termine dell’Assemblea generale dei vescovi, tenutasi in questi giorni a Santa Maria degli Angeli (Assisi). QUI IL COMUNICATO FINALECommentando i dati della seconda Rilevazione sulla rete territoriale per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili (del report parliamo più specificamente a parte), il presidente della Cei ha sottolineato: «La piaga c’è, perché il peccato delle persone fa parte della vita. Quello che è importante è che si riesca prevenire e a identificare gli abusi, i loro colpevoli e le eventuali complicità. Mi sembra che lo sforzo della Chiesa è tutto in questo senso e continuiamo con fermezza. Siamo i primi ad essere interessati - ha sottolineato il porporato - per trovare i meccanismi giusti affinché il peccato (che talvolta diventa anche reato e quando succede deve essere immediatamente perseguito in piena collaborazione con le autorità civili) sia circoscritto». Insomma, se pure malauguratamente avviene, deve essere fatto tutto il possibile perché il comportamento peccaminoso e delittuoso non si ripeta.Quanto alla eventualità di insabbiamenti, specie da parte di vescovi e superiori religiosi, il cardinale Zuppi ha detto: «Le regole della Santa Sede sono chiare, se c’è una segnalazione in questo senso, va subito girata a competente Dicastero vaticano, cui spetta il compito di fare le verifiche. Ma oggi il rischio è semmai quello opposto e cioè che per prudenza si avviino procedimenti giuridici anche solo per accertare i fatti».Nel corso della conferenza stampa sono stati presentati tutti i dati del report, che segnalano una estensione delle attività di prevenzione e informazione, con quasi 23mila persone coinvolte in tutta Italia in questa rete di sicurezza, ma anche una diminuzione delle segnalazioni rispetto al primo rapporto.Nel 2022 quindi i casi segnalati sono stati 32, con 54 presunte vittime e 32 presunti abusatori. Resa nota anche l’età delle presunte vittime: due da zero a 4 anni, 4 tra i 5 e 9 anni, altrettanti tra i 10 e 14 anni, 25 tra i 15 e 18 anni e 19 maggiorenni (adulti vulnerabili). 44 sono femmine e 10 maschi.Secondo Emanuela Vinai, coordinatrice del Servizio nazionale Cei per la tutela dei minori, nel corso dei colloqui sono arrivate anche segnalazioni di casi al di fuori dell’ambito ecclesiale. In ogni caso la decisione di segnalare o non segnalare, «è sempre strettamente personale», ha detto la coordinatrice, riferendosi anche alla circostanza che alcuni preferiscono rivolgersi alle autorità civili. «Quando riceviamo una segnalazione - ha aggiunto il cardinale Zuppi - l’invito che viene fatto in tutti i centri di ascolto è di andare anche alle autorità civili». Ma non sono pochi i casi in cui questa volontà manca, perché non ci si sente pronti psicologicamente.Una domanda ha riguardato anche i 613 fascicoli di casi depositati presso la Congregazione per la dottrina della Fede, dal 2000 a oggi. Lo studio e la collaborazione con il Dicastero della Santa Sede continua, ha detto il sottosegretario della Cei, monsignor Gianluca Marchetti. «Tra qualche mese saremo in grado di rendere noti i primi risultati». In ogni caso, ha precisato il cardinale Zuppi, «coloro che li stanno studiando sono professionisti seri e non addomesticati».Per quanto riguarda gli altri temi, ribadita la preoccupazione dei vescovi per la crescente povertà in Italia, con una fascia di popolazione sempre più a rischio di scendere sotto la soglia dell’impoverimento, si è parlato anche delle precettazioni di questi giorni. «È difficile rispondere a questa domanda - ha detto il porporato -: c’è un diritto che va difeso, ma c’è anche una limitazione del diritto che va difesa. Non voglio fare Pilato - ha proseguito Zuppi -. Se dovessi pensare a quello che abbiamo auspicato rispetto alla Costituzione, ma anche più generale, forse ci vuole più incontro, più dialogo, anche nello scontro politico ci vuole una dialettica, che deve riguardare le sfide presenti». «Ho l’impressione che su questo siamo ancora un po’ lontani», ha concluso sul punto.Una domanda ha toccato anche la sua missione di pace per l’Ucraina. «Si farà tutto quello che serve - ha risposto il cardinale -. Continua l’impegno per i bambini per altre questioni umanitarie». Ma a tal proposito il presidente della Cei ha voluto ribadire una precisazione già fatta in precedenti occasioni. La sua non era una mediazione nel senso che andava in Ucraina e a Mosca (come pure a Washington e a Pechino) «per proporre un piano a, b o c del Papa. «L’idea di Francesco - ha detto - è quella di non abituarsi alla guerra. E di aiutare. C’è già attività di solidarietà. A Kiev ho visitato un centro di Sant’Egidio che fa cose molto belle». Intanto, ha aggiunto, «i contatti con le autorità da una parte e dall’altra continuano. Sempre in piena collaborazione con le nunziature e la Segreteria Stato. Per la Chiesa - ha assicurato Zuppi - non c’è nessuna distrazione che possa derivare da altre situazioni di guerra come ad esempio le operazioni belliche a Gaza. I riflettori sulle singole guerre restano tutti accesi, come per il Sud Sudan o il Nagorno Karabakh».Infine per quanto riguarda la nuova Ratio per i seminari, argomento principale dell’Assemblea dei vescovi conclusa ieri, «c’è stata un’importante discussione e ora la parola passa al Dicastero della Santa Sede per il Clero, che dovrà dare l’approvazione definitiva al testo emendato nei lavori assembleari», ha concluso il cardinale. Sottolineando come i giorni trascorsi tra Santa Maria degli Angeli e Assisi siano stati utili per riflettere sulla formazione dei futuri sacerdoti. Tema che sta a cuore a tutti i vescovi.
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