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“The Bear” è la serie tv sulla moda che non voleva esserlo - Il PostCOMMENTA E CONDIVIDI Lo spopolamento delle montagne non è un sentiero obbligato. Con l’ostinazione che solo l’abitudine alle alte quote sa dare (ma anche con la fantasia),trading a breve termine capita invece di imbattersi in storie di speciale imprenditoria che smontano la tesi di territori alpini visti solo come ambiti che mettono alla prova le nostre capacità. E colpisce ancor di più quando sono in prevalenza storie di donne. È quel che accade nella zona del Parco dello Stelvio, nelle Valli di Sole, di Rabbi e di Pejo. Proprio in quest’ultima, a esempio, ai piedi del monte Vioz ci si imbatte in Olga Casanova e nel suo spicchio di terra, oasi di coltivazioni di stelle alpine, arnica, timo, calendula, menta e tante altre erbe. «Dio ci ha donato tutto quel che serve per curarci», dice Olga che 10 anni fa, dopo aver lavorato per 17 anni come estetista a contatto con sostanze chimiche, insieme al marito agronomo (e rinnovando gli insegnamenti del nonno erborista) ha creato un’azienda bio-certificata che oggi è - grazie anche all’e-commerce - una piccola eccellenza nel campo delle erbe curative e nel loro uso nel campo della cosmesi naturale. Da quest’anno, oltre alla vendita classica, ha affiancato un’iniziativa didattica: un percorso a piedi nudi che punta a far ritrovare il benessere tramite il contatto diretto con le piante e l’automassaggio della pianta dei piedi. «Il Trentino valorizza l'imprenditoria femminile - ci racconta -. Il mio pensiero era creare qualcosa che valorizzasse le sinergie fra turismo e agricoltura. Ci sono riuscita».Buone pratiche da tenere come esempi. «La vocazione turistica delle nostre valli – spiega Fabio Sacco, direttore della locale Apt turistica – può diventare un veicolo di diffusione di queste pratiche. La gente viene qui, anche dalle città, e scopre che soluzioni alternative si possono sempre creare. Al tempo stesso, queste esperienze create da donne geniali e caparbie possono convogliare il turismo montano verso una maggior sostenibilità ambientale». Se le erbe sono un prodotto classico per queste zone, del tutto originale è l’attività con gli asini impiantata da Alessia ed Elisabetta Tomazzoli, 45 e 40 anni, geometra la prima, sociologa la seconda. “Ritmo d’Asino” si chiama l’impresa a Caldes che organizza trekking e laboratori per adulti e bambini con questi animali. Al centro ci sono 4 esemplari sardi, finiti all’asta a marzo 2020 dopo essere stati posti sotto sequestro in Emilia-Romagna perché subivano maltrattamenti. «Quando li abbiamo portati qui non si facevano neppure avvicinare, avevano paura», raccontano oggi. Le due sorelle si sono rivolte al ranch Margherita, a Cavriglia (Arezzo), un centro di rivalutazione di asini e muli: è qui che hanno preso il patentino di tecnico di primo livello nell'attività con gli asini, qualifica riconosciuta dal Coni. E la loro attività ha potuto avere inizio, con trekking per i piccini a… dorso d’asino. E già ci sono altri progetti: «Per ora non siamo abilitate fare interventi assistiti – spiegano Alessia ed Elisabetta -, anche se già adesso alle nostre attività partecipano persone diversamente abili. Ma il nostro sogno è di lavorare con le associazioni e, quando la pandemia lo permetterà, con le case di riposo».Tutta da raccontare è poi la storia, proveniente dal paese di Commezzadura, della doula, termine che deriva dal greco e indica la persona che si prende cura delle neo-mamme e del loro bimbo. È la storia di Eva Nieminski, 36 anni, che tre anni fa, piuttosto che cercare lavoro lontano dalla valle, ha intrapreso questa strada professionale. «Per me è il lavoro ideale – racconta -. Mi permette infatti di seguire il mio desiderio di aiutare gli altri rimanendo vicino alla mia famiglia. Questo approccio insegna alle persone che chiedere aiuto non è una vergogna, aprirsi all’altro anzi è un atto di forza». Nel concreto, Eva organizza incontri con le coppie in gravidanza e poi nei primi mesi post-parto, a base di massaggi neo-natali, ginnastica in acqua, corsi di yoga e altre attività. E ancora – incredibile a dirsi – in montagna si può fare anche cultura, ricorrendo alle caratteristiche specifiche del territorio. È il caso del MMape, il museo dell’ape di Croviana, struttura realizzata dal Comune e dalla Fondazione Mach grazie a fondi Ue, che è stata "presa in mano" e valorizzata da Anna Benedetti, 33enne di Dimaro. I promotori hanno anche creato un’associazione di promozione sociale per coinvolgere altri giovani della valle. «Nonostante le attuali difficoltà dovute al Covid – dice Anna –, credo che qui in montagna ci siano margini per fare impresa con la cultura». Con percorsi certo più impegnativi, ma anche con la convinzione - come sempre in montagna - che "arrivare in cima" si può.
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