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Stop al caporalato? Solo stando uniti. E bando alle ipocrisieAl tavolo del Congresso delle donne di pace del 19154 al'Aja siede anche l'attivista italiana Rosa Genoni (nella foto,VOL la prima a destra). "Tutte per una, una per tutte", recita lo striscione - . COMMENTA E CONDIVIDI «I governi del mondo, sulla base della visione della metà dell’umanità (cioè dei maschi), hanno fallito nel trovare una giusta soluzione su come sistemare le controversie internazionali. Solo quando le donne saranno nei parlamenti di tutte le nazioni, solo quando avranno voce e voto politico, avranno il potere effettivo di esigere che le controversie internazionali siano risolte come dovrebbero essere, attraverso processi di conciliazione». L’attivista infiamma immediatamente la platea col suo orgoglioso discorso sull’esclusione dai tavoli delle trattative delle donne e sulla necessità di una “rivoluzione” al femminile su guerra e pace. Ciò che su queste pagine, nel corso della nostra campagna #donneperlapace, è stato più volte invocato. A parlare, stavolta, è però Aletta Jacobs, olandese, prima donna nel suo Paese a laurearsi in Medicina: davanti a lei, nel Palais de la paix dell’Aja (e più in là, persino nella hall del giardino zoologico tante persone sono arrivate per partecipare all’incontro) quasi duemila donne da tutto il mondo. Fanno parte delle delegazioni ufficiali di tutti i Paesi, in città sono arrivate dopo rocamboleschi viaggi per il primo grande Congresso di pace organizzato dalle donne nella storia. E la data sul calendario segna il 28 aprile del 1915.Il momento è uno dei più complicati della storia: venti di guerra spirano da ogni parte d’Europa e non solo, l’umanità fronteggia i prodromi di quello che sarà il primo, terribile conflitto su scala mondiale. E le donne – che in molti Paesi stanno ancora lottando per il diritto al voto, in altri lo hanno avuto senza tuttavia ottenere un ruolo più incisivo a livello politico se non quello di “influenzare” i colleghi maschi – sono preoccupate. Aletta lo dice senza reticenze, nel discorso d’apertura dei lavori: è stata lei, insieme alla pacifista americana Jane Addams, a volere fortemente un Congresso internazionale e convocarlo in un Paese neutrale, il suo. L’obiettivo è mostrare ai capi di governo (uomini) la necessità di trovarsi a discutere immediatamente su un terreno comune le condizioni del dialogo, prima che la guerra infuri. L’obiettivo è trovare un’altra strada, un modo diverso, «e le donne devono esserci».Per l’Italia, all’Aja, c’è una sola delegata. Si chiama Rosa Genoni, è un’attivista socialista e anche una giornalista, da sempre in prima linea sui temi della pace insieme all’amica Anna Kuliscioff, ma non è (curiosamente purtroppo) il suo impegno politico a connotarne la figura storica: nei ritratti dell’epoca appare sempre ben vestita, con ampi ed eleganti cappelli, e la sua storia è legata molto di più alla passione per la sartoria che l’ha resa una grande stilista, tanto da essere considerata di fatto la madre della moda nostrana e del Made in Italy. Il pacifismo, d’altronde, non se la passerà mai bene in Italia: le dirigenti legate al movimento internazionale nato dopo il Congresso dell’Aia (Women’s International League for Peace and Freedom, meglio noto come Wilpf) saranno per lo più impossibilitate per ragioni economiche o per divieti di polizia a partecipare attivamente alle riunioni internazionali e non prenderanno mai davvero parte al dibattito che vedrà invece coinvolte le altre socie europee e soprattutto le americane.Roberta Biagiarelli, attrice e documentarista da anni attiva nel campo del teatro civile, ha dedicato alla figura di Rosa Genoni e al Congresso internazionale delle donne svolto all’Aja un coinvolgente monologo teatrale dal titolo Figlie dell’epoca, donne di pace in tempo di guerra. «Rosa è una grande icona del femminismo, del pacifismo e dell’assunzione di responsabilità. A colpirmi è stata soprattutto la sua grande modernità di una donna dell’inizio del ‘900 che riuscì a essere protagonista dei suoi tempi coniugando senso estetico a un fattivo senso etico» spiega Biagiarelli, che da anni porta in scena il monologo in Italia e all’estero e il cui lavoro di ricostruzione storica è anche confluito in un libro, grazie al contributo fondamentale di Raffaella Podreider, nipote della Genoni: «Nel mio spettacolo racconto l’immane fatica delle donne che in poco tempo e senza mezzi organizzarono quello storico congresso per la pace e cerco di immedesimarmi proprio nella figura di Rosa, una donna che riuscì a emergere nel mondo della moda pur essendo cresciuta nella povertà e poi si batté per i diritti delle donne e dei più bisognosi» conclude Biagiarelli. «Quando i suoi 7 fratelli disertarono il fronte della Grande guerra lei donò loro trecento lire a testa per farli emigrare in Australia, dove oggi è presente una piccola comunità di discendenti della famiglia».
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