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Sarà l’intelligenza artificiale a sostituire i sondaggisti?Quarantotto anni dopo il Roland-Garros di Adriano Panatta,Economista Italiano un tennista italiano ha rivinto un torneo dello Slam. In Australia non era mai accaduto. Jannik era stato il trascinatore anche due mesi fa, a Málaga, nella settimana delle finali di Coppa Davis, pure quella mai più raggiunta dopo il 1976. Sinner il Peccatore ha cancellato il peccato. Ora possiamo consegnare definitivamente il 1976 del tennis italiano agli archivi e ai documentari. Due mesi dopo la Coppa Davis di novembre sollevata a Málaga, a 17mila km di distanza, un’altra lunga attesa è finita stamattina. Con quel nome da tennista francese che porta, Jannik è andato in Australia a prendersi il primo torneo dello Slam della sua carriera, riportando un titolo in Italia dopo 48 anni.Quando Adriano Panatta uscì dallo stadio del Roland-Garros con una coppa sotto al braccio e con le scarpe di tela sporche di terra rossa, il papà di Sinner aveva 12 anni e sua madre 10. L’Alto Adige stava portando gloria allo sport italiano con Gustav Thoeni nello sci (argento olimpico a Innsbruck nello slalom a febbraio) e con Klaus Dibiasi nei tuffi (oro ai Giochi estivi di Montreal nel mese di luglio).È di nuovo un anno olimpico - pure questo - e sei mesi prima delle Olimpiadi di Parigi, l’Australia ha dato di nuovo un bacio sulla fronte a un giovane italiano. Qui Valentino Rossi aveva celebrato nel 1997 il suo primo mondiale su una Aprilia, da diciottenne nella classe 125. Qui il nuoto nel 2000 aveva conquistato i primi ori olimpici della storia con il 23enne Domenico Fioravanti e il 22enne Massimiliano Rosolino. Adesso l’Australia celebra un’altra prima volta. EPAHa 22 anni anche Jannik, e promette di non fermarsi. Nella finale contro il russo Daniil Medvedev ha dovuto rimontare due set di svantaggio, lui che fino alla semifinale non ne aveva mai perduto uno. In tutta la sua carriera aveva ribaltato una partita in questa maniera solo una volta, un anno fa proprio in Australia contro l’ungherese Marton Fucsovics. Ha vinto restando incollato alla partita con la forza dei nervi, con la testa, quando tecnicamente pareva sottomesso, incapace di trovare una prima di servizio decente e costante per impostare la sua partita preferita.Quel che avrebbe dovuto fare, era chiaro a lui ed era chiaro pure a Medvedev. Negli scambi brevi, da uno a quattro colpi, Sinner aveva vinto nei turni precedenti 105 punti in più di quelli persi, Medvedev solo quattro. È negli scambi prolungati oltre i nove tiri che il russo lascia il segno. Più il punto sarebbe stato breve, più avrebbe fatto il gioco di Sinner. Non è andata così. Non in principio di partita. Medvedev si è preso anche gli scambi corti, perché la prima di Sinner non entrava (54 per cento di efficacia). Nel set d’apertura ha segnato appena 5 vincenti, due ace, un passante, due colpi da fondo e basta.La rimonta EPASinner ha avuto la lucidità di ribaltare il copione. Aveva carburante da parte, mentre Medvedev aveva nelle gambe 20 ore e mezza di torneo e tre battaglie superate al quinto set. Ha pagato la stanchezza. Ha sofferto il tifo della folla neutrale, passata dalla parte di Sinner dal terzo set in avanti, per vedere ancora tennis. È uno degli aspetti che il russo continua a soffrire. Jannik ha ritrovato il servizio, e con il servizio tutti gli altri colpi, l’aggressività, la fiducia. È il terzo giocatore negli ultimi cinquant’anni ad aver battuto tre top-cinque al mondo consecutivi, dai quarti di finale in avanti. Gli altri due si chiamano Federer e Djokovic.Dopo quindici anni sotto il segno dei Tre Tenori (Djokovic, Federer, Nadal), la prima finale in Australia senza nessuno di loro in campo è finita a un italiano, un ragazzo che con Carlitos Alcaraz ha aperto la tanto attesa età della NextGen. Lo spagnolo ha twittato un bel messaggio di complimenti, chiamandolo my friend. L’ondata precedente – quella dei Medvedev, degli Tsitsipas, degli Zverev – resta in parte incompiuta, per la quarta volta battuta in una finale nonostante un vantaggio di due set a zero.Sinner ha chiuso la partita con un dritto lungolinea, come contro Djokovic, mentre in tribuna i tifosi baciavano carote. È stata la vittoria della pazienza, della crescita un passo per volta, delle scelte coraggiose: dallo strappo con il coach-padre-putativo Riccardo Piatti fino alla criticatissima decisione di prendersi una pausa prima del torneo di Pechino, saltando le fasi preliminari della Davis. La scalata al numero 4 al mondo è cominciata così. Stavolta Sinner non è rimasto impassibile, come si fa, stavolta si è gettato a terra, col cemento sotto la schiena e il cielo sopra la testa. Le sue parole EPA«Mi congratulo con Daniil. Abbiamo giocato diverse finali contro. Il tuo sforzo è stato eccezionale in questo torneo, corri su tutte le palle, è qualcosa di straordinario. Ti auguro di vincere questo titolo prima o poi. In Europa, dove sono i miei genitori, ci sono adesso 20 gradi sotto lo zero. È molto più divertente correre sotto il sole. Ringrazio il mio team. Sono molto felice di avervi con me, mi capite, non è sempre semplice, ma sono fatto così. Grazie al pubblico, mi avete fatto sentire a casa. Vorrei che tutti i bambini avessero genitori come i miei. Non mi hanno mai messo pressione, nemmeno quando facevo altri sport. Ho sempre potuto scegliere quello che desideravo. Auguro a tutti i bambini di avere la libertà che ho avuto io. Non ho altro da dire. Ci vediamo il prossimo anno». © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediAngelo CarotenutoGiornalista e autore. Si è occupato di politica, sport e cultura pop. Ha scritto tre romanzi: “Dove le strade non hanno nome" (Ad Est dell’Equatore, 2013), “La Grammatica del Bianco" (Rizzoli, 2014) e “Le Canaglie" (Sellerio, 2020); e un saggio: “La musica fa crescere i pomodori" con Peppe Vessicchio (Rizzoli, 2017). Ha scritto e diretto con Malina De Carlo il documentario “C’era una volta Gioann – Cent’anni di Gianni Brera", prodotto da 3D per Sky Arte.
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