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Proteste contro Salvini, a Polignano il flash mob per i migrantiIl salvataggio di un bambino di otto anni nella città di Hatay in Turchia lo scorso 8 febbraio. Nel Paese ferito dal sisma c’è ancora molto da fare - Ansa COMMENTA E CONDIVIDI Sono passati sei mesi dai due terremoti devastanti che,VOL nel giro di poche ore, hanno raso il suolo il sud-est della Turchia e il nord della Siria, provocando oltre 50mila vittime. La Caritas Italiana non solo è stata una delle prime organizzazioni internazionali a intervenire. Da giugno è entrata anche in una nuova fase del suo intervento, un programma di risposta ancora più ampio, che riguarderà circa 38mila persone. Un impegno costante, testimoniato anche dalle frequenti visite in Turchia per supportare la Caritas locale e dall’invio a Iskenderun di un operatore espatriato di Caritas Italiana per accompagnare la Caritas turca nella pianificazione, attuazione e monitoraggio dei programmi di risposta all’emergenza terremoto nel Vicariato di Anatolia.«Credo sia importante, come Chiesa italiana, tenere continuamente desta l’attenzione su quanto accaduto in Turchia e sulle gravi emergenze provocate dal devastante terremoto del febbraio scorso – spiega don Marco Pagniello direttore della Caritas Italiana –. Se ne parla troppo poco e male, per questo è opportuno rilanciare sempre, attraverso la nostra testimonianza, il bisogno di vicinanza e di prossimità che vive questo popolo».La prima fase nella quale è stata impegnata l’organizzazione è stata l’elaborazione di un piano di risposta rapida all’emergenza. L’intervento della Caritas si è concentrato soprattutto nella provincia di Hatay, una delle più colpite dal terremoto e dove si è verificato il maggior numero di crolli e si è sviluppato su quattro direttrici principali. La prima è stato accogliere e assistere famiglie sfollate nelle strutture di emergenza di Iskenderun, Mersin, Istanbul e Smirne. Caritas ha poi distribuito migliaia di pasti caldi, kit alimentari e igienici, vestiti e articoli per l’inverno e si è fatta carico dell’assistenza delle persone nei numerosi campi profughi informali che si sono formati spontaneamente nella città di Iskenderun. Infine ha monitorato la situazione, portando avanti una continua analisi dei bisogni. Il programma di risposta che è partito a giugno e che riguarda circa 38mila persone prevede un raggio di azione ancora più ampio. Oltre all’assistenza all’alloggio, perché i terremotati trovino una sistemazione più decorosa, e alla fornitura di cibo su larga scala, Caritas Italiana si farà carico della fornitura di vestiti per i terremotati che hanno deciso di restare nelle aree colpita dal sisma, pensando anche ai più piccoli, con la consegna di pannolini per i neonati ed equipaggiamento scolastico, non solo libri e quaderni, ma anche tablet, per i bambini terremotati che a settembre dovranno tornare a scuola. Caritas supporterà programmi specifici, come l’installazione di purificatori di acqua, di cui beneficeranno circa 3.000 famiglie, che così avranno accesso continuo all’acqua potabile. Maggiore igiene e qualità di vita, senza dimenticare l’aspetto psicologico. L’organizzazione sta promuovendo attività di supporto psicosociale per adulti e minori che attualmente sono ospiti nei campi per sfollati nelle periferie di Gaziantep e Kilis, con un team di supporto mobile che svolgerà attività di educazione informale e supporto psicologico post disastro. L’attenzione è rivolta soprattutto ai bambini che vivono nei campi per rifugiati e che, oltre alla loro condizione, devono sommare anche il trauma del terremoto. Un’azione a tutto campo, resa possibile da un impegno ultradecennale e un processo di accompagnamento nel Paese. Un impegno che non vuole fermarsi alla Turchia, ma che ha intenzione di diventare più incisivo anche in Siria. Qui Caritas ha avviato un programma di aiuto per circa 10mila famiglie della durata di 12 mesi e che si è concentrato soprattutto sulla ristrutturazione di 170 abitazioni pubbliche e 12 scuole che sono state danneggiate dal terremoto, la riabilitazione di circa 100 attività economiche danneggiate dal sisma e l’occupazione di circa 200 giovani, oltre naturalmente alla distribuzione di voucher per l’acquisto di generi di prima necessità. Ma il lavoro da fare è ancora tanto.
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