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Travolta e uccisa da un camion: morta una donnaIn fila fuori della mensa Caritas della Stazione Termini di Roma - Francesca Pascale COMMENTA E CONDIVIDI Le emergenze si sommano e si stratificano: c’è quella di chi povero era già,trading a breve termine costretto a chiedere aiuto quotidianamente per tirare avanti. C’è chi non ha niente, e vive sulla strada, chi ha perso il lavoro. Ma adesso ci sono, sempre più spesso e nel numero record che registrano le statistiche, anche sempre più migranti che non riescono a entrare nel circuito della buona accoglienza, e le prime “vittime” della decisione di cambiare (o meglio di togliere) il reddito di cittadinanza. Continua il viaggio di “Avvenire” lungo lo Stivale, nel cuore d’agosto, per capire come sarà il prossimo autunno. Dopo il Nord, con le sue contraddizioni e (l’inaspettato) record di persone aiutate nel 2022, è il Centro Italia, col 27% della popolazione costretta a rivolgersi alla Caritas, a mostrare la sua fragilità. Il cui epicentro, manco a dirlo, è la Capitale: una città che da anni soffre di una pesante crisi sociale, resa più grave dall’urto della pandemia. Soprattutto, una città che fatica più di altre a rialzarsi: troppi i romani poveri, sottopagati, soli, sempre più anziani, uno su sette a rischio povertà, e quasi la metà soli. Quasi il 30% delle persone è accompagnato in un percorso di sostegno da più di cinque anni (con un’età media di 46 anni, più donne che uomini): la povertà, insomma, in alcuni casi arriva da lontano. Ma quest’anno c’è da fare i conti con la guerra, con l’inflazione, con l’incertezza. E le risposte di solidarietà continuano ad arrivare solo dalla Chiesa, dal Terzo settore e dal mondo del volontariato.(Igor Traboni) Anche tutte le strade dell’emergenza portano a Roma e dietro l’angolo ne spunta sempre un’altra: ai senzatetto, ai nuovi poveri, a quelli che nella capitale chiamano “barboni”, in questi giorni si stanno aggiungendo i minori non accompagnati e, da qui all’autunno, quando si sentiranno a pieno gli effetti del venir meno del reddito di cittadinanza e molti non troveranno più ristoro nei lavori stagionali del turismo, si prevede un’esplosione della “miseria”, altro termine che per i romani dà l’esatta dimensione dell’allarme sociale. Già adesso i numeri sono impietosi, come riassume Alberto Colaiacomo, responsabile area studi e comunicazione della Caritas di Roma: «Nelle tre mense si è arrivati a servire oltre 1.000 pasti al giorno, rispetto ad una media di 700-750, con un aumento consistente dei rifugiati e dei minori non accompagnati, soprattutto sudanesi: Questura e Comune ne assegnano alle strutture Caritas, per cibo e vestiario, 15-20 in più al giorno. Ma la risposta non può essere solo emergenziale e la Caritas quest’anno ha avviato due nuove esperienze: una vacanza in Abruzzo per gli ospiti più giovani dell’ostello per senzatetto di via Marsala, mentre gli ospiti anziani di Casa Santa Giacinta fino ad ottobre soggiorneranno negli spazi più ampi e attrezzati di un vecchio albergo. Il tutto grazie anche al grande cuore dei volontari romani, con i giovani in prima fila: un po’ assenti nelle prime due settimane di agosto perché a Lisbona per la Gmg, poi sono tornati più carichi di prima. E stanno coinvolgendo anche altri coetanei».Ecco, l’estate solidale a Roma ha anche il volto di questi giovani, compresi quelli di famiglie in difficoltà «ma alla Gmg sono andati lo stesso, perché li abbiamo aiutati con varie iniziative, raccolte fondi e benefiche» racconta don Romano De Angelis, parroco di San Luca, 25mila fedeli nella zona del Prenestino-Labicano, classico rione di quello che una volta era il ceto medio «e oggi invece – rimarca don Romano – ci sono tanti anziani e allora l’emergenza estiva è rappresentata soprattutto dalla solitudine. Facciamo quello che possiamo, ad esempio con l’iniziativa “quartieri solidali” per far loro compagnia, ma ora ci rendiamo conto che molti non ce la fanno più neppure ad acquistare i medicinali, e allora stiamo pensando anche di far qualcosa in questo senso».Ma il volto emergenziale di Roma è sempre quello delle file di chi non ha da mangiare, come quelle alla mensa di via Astalli, in pieno centro, opera dei Gesuiti rivolta soprattutto a richiedenti asilo e rifugiati. Padre Camillo Ripamonti, che ne è il responsabile, ha gli ultimi dati, niente affatto freddi: «Il giorno di ferragosto di solito serviamo 120/130 pasti, ma quest’anno il doppio. E per tutto il mese l’aumento costante è stato del 30-40%. Sono soprattutto ucraini, ma anche somali, respinti da altri Paesi e che così tornano in Italia. La memoria storica ci dice che siamo ai livelli pre-pandemia e che l’emergenza è dunque anche un fenomeno strutturale. Rispondiamo con i nostri operatori e con tanti volontari, compresi i giovani: quest’anno ad esempio abbiamo avuto dei ragazzi di Malta che ci hanno chiesto di poter stare in mensa».Situazioni emergenziali che ogni giorno affrontano operatori e volontari della Comunità di Sant’Egidio, con una rete di accoglienza per i senzatetto (oramai non solo in inverno) e per i centri di distribuzione dei pasti, ora ben 28 rispetto ai 3 iniziali. «Vediamo molti volti nuovi – racconta Augusto D’Angelo, uno dei responsabili delle mense e delle cene itineranti – e tante persone, già sull’orlo del baratro, che ora rischiano di precipitare per vari motivi: la sospensione del reddito di cittadinanza, l’impossibilità a trovare lavoro per età o salute precaria, i lavori spesso temporanei, come nei cantieri edili che però ad agosto chiudono. L’autunno? E’ facile prevedere che la situazione si farà più grave, come una nuova ondata ciclica di quelle che ci sono già state. Però è confortante constatare come diverse famiglie che abbiamo aiutato, ad esempio nella pandemia, ora che si sono riprese le ritroviamo ad aiutare gli altri, nel solco dell’insegnamento di papa Francesco che non ci si salva da soli, che siamo tutti sulla stessa barca, ma che dobbiamo metterci ai remi. E io tutto sommato ho questa speranza».Un altro punto di osservazione purtroppo “privilegiato” è quello del Banco Alimentare: 58mila persone aiutate a Roma, 110mila in tutto il Lazio, con bisogni crescenti e di volta in volta con nuove emergenze, come dicevamo all’inizio e come riassume il direttore Giuliano Visconti: «Nei mesi scorsi abbiamo avuto quella energetica, con un’impennata nelle richieste di aiuti per pagare le bollette. Adesso temiamo quella legata all’inflazione, che forse ancora non si sente perché la nostra utenza è quella delle famiglie che fanno spesa al discount, dove certi prodotti primari non sono aumentati di molto. Ma dalla nostra rete associativa e dalle parrocchie arrivano forti preoccupazioni per l’autunno e temiamo l’arrivo dell’onda lunga di tanti nuovi poveri per novembre-dicembre. Però già adesso molti Comuni non sanno come fare con le nuove misure, dopo l’esaurimento del reddito di cittadinanza. Basti pensare che a Roma il tutto è stato dato in gestione alle Poste, mentre il Comune neppure sa quanti sono i beneficiari».E se Roma piange, il resto del Lazio di certo non ride, come tratteggia Angelo Raponi, della Caritas regionale: «Adesso ci troviamo davanti alla nuova emergenza migranti, tanto più da quando anche Civitavecchia è stato individuato come porto di arrivo, ma le nostre Caritas e le varie strutture ecclesiali non hanno più risposte da dare rispetto alle continue richieste delle Prefetture; abbiamo già messo a disposizione tutto quello che avevamo, soprattutto secondo il nostro modello di accoglienza diffusa. E poi ci sono le povertà di sempre e situazioni di disagio che stanno riemergendo. Penso ad esempio all’accesso alle cure: quello della sanità a pezzi in tutto il Lazio è già un problema, ma in autunno rischia di esplodere».

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