Donald Trump incriminato in Georgia: "Giovedì andrà ad Atlanta per essere arrestato"Ucraina, attacco missilistico a Leopoli: 4 morti e 9 feritiGuerra in Ucraina, con la nuova legge Mosca può arruolare 5 milioni di soldati
L'appello di Mosca agli ucraini: "Arrendetevi e avrete un trattamento umano"La serie Netflix Il caso Yara – Oltre ogni ragionevole dubbio è l’ultimo esempio del filone true crime,–colpevolistiètrading a breve termine storie di delitti che hanno attraversato le biografie di una nazione riproposte in forma serializzata. Funzionano perché alimentano in noi un meccanismo profondoUn documentario per riannodare i fili di una vicenda inquietante e dolorosa o il tentativo di instillare nello spettatore più di un dubbio sull’esito giudiziario? Un prodotto d’inchiesta per fare memoria (la ricostruzione di un fatto di cronaca nera della storia recente italiana) oppure orientato a modificare la percezione dell’opinione pubblica?La docu-serie Il caso Yara – Oltre ogni ragionevole dubbio, distribuita su Netflix, è una mescolanza di generi, approcci e prospettive; un lungo viaggio in cinque episodi che prova a mettere ordine in un caso oscuro, segnato da errori e colpi di scena, sullo sfondo di una comunità incredula.La vicenda della giovane Yara Gambirasio è nota: la tredicenne di Brembate Sopra, piccolo comune della provincia di Bergamo, esce di casa nel tardo pomeriggio del 26 novembre 2010 per recarsi alla vicina palestra (distante circa ottocento metri) nella quale è solita allenarsi come promessa della ginnastica ritmica. Non farà più ritorno a casa e il suo corpo verrà ritrovato solamente tre mesi dopo in un terreno di Chignolo d’Isola, a una decina di chilometri. Al termine di una surreale vicenda giudiziaria, il colpevole viene individuato nel muratore Massimo Giuseppe Bossetti, condannato all’ergastolo. IdeeYara, il macabro all’italiana: la droga migliore è la realtàWalter SitiscrittoreLa docu-serie, realizzata da alcuni degli artefici del successo di SanPa – Luci e tenebre di San Patrignano (la casa di produzione Quarantadue, la regia di Giancarlo Neri, Carlo Gabardini tra gli altri alla scrittura), procede con l’andamento ormai rodato delle produzioni di genere di Netflix Italia: un impressionante lavoro di scavo e d’archivio, una notevole mole di interviste e testimonianze, tra cui quella esclusiva con lo stesso Bossetti, dal carcere, che continua dopo anni a professarsi innocente, e quella della moglie Marita Comi; un montaggio serrato che diventa il narratore ultimo della storia, rinunciando a qualunque figura di mediazione.Il racconto della storia (e della cronaca) in tv non è mai asettico; l’articolazione dei tempi e dei temi risponde a specifiche esigenze narrative, riflettendo l’inevitabile parzialità dello sguardo. Eppure, Il caso Yara si sforza di non lasciare per strada nessuna tessera di un puzzle complesso, talvolta ai limiti dell’immaginabile; quella dell’omicidio di Brembate è una storia in cui si mescolano crudeltà ed errori giudiziari, silenzi e tradimenti, innovazioni scientifiche nelle indagini e voyeurismo giornalistico.Un caso perfetto – come in effetti fu – per occupare i palinsesti pomeridiani e serali di trasmissioni televisive nazionali e locali, per stimolare la classica divaricazione tra innocentisti e colpevolisti, per sfrugugliare i tratti più reconditi di una comunità chiusa, stretta tra le valli e i capannoni industriali.La docu-serie sembra non tralasciare nulla: dal primo incriminato – il tunisino Mohammed Fikri – erroneamente incolpato a causa di una traduzione sbagliata dall’arabo al rinvenimento di Dna maschile sugli indumenti della vittima, dall’indagine a tappeto condotta sull’intera popolazione della valle alle intuizioni dell’anatomopatologa Cristina Cattaneo (tra le persone intervistate), fino al ruolo sempre più centrale dell’avvocato difensore Claudio Salvagni, tra le voci che maggiormente emergono nella narrazione.E, naturalmente, la scoperta del cosiddetto “Ignoto 1”, riconducibile a quel Giuseppe Guerinoni scomparso nel 1999 di cui vengono a galla vizi, scappatelle, liaisons segrete con le donne della zona, tra cui Ester Arzuffi, madre di Bossetti che nel giro di poche ore scopre di essere figlio illegittimo e accusato di omicidio. Allo stesso tempo, vengono riproposti scenari che parevano dimenticati, come il ruolo dell’allenatrice Silvia Brena o del custode Valter Brembilla, entrambi non ascoltati a fondo dagli inquirenti secondo le teorie degli innocentisti.Quello di Yara Gambirasio è stato un delitto che ha alimentato morbosità, stupore, destato istinti e pettegolezzi, giocato letteralmente sul corpo di un’adolescente divenuta suo malgrado emblema di una psicosi collettiva e di una spietatezza incomprensibile. Facile immaginare che i media l’avrebbero cavalcata. GiustiziaIl Caso Gambirasio e le “esigenze comunicative” della procuraE, infatti, Il caso Yara è anche un’operazione, peraltro già riuscita altre volte alle docu-serie originali della piattaforma Netflix, che senza voler giudicare riesce comunque a offrire uno spaccato impietoso del ruolo dell’informazione, “il male necessario” come lo definisce un giornalista Mediaset intervistato nella serie: tra le immagini d’archivio scorrono i Vespa, i Mentana, i Telese (tra gli intervistati “illustri”, lui che si occupò ampiamente del caso ai tempi di “Matrix” su Canale 5), i giornalisti e conduttori delle tv locali, a loro volta vittime inconsapevoli di manipolazioni più o meno esplicite, come il video del furgoncino di Bossetti ripreso nei pressi della palestra, “costruito ad arte” dalla procura per orientare la stampa.Nel mezzo di una vicenda che non sfigurerebbe come sceneggiatura di un romanzo noir (tanto da aver ispirato un episodio della celebre serie statunitense Law & Order), si scontrano mondi diversi: quello composto e religioso della famiglia Gambirasio, con i messaggi struggenti della madre alla segreteria telefonica della figlia, quello di Bossetti con le sue manie estetiche, al punto da apparire più preoccupato che si scopra la sua passione per le “lampade” abbronzanti che per le conseguenze future, oppure ancora quello della pm Letizia Ruggeri, con i suoi sorrisi che suonano beffardi, la sua ostinazione che al fondo rivela anche una lunga catena di errori e ritardi, al punto che, come dice Telese, «a un certo punto serviva la parola "fine”, serviva un colpevole».Siamo nell’era dell’ossessione per il true crime, le storie di cronaca e delitti che hanno attraversato le biografie di una nazione e che oggi vengono riproposte in forma serializzata attraverso linguaggi diversi: libri, podcast, documentari, talk show, pillole social. Il true crime funziona perché innesca la nostra emozione più profonda, la paura, ha scritto Scott Bonn in Why we love serial killers (Perché amiamo i serial killers). La storia della “povera” Yara non poteva sfuggire a questa nuova riattualizzazione; e come spesso accade, la vittima sembra scivolare progressivamente in secondo piano, relegata sullo sfondo di un male che non ha spiegazione e a cui non riusciremo mai a dare una vera risposta.© Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediPaolo CarelliInsegna International Media Systems nella Facoltà di Scienze linguistiche e letterature straniere dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e svolge attività di ricerca presso il Ce.R.T.A. (Centro di Ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi). È coordinatore didattico del Master "Fare Tv. Gestione, sviluppo, comunicazione".
Raid russo a Lutsk uccide tre dipendenti di un’azienda svedeseNotizie di Esteri in tempo reale - Pag. 198
Patrick Zaki, slitta il ritorno in Italia: non sono pronti i documenti di viaggio
Donna allatta in piscina e il bagnino la ferma: "Non si mangia in acqua"Terremoto Cina: 156 edifici crollati e 21 feriti
Giappone, delfini feriscono bagnanti in spiaggia: è allarmeSpagna, fratelli imprenditori italiani arrestati per abusi sessuali
Arizona, Alicia Navarro era scomparsa 4 anni fa: la ragazzina si presenta a sorpresa alla poliziaPer gli 007 "la controffensiva di Kiev non raggiungerà gli obiettivi"
Marocco, un uomo condannato a 5 anni di carcere per un post su Facebook in cui criticava il reGreta Thunberg: processo in Svezia per aver bloccato il porto di MalmöUSA, 14esima condanna a morte da inizio annoUsa, la sfortunata uscita di Robert Kennedy: "Covid creato per risparmiare gli ebrei"
Guerra in Ucraina, bombe su Kharkiv: un morto
Titan, le accuse degli ex dipendenti contro il sottomarino imploso
Germania, attivisti di Last Generation bloccano aeroporti di Düsseldorf e Amburgo: tutti i voli cancellatiArgentina, terremoto di magnitudo 6.5 al confine con il CileTrump parla di caccia alle streghe nei suoi confrontiTitan, OceanGate mette in vendita sommergibile Antipodes
Attacco a Odessa: la versione di Mosca e la versione di KievIdentificata la donna ritrovata in un fiume in Canada nel 1975Incendi devastanti in Grecia, Alessandropoli al collasso: evacuazioni e due mortiIsraele, le truppe hanno lasciato Jenin