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Genova, maxitamponamento: traffico in tiltÈ il primo grande processo penale,ìèsìinvestimenti con un risvolto mediatico importante, in Spagna dopo l’approvazione della legge Solo sí es sí sulla libertà sessuale. L’ex calciatore di Barcellona, Juventus e Paris Saint-Germain condannato a 4 anni e mezzo“Solo sì è sì” significa mettere al centro della libertà sessuale il consenso chiaro e libero. È questo il concetto chiave della sentenza del tribunale di primo grado di Barcellona che ha condannato Dani Alves a 4 anni e mezzo di carcere per stupro.L’ex calciatore del Barcellona, della Juventus e del Paris Saint-Germain è accusato di aver usato violenza sessuale su una ragazza di 23 anni il 30 dicembre 2022 nel bagno del privé della discoteca Sutton del capoluogo catalano.È il primo grande processo penale, con un risvolto mediatico importante, in Spagna dopo l’approvazione della legge Solo sí es sí sulla libertà sessuale, il 25 agosto 2022. Una legge che ha cambiato il paradigma della violenza sessuale, che non si configura sul comportamento della vittima, sulla sua resistenza o meno all’aggressione – elementi usati dai tribunali anche in Italia – ma sull’esistenza o meno del consenso, che deve essere libero, volontario e chiaro.«Nel precedente modello penale», ha scritto su X Irene Montero, ex ministra dell’Uguaglianza che ha fortemente voluto la legge, «un atto sessuale senza consenso non era punibile come aggressione sessuale (la violenza doveva essere provata)», portando così all’impunità della maggior parte dei reati. E, prosegue, il «giudizio sociale metteva in discussione la vittima prima dell’aggressore».I giudici hanno considerato credibile il racconto della ragazza, mentre Alves ha cambiato più volte versione dei fatti e ha basato la sua linea difensiva sul tentativo di screditare la vittima. Nonostante la protezione offerta alla ragazza dal processo, infatti, le persone della cerchia di Alves hanno diffuso un video, rivelando l’identità della vittima. FattiDai giornali ai tribunali, come combattere la cultura dello stuproAndrea CasadioLa sentenzaCi sono le prove che l’ex giocatore abbia «afferrato all’improvviso la denunciante», l’abbia «gettata a terra e, impedendole di muoversi», abbia penetrato la vagina, spiega il tribunale, senza il suo consenso e «con l’uso della violenza». Per lui, la ragazza non gli «ha mai detto di smettere, ci stavamo divertendo entrambi e niente di più», ha detto. Ma “solo sì è sì” si basa proprio sul consenso esplicito.La procura aveva chiesto una condanna a nove anni, ma i giudici hanno riconosciuto un’attenuante per l’indennizzo già versato di 150mila euro, per i danni morali e le lesioni causate.Agli anni di carcere si aggiungono però un’ulteriore pena di 5 anni da scontare in libertà vigilata e il divieto di avvicinamento a meno di un chilometro dal domicilio e dal luogo di lavoro della ragazza.Il consenso«Il consenso», scrivono i giudici, «non solo può essere revocato in qualsiasi momento, ma deve essere dato anche per ciascuna delle pratiche sessuali all’interno di un incontro sessuale». E per la corte, nel caso specifico, non ci sono prove che la ragazza abbia dato il consenso, mentre esistono prove del fatto che l’ex calciatore «abbia domato con violenza la volontà della vittima».Dal fatto che la ragazza ballasse con Alves, avesse avvicinato le natiche e l’avesse abbracciato, dicono i giudici, non si può presumere che «abbia dato il suo consenso a tutto ciò che sarebbe potuto accadere successivamente», come la penetrazione, che per il tribunale è stata «senza dubbio con violenza».Il consenso al rapporto sessuale, precisa la corte, deve essere dato «prima e anche durante la pratica sessuale», e la presenza di interesse o insinuazioni non può dare la completa libertà «a qualsiasi abuso o aggressione che si verifichi successivamente».La legge sulla libertà sessuale ha però sollevato molte critiche per aver diminuito le pene, elemento su cui poi è intervenuto il governo.Ma l’azione penale non è il fulcro della legge: “solo sí es sí” è una riforma globale, che abbraccia la complessità della violenza, mettendo in campo diverse azioni, come i centri antiviolenza, l’educazione sessuale in tutti i cicli scolastici, l’aiuto finanziario per le vittime di violenza sessuale, e la protezione dei dati.© Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediMarika IkonomuGiornalista di Domani. È laureata in Giurisprudenza e ha frequentato la scuola di giornalismo della Fondazione Lelio Basso. Fa parte del Centro di giornalismo permanente e si occupa di diritti, migrazioni, questioni di genere e questioni sociali
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