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Ucraina, l'invio delle armi dalla Germania: Scholz spiega il rifiuto sui missili TaurusTurismoCresce in Ticino l’offerta Airbnb,investimenti e gli albergatori non ci stannoNel primo semestre del 2024 il numero di appartamenti e case di vacanza registrati sulla piattaforma cantonale è cresciuto dell’ 11% - Angelo Trotta: «I pernottamenti in questo settore sono in aumento, ma c’è spazio per tutti» - Sonja Frey: «Le regole però non sono le stesse»© CdT / Chiara Zocchetti Francesco PellegrinellieMartina Salvini08.08.2024 06:00Se il turismo alberghiero piange, non si può dire altrettanto per gli appartamenti Airbnb. Dati ufficiali sull’occupazione di queste strutture non esistono. Eppure, il loro numero è in costante crescita. A dirlo sono le cifre, forniteci da Ticino Turismo, sul numero delle case, appartamenti o camere che si sono annunciate sulla piattaforma cantonale degli stabilimenti d’alloggio a uso turistico.Numeri in crescitaAl 5 agosto 2024 erano registrate 4.801 strutture, per un totale di 13.875 letti. Nel primo semestre del 2024, il numero di strutture che hanno deciso di registrarsi è cresciuto dell’11% e, addirittura, del 19,9% se consideriamo gli ultimi 12 mesi. Una progressione che, inevitabilmente, ha spinto il settore alberghiero a guardare il fenomeno con maggiore criticità, soprattutto se consideriamo che il numero di pernottamenti alberghieri da inizio anno, invece, è diminuito del 5,8% rispetto al 2023.Dati ufficiali sull’occupazione, dicevamo, non esistono. Le stime, tuttavia, suggeriscono un incremento, come confermato dal direttore di Ticino Turismo, Angelo Trotta: «Dal nostro osservatorio rileviamo che, sia nel mese di giugno sia nel primo semestre dell’anno, i pernottamenti in questo genere di alloggi è tendenzialmente in aumento rispetto all’anno scorso». In generale, prosegue Trotta, «negli ultimi anni si è assistito a un trend in crescita nel segmento degli alloggi a corta durata, si tratta di una quota di mercato sempre più importante, non solo a livello ticinese».Una tendenza che la presidente di Hotellerie Suisse Ticino, Sonja Frey, non esita a definire preoccupante: «I posti letto di questo segmento hanno ormai raggiunto un quarto dell’offerta turistica complessiva. Anche se la clientela non è necessariamente la medesima degli alberghi, è indubbio che le case di vacanza tolgano una fetta considerevole di clientela. Ma, soprattutto, ciò che ci disturba maggiormente è che non devono sottostare a tutte le norme che invece noi siamo tenuti a rispettare, a partire da quelle che riguardano l’igiene. A nostro avviso, quindi, servirebbero regole più stringenti anche per loro».Secondo Trotta, tuttavia, la crescita di questo settore non va considerata in concorrenza con il turismo tradizionale: «Il Ticino offre una vasta gamma di alloggi turistici: oltre alle numerose e apprezzate strutture alberghiere, che hanno visto significativi investimenti negli ultimi anni, la regione dispone di campeggi, sempre più popolari tra i turisti, capanne alpine, alloggi per gruppi, case e appartamenti per le vacanze. Questa diversificazione permette di soddisfare target diversi, creando una logica di complementarietà di cui beneficia l’intero settore».Una visione superata?Una visione che, in realtà, secondo gli albergatori vale sempre di meno. Ne è convinto Lorenzo Pianezzi, titolare a Lugano dell’Hotel Zurigo Downtown: «Basta aprire la pagina di Booking, un tempo riservata agli alberghi, per vedere che oggi ci sono più appartamenti che hotel». E ancora: «Inizialmente Airbnb ha avuto un impatto positivo sul turismo, in quanto attirava una nuova tipologia di clientela. Oggi, invece, questa offerta sta sottraendo quote di mercato all’albergheria». Senza tanti giri di parole, Pianezzi va diritto al punto: «I clienti si stanno abituando a soggiornare negli appartamenti di vacanza». La tipologia di strutture offerte è cresciuta enormemente. Non solo. «Questi stabilimenti ormai sono gestiti come veri e propri alberghi». Con un vantaggio netto, osserva però Pianezzi: «I costi del personale sono significativamente inferiori». Secondo Pianezzi, il fenomeno va quindi monitorato da vicino. «Ci sono effetti positivi e negativi. Da un lato, questi alloggi attraggono turisti. Dall’altro, però, stanno erodendo mercato al settore alberghiero». Altrove, non (ancora) in Ticino, le conseguenze si misurano anche sul mercato immobiliare: «Spesso i proprietari propendono per la locazione turistica, in quanto più redditizia rispetto all’affitto a lungo termine. L’offerta per i residenti quindi diminuisce, facendo così aumentare il prezzo degli affitti». Le Lear e i controlliQualche paletto, in Ticino, con la nuova Legge sugli esercizi alberghieri e sulla ristorazione (Lear) è stato introdotto, avverte Pianezzi: «La nuova normativa stabilisce che se una struttura viene affittata per oltre 90 notti, è necessario richiedere un cambio di destinazione tramite una procedura edilizia. Tuttavia, il problema principale rimane il controllo di questa normativa e delle notti affittate». Ad ogni modo, conclude Pianezzi, spetta al settore alberghiero migliorarsi. «Il margine sul prezzo è limitato. Formule magiche non esistono, se non insistere un un concetto chiave: dobbiamo destagionalizzare l’offerta». Attualmente, oltre il 50% del fatturato del settore si concentra in tre o quattro mesi. «Questo dimostra che c’è un ampio margine di miglioramento. È necessario impegnarsi anche negli altri periodi dell’anno, puntando su mercati lontani e meno dipendenti dalle condizioni meteorologiche».«Non credo proprio ci sia concorrenza, siamo complementari»«Nel 95% dei casi, non credo si possa parlare di una sovrapposizione tra la nostra clientela e quella degli alberghi. Anzi, siamo complementari». Andrea Censi, presidente di TicinoHoliday, l’associazione che rappresenta case e appartamenti di vacanza, non ci sta. «Le case di vacanza vengono scelte da famiglie con bambini, che desiderano maggiore indipendenza. O, in generale, da persone che non ricercano particolari servizi, ma maggiore libertà e flessibilità». Insomma, secondo Censi non vi sarebbe alcuna concorrenza con gli alberghi. «Semmai, il tema si potrebbe porre per gli hotel a due stelle, che offrono poco o nulla in termini di servizi, ma certamente non dovremmo far paura ai 4 e 5 stelle. Anzi, se lavorassimo insieme potremmo ottenere risultati migliori per l’intero comparto». Per quanto riguarda l’andamento della stagione, secondo Censi anche le case di vacanza hanno dovuto fare i conti - come gli alberghi - con una serie di fattori limitanti, tra cui il maltempo, la chiusura del tunnel del San Gottardo e il traffico che blocca le autostrade, nonché la temporanea chiusura dell’A13. «Inoltre, se prima gli ospiti si fermavano in media 7 giorni, ora restano per 4 o 5. Il che per noi è un significativo aumento dei costi operativi». Ma, soprattutto, il settore deve fare i conti con i paletti imposti dalla Lear. «Le strutture che dispongono di 7 o più letti devono sottostare a precise regole, e questo ci sta. Dai 15 letti in su, invece, è necessario assumere un gerente a tempo pieno». Questo, per il proprietario di casa, è un onere notevole. «Ma, soprattutto, non ha senso. Il gerente è tenuto a seguire diversi corsi, dall’igiene alle derrate alimentari, passando per la modalità con cui apparecchiare un tavolo o la conoscenza dei vini. Tutti servizi che non offriamo e non possiamo offrire nelle case di vacanza. È irrazionale, quindi, essere soggetti a simili richieste: è come chiedere la patente della moto a chi vuole condurre una barca». L’altro grande limite sono i 90 giorni annui entro i quali è possibile affittare una casa. Superata questa soglia, il proprietario deve richiedere al Comune un cambio d’uso, che comporta ulteriore burocrazia e costi. «Molte strutture sono già vicine a questa soglia. Avviare una procedura per cambiare la destinazione d’uso comporta dispendio di soldi ed energie, e molti vi rinunciano. Ciò, tuttavia, significa ridurre in modo drastico l’offerta turistica». Con conseguenze nefaste, specialmente per le zone discoste. «Soprattutto nelle valli, dove gli hotel sono pochi, le case di vacanza e i rustici sono imprescindibili. Privarcene comporterebbe una perdita economica per la ristorazione, i commerci, gli artigiani e il personale locale in generale, oltre che per il comparto turistico, privando le OTR delle tasse di soggiorno e di promozione turistica, necessarie per sostenere tutto il settore, compresi gli alberghi». Che fare, dunque? Secondo Censi, il limite dei 90 giorni «dovrebbe essere abolito o quantomeno ampliato, sempre che siano ancora attuali le intenzioni del Cantone e di Ticino Turismo di destagionalizzare ed evitare la presenza di letti freddi sul nostro territorio». In alternativa, «vista la confusione in atto tra i Comuni sul regolamento, che scoraggia molti proprietari a optare per il cambio d’uso, sarebbe perlomeno opportuno oliare meglio il meccanismo e renderlo più chiaro e uniforme».

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