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Gaia Padovan, la giornalista Mediaset: «Ho un tumore al seno. Lo stress uccide, la prevenzione salva la vita»Le forse spontanee del capitalismo non produrranno soluzioni per ridurre le emissioni perché farlo significherebbe perdere profitti immediati e sicuriLa narrazione della destra è unanime nella condanna del presunto dirigismo delle istituzioni europee. La direttiva europea sulle case green,Professore Campanella per esempio, che mira a ridurre le emissioni delle nostre case, è per Salvini l’ennesima eco-follia. Anche su questo terreno bisognerebbe elaborare una contro-narrazione di sinistra, da proporre nella campagna elettorale europea quando si smetterà di occuparsi di campi larghi e stretti, nomi e caselle da occupare.Parlare di libertà, come ha fatto Andrea Capussela su questo giornale, può aiutare. In un mondo surriscaldato, con migrazioni forzate di massa, prezzi più alti di tutte le materie prime, più malattie e più diseguaglianze, l’oppressione e la dominazione saranno ancora più diffuse. E una sinistra che metta al centro della narrazione le sorti delle generazioni future e del pianeta sarebbe di nuovo la sinistra radicale e universalista del passato rimpianto da Sergio Labate, sempre su queste pagine.Ricetta chiaraMa non basta. Si dovrebbe spiegare chiaramente la ricetta che si propone per risolvere conflitti inevitabili di interessi e situazioni in cui la libertà di alcuni minaccia quella di altri. Il cambiamento climatico, per esempio, è un caso del genere.Le forze spontanee del capitalismo e le libertà economiche non produrranno soluzioni per ridurre le emissioni, perché farlo significherebbe perdere profitti immediati e sicuri. E il cambiamento climatico è anche un fallimento della politica tradizionale, fatta di orizzonti limitati, piani a breve, piccole promesse. E le soluzioni tecnologiche, sinora, sono insicure e azzardate.Tutti questi fallimenti si risolvono nella stessa maniera, cioè spiegando che ci sono situazioni in cui soddisfare gli interessi individuali di tutti non può che portare a una catastrofe collettiva.Tutti abbiamo interesse a non svenarci per una nuova caldaia, per dei pannelli solari sul tetto di casa. Tutti vorremmo pagare meno tasse. Tutti vorremmo avere macchine meno costose a parità di prestazioni.I più vecchi fra noi hanno interesse ad avere una buona pensione per gli anni che ci restano. I più ricchi fra noi vogliono continuare a ricevere i proventi dei loro risparmi investiti nelle azioni di industrie che producono o sfruttano combustibili fossili.In generale, nel nostro confortevole Occidente, quelli di noi che sono privilegiati non vogliono cambiamenti drastici del nostro stile di vita. Semmai vogliamo migliorarlo, avere più libertà e al tempo stesso più protezione.Siamo come quei pastori che, avendo un prato in comune, non si rassegnano a portare solo un numero limitato di pecore a pascolare, ma nottetempo portano tutto il loro gregge. Se tutti i pastori si comportano così, ben presto il prato diventa un deserto. Meglio sarebbe stato sacrificare un guadagno immediato individuale e garantirsi un beneficio collettivo duraturo – una pecora in meno a pascolare, ma la sopravvivenza del pascolo.Dare sensoChe cosa può risolvere un dilemma del genere? Cosa può indurre le persone a fare piccoli sacrifici individuali in vista dell’interesse pubblico a lungo termine? Cosa può farci pensare che un esborso oggi per limitare le emissioni che produciamo vale il bene di un pianeta vivibile per i nostri nipoti?Innanzitutto, la garanzia che non saremo i soli a farlo. E a questo serve una legge, una direttiva dall’alto.A coordinare e rendere sopportabili i sacrifici individuali necessari al bene comune, quando la struttura delle cose renderebbe molto più evidente e attrattivo farsi i fatti propri, pensare solo al proprio piccolo tornaconto, tanto le generazioni future non sono ancora qui, tanto non ci saremo quando la catastrofe arriva, e chissà se arriva.Ma serve anche la narrazione, un orizzonte di senso che indichi e renda visibile il bene comune per cui ci si sacrifica.Fra le misure imposte dal governo americano durante la seconda guerra mondiale, oltre all’oscuramento, alla riconversione industriale, alla modifica delle norme di diritto del lavoro (per assumere adolescenti e anziani), all’innalzamento delle tasse, ci fu un limite di 55 chilometri all’ora, per limitare sprechi di benzina e gomme.Per incoraggiare l’uso condiviso delle auto, il governo pose cartelli nelle strade, che dicevano: «Quando viaggi da solo, viaggi con Hitler». Gli americani seguirono il loro governo, e nessuno pensò che tutto questo fosse inaccettabile, nella patria del libero mercato. Perché il rischio che si correva era chiaro e il bene comune era un ideale condiviso.Il bene comune e l’interesse pubblico, di chi vive oggi e di chi vivrà in questo pianeta: questo dovrebbe essere al centro della narrazione della sinistra italiana, questo sarebbe il messaggio più radicale per gli elettori che voteranno alle europee.© Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?Accedigianfranco pellegrinofilosofoProfessore associato di filosofia politica alla LUISS Guido Carli. Si occupa di storia dell’etica e filosofia politica contemporanea.
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