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Cancellare il debito dei Paesi poveri? Un modo per riparare un peccatoChiasso«Non sovraccarichiamo un sistema collaudato»Continua a far discutere (e riflettere) l’intenzione del Cantone di mettere a disposizione dei richiedenti l’asilo almeno una cinquantina di appartamenti nel quartiere Soldini – Giorgio Fonio: «Chiediamo il rispetto dei patti»©Chiara Zocchetti Stefano Lippmann31.07.2024 06:00Nel Basso Mendrisiotto non si nasconde una certa preoccupazione al fatto che – oltre ai 350 richiedenti l’asilo ospitati nel Centro federale d’asilo di Pasture (e i 130 posti letto per le situazioni d’emergenza disponibili nel Centro di via Motta 1b a Chiasso) – almeno una cinquantina di appartamenti in un complesso immobiliare del quartiere Soldini di Chiasso possano essere dedicati ai rifugiati. L’indiscrezione,trading a breve termine pubblicata dal CdT, ha immediatamente provocato una levata di scudi, manifestata con due interrogazioni: una a livello comunale e una indirizzata al Consiglio di Stato. Anche a Berna, però, si segue con attenzione l’evolversi della situazione. Lo sa bene Giorgio Fonio, deputato de Il Centro al Consiglio nazionale, membro della Commissione delle Istituzioni politiche; ma pure consigliere comunale a Chiasso. «Il modello chiassese, e direi anche del Mendrisiotto, è sempre stato un esempio di integrazione – premette Fonio –. Nel senso che la nostra regione ha finora dimostrato grande apertura e accoglienza. È ovvio, che aggiungere ulteriori cinquanta appartamenti andrebbe andare a sovraccaricare il sistema creando delle problematiche». Il riferimento è alle problematiche che «potrebbero coinvolgere la popolazione locale, il tessuto sociale ma anche i rifugiati stessi. Pensiamo per esempio – riflette il nostro interlocutore – alle difficoltà con le quali potrebbero essere confrontati il sistema scolastico o i servizi sociali. Tra l’altro – sottolinea – in una regione dove, negli ultimi anni, la Segreteria di Stato della migrazione ha realizzato un Centro federale d’asilo (Pasture, ndr), a seguito del quale – aggiunge – si era promesso ai Comuni la garanzia di non ulteriormente aumentare i posti letto nel distretto».Ad inizio giugno, rispondendo a una sua domanda (nell’ora delle domande) il Consiglio federale aveva specificato che «in accordo con il Cantone e i Comuni interessati, la Confederazione ha sempre avuto due tipi di pianificazione in Ticino: la pianificazione ordinaria con un centro federale per le procedure d’asilo con una capacità di accoglienza di 350 posti e la pianificazione d’emergenza con una capacità di accoglienza di 300 posti». In periodo d’emergenza subentrerebbe, a supporto, il Centro di via Motta 1b a Chiasso di proprietà della Confederazione il quale, è stato ribadito, rimarrà in funzione finché «non sarà concordata una soluzione alternativa con il Canton Ticino».Per Fonio, quanto appena riportato, «è la dimostrazione che qualcosa ora non funziona più, perché nella gestione delle emergenze il Mendrisiotto viene lasciato totalmente solo. La stagione sembra sinora essere tranquilla dal punto di vista degli arrivi, ma non è ancora finita. Ciò non toglie che potenzialmente potremmo ritrovarci a vivere le situazioni dello scorso anno a causa del fatto che il centro di via Motta, contrariamente a quanto promesso, non è stato chiuso perché la Confederazione e il Cantone non hanno trovato una soluzione alternativa a quella chiassese». Anche per Fonio, in sintesi, vale l’accordo sul numero massimo di migranti accolti: «Ai Comuni del Mendrisiotto era stato garantito che il numero massimo di 350 non sarebbe più stato superato. Quello che si chiede è il rispetto dei patti. In questo contesto il Cantone e la Confederazione devono assolutamente fare tutto il possibile affinché questa regione non subisca ulteriori disagi. Anche perché parliamo di un Distretto che fa la propria parte, direi anche molto bene». Rilanciamo, allora, chiedendo se sia così difficile trovare altre ubicazioni. «Non è nuova la difficoltà di trovare alloggi per rifugiati e richiedenti l’asilo. Certamente proporre delle soluzioni abitative in regione che già fanno ampiamente la loro parte non è la via giusta da seguire. È per questo che è importante mantenere un dialogo aperto e trasparente con i Comuni». A livello cantonale il tema riguarda il Dipartimento delle Istituzioni e quello della Sanità e socialità. Nei loro confronti il Consigliere nazionale lancia un messaggio, un auspicio: «È fondamentale ascoltare la voce dei Comuni, che negli anni hanno sempre dimostrato grande collaborazione e disponibilità. Auspico altresì che i funzionari responsabili dei dossier, nel proporre delle soluzioni, non dimentichino le peculiarità, le sensibilità e le difficoltà dei territori nei quali vanno a fare le proposte».
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