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Veicolo dell’Onu colpito vicino al valico di Rafah, raid sul campo profughi di JabaliyaCOMMENTA E CONDIVIDI «Se non siamo stati il buon samaritano dell’ora giusta – ovvero quello che interviene prima che le cose accadano –,criptovalute possiamo sempre essere i samaritani dell’ora dopo ». Il presidente della Conferenza episcopale campana, Antonio Di Donna, vescovo di Acerra, ricorre a un’immagine mutuata da don Tonino Bello per indicare alla Chiesa campana la strada che è chiamata a percorrere dopo il disastro ambientale che ha colpito l’ex Campania felix nel secolo scorso. Di Donna parla dal palco allestito in un capannone dell’area ex Macrico, un enorme spazio verde situato nel centro di Caserta che la diocesi ha rilevato proprio quest’anno dall’Esercito, con l’obiettivo di restituirlo alla città dopo trent’anni di abbandono. È qui che si svolge il terzo incontro promosso dai vescovi delle diocesi della Terra dei fuochi: Acerra, Aversa, Capua, Caserta, Napoli, Nola, Pompei, Sessa Aurunca, Sorrento- Castellammare di Stabia, Teano-Calvi e Alife-Caiazzo. In platea ci sono anche i presbiteri e i diaconi delle undici diocesi coinvolte nell’iniziativa. Secondo il presidente della Conferenza episcopale campana, anche la Chiesa, al pari delle autorità civili e della società campana tutta, è dunque chiamata a fare autocritica. «La nostra madre terra – dice – è stata colpita dai briganti. C’è chi è passato oltre, come il sacerdote e il levita. Noi ora siamo chiamati a essere il buon samaritano che si prende cura della nostra madre ferita». Come? Secondo Di Donna, attraverso il metodo emerso fin dal primo incontro promosso dai vescovi della Terra dei fuochi e svoltosi il 14 gennaio 2020 a Teano. «La sensibilità e l’educazione alla custodia del Creato – ammonisce il presidente della Cec – devono passare nel vissuto concreto della pastorale ordinaria. Vale a dire nella catechesi e, soprattutto, nella nostra predicazione, che deve necessariamente recuperare una dimensione profetica. C’è il serio rischio, infatti, che questa possa sempre più affievolirsi (nel corso dell’incontro è stato anche presentato un sussidio catechistico sull’educazione alla custodia del creato, ndr) ». Gli incontri annuali dei vescovi campani sono stati preceduti dalla giornata di preghiera di digiuno e preghiera del 29 novembre 2018 «per fermare il maltrattamento della nostra madre terra» – promossa all’epoca dai vescovi di Caserta, Aversa, Acerra e Nola – e intervallata da diverse iniziative messe in campo dalla Conferenza episcopale campana per tenere alto l’allarme sulla salvaguardia dell’ambiente. Tra queste, va ricordato il convegno “Custodire le nostre Terre. Salute, ambiente, lavoro”, svoltosi ad Acerra il 17 aprile dello scorso anno, al quale parteciparono i vescovi delle diocesi italiane in cui insistono i 42 Sin (Siti di interesse nazionale per le bonifiche): vale a dire cave, porti, aree industriali dismesse, in corso di riconversione o ancora in attività, che sono state oggetto in passato di gravi incidenti con rilascio di inquinanti chimici o di smaltimento incontrollato di rifiuti anche pericolosi. In quell’occasione, i prelati campani chiesero che si facesse piena luce sull’eventuale nesso di causalità fra tumori e inquinamento ambientale nella Terra dei fuochi – precedentemente stabilito in uno studio condotto dall’Istituto superiore di sanità per conto della procura di Napoli Nord –, estendendo il monitoraggio epidemiologico su tutti i «territori interessati dall’inquinamento ambientale che ha colpito la nostra terra, non solo quelli di competenza della procura di Napoli Nord».
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