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Gratta e Vinci: a Torino la vincita più grande dell'annoIn un post il presidente della commissione Cultura rivendica i meriti democratici del Movimento sociale. E nel suo ultimo libro ospita un saggio del genitore,investimenti rautiano di ferroGiura di aver detto quello che ha detto perché è un «garantista», giura di essere «quanto più lontano da ogni forma di nostalgismo, neofascismo ed estremismo ideologico», e lo prendiamo come un buon proposito per il futuro. Federico Mollicone, il deputato FdI, (ancora) presidente della commissione Cultura della Camera, secondo cui le sentenze sulla strage di Bologna e tutta la «spietata strategia eversiva neofascista» – le parole sono di Sergio Mattarella – sono un «teorema», ha scritto su X un post che voleva essere rassicurante.Forse soprattutto per Giorgia Meloni, infastidita dall’amico che si muove come un elefante in una cristalleria su un terreno «scivoloso» (copy Fabio Rampelli). Perché nella vicenda della strage di Bologna (85 morti, 200 feriti, per non dimenticare) si legge in controluce anche una guerra fredda dentro FdI, che ogni tanto diventa calda, non a caso in concomitanza dell’anniversario della bomba: da una parte Meloni e Ignazio La Russa, gli istituzionali, che usano l’escamotage «che le sentenze hanno attribuito a una matrice neofascista», dall’altra Mollicone e l’area dei Gabbiani che contesta apertamente le sentenze. CommentiLa destra italiana non vuole moderarsi. Un vulnus per la democraziaNadia UrbinatipolitologaLo stesso movimento era stato segnalato dai sismografi interni l’anno scorso, quando a un La Russa che, alla prima prova del 2 agosto, aveva ammesso che «va doverosamente ricordata la definitiva verità giudiziaria che ha attribuito alla matrice neofascista la responsabilità della strage», aveva risposto Marcello De Angelis, allora portavoce della regione Lazio, per il quale «con assoluta certezza» la verità giudiziaria è falsa. Era scoppiato il caso pubblico, il caso interno era stato insabbiato.Ora Mollicone di nuovo non resiste, di nuovo disobbedisce alla richiesta di silenzio calata da palazzo Chigi, dove si capisce che più avanti va questa storia, peggio è per tutti; cioè per tutte le sfumature di nero presenti in FdI, dalle reticenti opportuniste alle ardite spericolate. Mollicone su X scrive anche che «se esiste una destra di governo è perché negli anni 70 Msi e Fronte della Gioventù salvarono i ragazzi di destra dall’estremismo e dallo spontaneismo armato». ItaliaLo storico Conti: «La storia che Meloni vuole nascondere, un filo lega stragi e Msi»Daniela PreziosiL’elegia di Almirante L’intenzione si capisce: spacciare il Msi per un partito che si riconosce nella Costituzione. Quel Msi non c’è mai stato, con buona pace di Palazzo Chigi che si sforza di inserire il fondatore Giorgio Almirante, «fascista in democrazia» (autodefinizione), fra i padri della patria. Ieri lo storico Davide Conti ha ricapitolato i fatti che collegano Almirante e Pino Rauti a singole (si fa per dire) vicende stragiste.Ma facciamo come se il doppiopetto di Almirante, quello della finale svolta legalitaria per fallimento dell’ipotesi eversiva, sia stato una costante del Msi. E che la tentazione eversiva sia stata solo dell’ala rautiana e ordinovista. Che è poi, tagliata grossa, la tesi che apre la faglia nascosta fra i fondatori di FdI. ItaliaLe sentenze non sono opinioni, lezioni di diritto per la destraVitalba AzzollinigiuristaIl fatto è che il deputato Mollicone è figlio di un rautiano di ferro, Nazzareno, classe 1939, un signore che «ha collaborato attivamente a tutte le attività del movimento politico e culturale guidata da Pino Rauti nel partito e nel Centro Studi Ordine Nuovo», come recita la quarta del suo L’aquila e la fiamma (2017), un testo che sostiene che «le tesi espresse da Rauti (...) sono ancora oggi un riferimento per comprendere e affrontare concretamente le gravi problematiche nazionali e internazionali attuali».Siamo certi che le “colpe” dei padri non ricadono sui figli, e ancora più certi che il comandamento cristiano di onorare il padre e la madre non preveda attenuanti per differenze politiche con i propri cari. Il fatto è che le tesi del padre al figlio devono piacere, e molto, se nel suo recente libro L’Italia in scena, prefazione di Giorgia Meloni, il figlio ha inserito un saggio del padre «che traccia la continuità tra i posizionamenti storici della Destra e i nuovi “territori di caccia” di FdI». CommentiIl cerchiobottismo centrista sulla strage di BolognaFederico ZuolofilosofoIl problema, che non è un teorema, è che le scommesse sulle intentone sono il contrario del salvataggio dei camerati «dall’estremismo e dallo spontaneismo armato», visto il curriculum rautiano, per non dire del casellario giudiziario. E il problema è che L’Italia in scena è anche il titolo di un disegno di legge: uno scrigno, chissà che perle riserva.Se non si può avere il Mollicone pudico e taciturno che preferisce Meloni, era meglio almeno quello che si scaglia contro Peppa Pig, o che scappa come una lepre dai commessi della Camera con un cartello No-vax in mano, meglio persino quello che dice che «le coppie gay sono illegali». Quello almeno faceva solo sorridere.© Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediDaniela PreziosiCronista politica e poi inviata parlamentare del Manifesto, segue dagli anni Novanta le vicende della politica italiana e della sinistra. È stata conduttrice radiofonica per Radio2, è autrice di documentari, è laureata in Lettere con una tesi sull'editoria femminista degli anni Settanta. Nata a Viterbo, vive a Roma, ha un figlio.
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