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Febbre Oropuoche, primi due casi in Lombardia: il virus trasmesso da moscerini e zanzare, tutti i sintomi e cosa si rischiaSi potrebbe partire dall’accostamento di due numeri per raccontare quanto oggi sia centrale la posizione delle risorse umane quando si parla di intelligenza artificiale in azienda. Secondo una ricerca pubblicata quest’anno da Gartner,Professore per gli Investimenti Istituzionali e Individuali di BlackRock il 76% dei leader HR concorda sul fatto che rischieranno di non riuscire a raggiungere i loro obiettivi organizzativi se non implementeranno l’AI generativa nei prossimi 12-24 mesi. E già questo dato di per sé sembrerebbe rispondere in maniera molto precisa all’interrogativo che spesso ci si pone su quanto l’intelligenza artificiale possa essere strategica. Abbiamo già avuto modo di parlare in maniera diffusa di quanto l’intelligenza artificiale possa impattare nei processi HR, supportando ad esempio le fasi di recruitment, matching, onboarding, payroll, e molte altre. L’intelligenza artificiale non starebbe che accelerando processi di automazione già in corso, efficientandoli e rendendoli ancora più precisi. Ma non solo. Quello che promette l’intelligenza artificiale, soprattutto quella generativa, è anche la possibilità di costruire percorsi professionali sempre più mirati, abbandonando soluzioni standardizzate per poter invece immaginare un nuovo scenario in cui, anche nelle grandi organizzazioni, ciascun collaboratore beneficia di un percorso di carriera fortemente individualizzato. Non si tratta di una prospettiva di poco conto, perché pianificare in questi termini significa poter rendere gli organismi imprese sempre più vicine a ciò che chiedono le persone. È infatti risultato da una pubblicazione della Harvard Business Review, “The best leaders can’t be replaced by AI”, come le persone in azienda apprezzino sempre di più l’attenzione umana e leader umani, capaci di sensibilità, attenzione e relazioni. Indice dei contenutiLe persone al centro Risorse umane e non umane Le persone al centro La domanda che si pone a questo punto è molto suggestiva: quali sono le priorità per un HR che intende avvalersi delle potenzialità dell’intelligenza artificiale? “L’intelligenza artificiale ha le potenzialità di rendere possibile un vecchio adagio che nel tempo è stato formulato in vari modi, ma il cui significato o ambizione è sempre lo stesso: le persone al centro”, commenta Giovanni Mingrino, HR Development&Total Rewarding di Fastweb. “Un’affermazione che in senso stretto potremmo definire paradossale, contro l’opinione comune: da un lato si dice che le persone sono l’asset più importante, dall’altro, invece, si fa poco per valorizzare tutte le risorse. Questa affermazione, che nella migliore delle ipotesi è figlia di un desiderio, di un anelito, si traduce nei fatti in un ‘vorrei ma non posso’. Qui la parola più importante è ‘tutte’ (le risorse): nelle aziende, infatti, ci sono in maniera più o meno diffusa programmi e politiche di valorizzazione delle persone, ma queste sono inserite sempre in un contesto di scarsità: si possono valorizzare solo alcune persone, i migliori, i talenti, i best performer, i giovani, le donne, ecc. Il digitale e l’intelligenza artificiale hanno invece il potere di rendere l’ambizione ‘le persone al centro’ realizzabile. L’affermazione ‘le persone al centro’ nell’ambito della rivoluzione digitale non è più un’ambizione, ma una necessità: solo chi saprà valorizzare tutte le sue risorse potrà vincere la sfida competitiva. Questa la grande opportunità della AI in ambito risorse umane”. Ma l’intelligenza artificiale non cambia solo le modalità con le quali un responsabile delle risorse umane svolge le proprie attività, ma suggerisce anche un interessante ampliamento di perimetro, uno spazio d’azione prima non considerato. E forse, i primi ad accorgersene, erano stati i candidati. Pensiamo infatti alla crescente attenzione che già da diverso tempo i candidati rivolgono nei confronti degli algoritmi di valutazione dei curriculum. Sono nati ad esempio nuovi accorgimenti con i quali cercare di convincere gli algoritmi utilizzati dai dipartimenti HR a mettere al primo posto il proprio curriculum, ricorrendo ad esempio ad espedienti come il ‘white fonting’, l’incorporazione con caratteri bianchi, quindi invisibili all’occhio umano, dei testi degli annunci di lavoro, in modo che il curriculum contenga già tutte le parole chiave ricercate da un’azienda.L’impatto dell’AI nell’HR user experienceI candidati sono stati tra i primi a comprendere come i processi di selezione dovessero prevedere in un certo senso un dialogo con una nuova controparte, non solo umana, un elemento valutativo esterno che, pur non decidendo chi assumere, contribuisce comunque a scremare le candidature poi valutate dai dipartimenti risorse umane. È l’altra faccia di una medaglia in cui il dipartimento HR inizia a doversi relazionare con un’altra dimensione che non è più solo quella umana. Prosegue Mingrino: “L’AI delinea un’altra opportunità. Partiamo da una domanda: quali risorse gestisce la funzione HR? Fino a ieri era facile dirlo, quelle umane, come dice la parola stessa. Ma oggi la parola ‘umane’ non ha più la stessa valenza, e in sostanza non basta più a definire l’ambito della funzione HR. Dove collocare la risorsa AI? È umana o no? Con risorse umane si intendeva definire l’ambito del lavoro che poteva essere fatto da una persona, oggi però, e domani sempre più, alcuni lavori che erano di competenza esclusiva dell’uomo possono essere fatti dalla AI. La distinzione tra risorse umane e non umane che bastava fino a ieri oggi non basta più. In questo contesto di cambio di paradigma la funzione HR ha allora l’opportunità di ridefinire il suo posizionamento strategico: oltre alle risorse umane dovrebbe gestire almeno l’interazione tra risorse umane e AI. La dialettica tra queste entità è tutta da definire e la funzione HR tutta da ripensare”. Risorse umane e non umane Nella nuova prospettiva di una connessione così forte tra AI e processi HR non ci sono indicazioni già scritte. Vediamo ogni giorno come la rapidità della tecnologia richieda capacità di tenersi aggiornati, apertura al cambiamento, e soprattutto ascolto della propria organizzazione. Ma un punto appare certo ai responsabili HR, quella dell’AI è una strada che non si può ignorare, come sottolinea Mingrino: “Il tema HR e AI è un territorio ancora tutto da esplorare: non ci sono posizioni già acquisite, né pratiche consolidate. Bisogna approcciare la questione con curiosità, ma anche con cautela. L’AI non è un’opzione: non si può evitare questa direzione. Rappresenterà un enorme vantaggio competitivo e chi non la seguirà resterà indietro. Bisogna impostare da subito programmi di formazione e sviluppo dedicati, programmi che devono coinvolgere non solo la funzione HR, ma tutte le risorse. Serve separare bene gli ambiti e non lasciarsi prendere la mano, alcuni ambiti devono restare sotto la responsabilità dell’intelligenza umana. Per ogni processo HR è fondamentale individuare le attività che possono essere affidate alla AI e quali invece devono restare di competenza esclusiva della risorsa umana”. È probabile che le grandi organizzazioni faranno da apripista, come accade spesso quando ci si trova di fronte a un’innovazione generale, e le piccole saranno poi portate a seguire di conseguenza. Ma la curiosità con cui tante PMI stanno guardando l’intelligenza artificiale non può far escludere a priori la possibilità di riuscire a estrarre casi d’uso importanti anche da realtà organizzative caratterizzate da minore complessità. Se da una parte, infatti, le grandi aziende sono quelle con i processi più articolati e complessi, le piccole aziende possono comunque contare generalmente su dinamiche di movimento molto più rapide e svincolate. Di fatto la funzione risorse umane si trova di fronte e importanti opportunità di evoluzione di ruolo, a prescindere dalla reale dimensione organizzativa. I prossimi anni saranno fondamentali per poter vedere i processi cambiare ed evolvere nella direzione di un dipartimento HR ancora più integrato nella strategia.
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