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Ladri rubano l'urna con le ceneri di un bambino morto: "Ridateci Manuel"Una petizione firmata da 195mila persone chiede di tornare al passato,trading a breve termine quando Instagram era semplicemente il social network delle fotografie. Invece sta andando in una direzione diversa, in cui diventeranno sempre più importanti i video degli sconosciuti. Come una sorta di grande imitazione di TikTok Avete mai avuto la sensazione che i social network tendano ad assomigliarsi fra loro? Non è una sensazione, è una scelta di business che segue la precisa volontà di trattenere gli utenti, prima che si spostino altrove. Ora sta però crescendo la ribellione di chi invece vorrebbe tornare indietro nel tempo e fare di Instagram quello che era nel passato. Semplicemente un posto dove condividere belle fotografie. «Make Instagram Instagram again», secondo uno slogan che fa il verso a Trump. E la polemica è stata innescata da Tati Bruening, una fotografa che sul suo account Instagram (@illumitati) ha pubblicato il suo manifesto: «Smettila di cercare di essere TikTok, voglio semplicemente vedere foto carine dei miei amici». Il post è stato paradossalmente ripreso anche da parecchi influencer (praticamente in una sorta di protesta contro sé stessi, che ricorda il Tafazzi di Mai dire gol). Dopo Kim Kardashian si è accordata anche Chiara Ferragni. Il manifesto si è trasformato in una petizione su change.org che al momento della scrittura di questo articolo superava le 195mila adesioni. Fare storie Il problema è che Instagram non è più (solo) un social per fotografi da tempo. Almeno da quando ha introdotto le “storie” che sono diventate forse il suo marchio di fabbrica per eccellenza. Ma che in realtà erano anche loro un’imitazione di un altro social network, in quel caso Snapchat. Se si allarga lo sguardo, Meta ha costruito parte del suo business su una certa capacità di imitare i social network concorrenti, riuscendo in un certo senso a replicarne le esperienze. Così le “storie” sono oggi presenti anche su Facebook e su WhatsApp. E la sensazione è appunto di avere a che fare con strumenti diversi, ma sempre simili fra loro. TikTok Ma TikTok ha fatto una cosa diversa. Non ha semplicemente introdotto una nuova funzione, ha rivoluzionato il modo in cui si vive l’esperienza social. Basandosi su un algoritmo costruito sui gusti degli utenti, ha creato una serie di trend, dando notorietà a persone sconosciute. La fruizione dell’app è in genere passiva: non ci si confronta con gli amici, ma si scorre attraverso i vari contenuti come se si facesse zapping. Se si vuole diventare parte attiva, allora si punta ad attrarre un pubblico potenzialmente infinito di sconosciuti. E così anche Instagram ha perso la sua logica di condivisione di fotografie fra pochi intimi (inizialmente erano soprattutto amici e familiari). Sono nati prima gli influencer e poi i “reel”, una sorta di imitazione di TikTok. La petizione di Bruening vorrebbe riportare indietro il tempo. Il futuro di Instagram Il fenomeno è diventato così influente che anche Adam Mosseri, il capo di Instagram, è stato costretto a rispondere. E in sostanza ha confermato che non si torna più indietro: il futuro dei social network sono i video, non le fotografie. Non lo ha scelto la società, sostiene, ma gli utenti che stanno andando tutti in quella direzione. «Rimarranno le foto perché sono parte della nostra storia e le adoro – ha detto Mosseri – ma, se devo essere sincero, Instagram sarà sempre di più un posto per i video». Questo significa che l’algoritmo suggerirà anche i video (e i reel) di persone estranee, che non si seguono. In una sorta di grande ibrido che assomiglierà sempre di più a TikTok. © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediDaniele Erler Giornalista trentino, in redazione a Domani. In passato si è laureato in storia e ha fatto la scuola di giornalismo a Urbino. Ha scritto per giornali locali, per la Stampa e per il Fatto Quotidiano. Si occupa di digitale, tecnologia ed esteri, ma non solo. Si può contattare via mail o su instagram.
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