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Estesa l'allerta canicola: previste temperature fino a 35 gradiÈ un dato di fatto. Sociologicamente parlando la finale di un mondiale di calcio è polarizzante. O ti interessa o non ti interessa,analisi tecnica ma alla fine sono pochi – davvero pochi – quelli a cui non interessa. Anche i non appassionati è probabile che ricordino perfettamente dove erano (e con chi erano) nei grandi momenti collettivi che hanno riguardato la nazionale. Pensateci mentre leggete queste righe. In base alla vostra età sarete in grado di ricordare dove eravate l’11 luglio del 2021, quando abbiamo vinto gli Europei a Wembley o il 9 luglio del 2006, quando abbiamo trionfato al mondiale in Germania e anche il 17 luglio del 1994, la sera in cui sfiorammo il cielo con un dito ma - alla fine - in cielo ci finirono soltanto i rigori di Franco Baresi e Roberto Baggio. Sono passati esattamente trent’anni dalla finale di Usa 94, dalla notte di Pasadena.Italia 1994È un'estate bollente, quella. Nella classifica dei libri più venduti ci sono Susanna Tamaro con Va’ dove ti porta il cuore e Francesco Alberoni con il didascalico e benaugurate L’ottimismo. Sui giornali si parla del nuovo film di Gabriele Salvatores, Nirvana, e si dice che sarà ambientato nel futuro (nel 2001). Al Festivalbar risuonano le note di Serenata Rap e The Rhythm of the night. Silvio Berlusconi è sceso in campo da pochi mesi ed è già al governo; l’Italia e la politica stanno cambiando alla velocità della luce e intanto Bettino Craxi vola ad Hammamet con un biglietto di sola andata.Nel giorno della semifinale Italia-Bulgaria (qualcuno dirà per approfittare di una distrazione di massa) il parlamento approva il decreto Biondi che impedisce di mettere in carcere preventivamente chi commette reati di corruzione. Siamo in piena Tangentopoli e un simile decreto cambia totalmente le regole del gioco. Questa è la foto dell’Italia durante i mondiali d'America anzi i mondiali Usa, l’unico posto del mondo dove il calcio non si può chiamare football perché tutti penserebbero a un altro sport. Si chiama invece soccer. Negli States fa un caldo infernale, ma si gioca a soccer all’ora di pranzo per consentire le dirette in prima serata in Europa. Qualcuno parlerà di pazzia, qualcun altro di showbiz.Verso la finaleL’Italia ha in squadra il Pallone d’oro in carica, Roberto Baggio. Tutti si aspettano tanto da quella nazionale, nello specifico: risultati e bel gioco. Ma i risultati non arrivano e pure la parte estetica lascia a desiderare. Nella fase a gironi ci salviamo per il proverbiale e abusato rotto della cuffia, venendo ripescati tra le migliori terze. Durante gli ottavi di finale – contro la Nigeria - le cose non vanno meglio. A due minuti dalla fine siamo fuori, ma poi (finalmente) arriva Baggio che con una doppietta cambia il suo e il nostro mondiale. Da quel momento sembra tutto facile. Battiamo la Spagna (decisivo ancora Baggio) e poi la Bulgaria (doppietta di Baggio). Siamo in finale. Contro il Brasile. In palio c’è - per entrambe le formazioni - la conquista del quarto titolo iridato. Chi vince entra nella storia.Brasile-ItaliaDi quella finale, trent'anni dopo, tutti ricordiamo una cosa sola. L’atto conclusivo. L’ultimo pallone toccato. Insomma, il rigore sbagliato da Baggio. E poi le sue mani sui fianchi e il capo chino. In pochi, quasi nessuno, ricordano invece la partita monumentale di Baresi (Bruno Pizzul in telecronaca lo definì una roccia) rientrato dopo un menisco operato in fretta e furia, il sacrificio dello stesso Baggio con un ginocchio a pezzi e in dubbio fino all’ultimo secondo, le parate e la mezza papera di Gianluca Pagliuca con conseguente bacio al palo, il caldo torrido. La partita è tirata ed equilibrata. L'Italia decide di aspettare il Brasile (e forse non può fare diversamente) che però non è mai davvero pericoloso. Riguardandole oggi le immagini di quella partita sembra chiaro da subito che non poteva esserci una fine diversa dai calci di rigore. Ma col senno di poi è facile e siamo tutti critici impeccabili.Come finisce la partita a questo punto lo sappiamo tutti. Baggio tira sopra la traversa l'ultimo rigore, il Brasile trionfa, festeggia, alza la coppa, dedica la vittoria ad Ayrton Senna scomparso due mesi prima durante il Gran premio di San Marino. Una carezza al cuore, almeno quel momento.
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