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Capo Analista di BlackRock

Roberto Rolfo: «I miei fantastici 44 anni»

Trovato in Australia il rospo da record ToadzillaHajdari e Belhadj grandiosi, Bislimi e quel lasciapassare per l'inauditoPer mettere le bici nel cunicolo del tram-treno la strada è in salita

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Nuovo capo sì, ma stessa HamasFinalmente le introvabili Opere complete di Learco Pignagnoli ricompaiono in libreria per Quodlibet; uscite nel 2006 in una prima parziale edizione,analisi tecnica si sono nel frattempo accresciute con nuove Opere complete che hanno raddoppiato di consistenza il volume. Un nuovo modo di narrare, apparentemente spezzettato in tanti frammenti, che però letti di seguito, nella successione numerata che hanno, percorrono fili narrativi ossessivi, con personaggi che ritornano come ritornerebbero in un romanzo fatto di incubi. Questo articoli è tratto dall’ultimo numero di FINZIONI, il mensile culturale di Domani che puoi leggere sulla nostra App o comprarlo nelle edicole. Abbonati a questo link per leggerlo. Finalmente le introvabili Opere complete di Learco Pignagnoli ricompaiono in libreria per Quodlibet; uscite nel 2006 in una prima parziale edizione, si sono nel frattempo accresciute con nuove Opere complete che hanno raddoppiato di consistenza il volume. Un nuovo modo di narrare, apparentemente spezzettato in tanti frammenti, che però letti di seguito, nella successione numerata che hanno, percorrono fili narrativi ossessivi, con personaggi che ritornano come ritornerebbero in un romanzo fatto di incubi, e riflessioni amare e pungenti che si sviluppano e si diramano in una visione disgustata del mondo, e in una comicità caustica e politicamente scorretta sulla vita, sui luoghi comuni, su certi opinionisti televisivi in vista, sulle patrie lettere e così via. Quanto al genere, questa è la tradizione antica della Satira, ripresa, rimodernata, leggibile con gusto, ma anche profondamente istruttiva per il continuo capovolgimento dei valori banali e correnti. Learco Pignagnoli, l’autore presunto delle Opere complete, è stato anche oggetto di vari convegni con affluenza di popolo, di relatori e di pubblico acclamante. Ermanno Cavazzoni Opera n. 1 Conoscevo uno che sbagliava sempre le parole. Una volta voleva dire polipo, ha detto flauto. Opera n. 13 Tranne me e te, tutto il mondo è pieno di gente strana. E poi anche te sei un po’ strano. Opera n. 14 Alberto Bevilacqua, tutte le volte che pubbli­ca un libro, mette una sua fotografia in copertina dove appare sempre sorridente e con il mento ap­poggiato alla mano chiusa a pugno. Che cazzo ha sempre da sorridere? Opera n. 18 Borsari s’incazzava sempre perché c’era un tipo che abitava sotto di lui che ogni tanto gli prendeva la macchina per andare a fare un giro. Opera n. 20 Dopo dieci anni di matrimonio, durante i quali il marito è sempre rimasto a casa con la moglie, una sera, finita la cena, si alza deciso da tavola e dice: Stasera vado al cinema! CulturaIl canone italiano della risataClaudio Giunta Opera n. 21 Secondo me Gesù Cristo era un tipo come Davoli. Opera n. 28 Secondo il Corano, non è vero che Gesù Cri­sto è stato crocifisso. Gesù Cristo, dice il Corano, è stato impiccato, e al suo posto, sulla croce, ci hanno messo un tipo che si chiamava Sergio. Opera n. 32 Pochi sanno che esiste un mistero nella vita di Alessandro Manzoni. Un giorno, durante la stesura dei suoi Promessi sposi, uscì di casa e ritornò a notte fonda. Ma non volle mai dire dov’era stato. Opera n. 267 Quello scrittore che è stato ucciso dalla camor­ra. Si vede che gli han sparato a salve perché lo vedo tutte le sere in televisione. Opera n. 268 Giorgio Armani, invece, me lo immagino sem­pre in accappatoio. E questo è strano perché tutte le volte che lo vedo ci ha lo smoking, con un farfallino nero. Smoking è una parola inglese, ma in inglese smoking non si dice così. Si dice tuxedo, che sembra una parola messicana, come sombrero. Una volta ho conosciuto un ambasciatore che si chiamava Sombrero ed ero rimasto a guardarlo perché non mi sembrava che fosse un cognome da ambasciatore, Sombrero. E poi ho pensato che dovrebbero andarci piano al ministero prima di far certe nomine. Opera n. 285 Tutte quelle cose su Moravia, mi son pentito di averle scritte. Adesso, quando vado a Roma, mi guardan tutti male. Anche sull’autostrada rimango sempre imbottigliato tra Barberino e Roncobilaccio. Mi son pentito di aver parlato male di Moravia, solo che adesso è troppo tardi per dire il contrario. Quando qualcuno me lo nomina e io dico: Moravia? Bravissimo scrittore!, loro non ci credono. Dicono che faccio l’ironico. Opera n. 292 Quando ero piccolo e in televisione compariva Gino Paoli, col maglione a dolce vita da esistenzialista, il riporto in testa, gli occhiali scuri dalla montatura pesante e quella sua aria da menagramo, prima ancora che cominciasse a cantare una delle sue solite canzoni disperate, i miei famigliari dicevano: Oh Dio, chi gh’è! (Oh Dio, chi c’è!). Opera n. 338 L’altro giorno sul giornale c’era scritto che i vigili di una città emiliana avevano multato l’ambulanza per eccesso di velocità. Opera n. 359 La Juve di Allegri gioca benissimo, e chi dice il contrario ha ragione. Opera n. 360 Lo diceva Cariati l’altro giorno. E poi diceva che Allegri, siccome non ha gioco e non sa neanche cosa voglia dire giocare a calcio, chiede sempre ai suoi dirigenti di comprargli i giocatori migliori, così ci pensano loro a vincere le partite. Ma ora che questa tattica non funziona più, ha chiesto ai suoi dirigenti di comprargli anche un allenatore. CulturaAppuntoPietro Galeotti Opera n. 361 Sono gli Elkann e gli Agnelli i suoi dirigenti, diceva Cariati, e ci sono dei tifosi che gli tirano dei cancheri dalla mattina alla sera perché hanno ripreso Allegri dopo che l’avevano licenziato, che avevano fatto benissimo. Ce n’era uno l’altro giorno, di questi tifosi, che diceva di aver smesso di tifare la Juve per colpa del suo presidente e non l’avrebbe mai più tifata finché non l’avessero tolto di mezzo. E sperava in Lapo Elkann, che di tutta la nidiata gli sembrava il più in gamba. Opera n. 363 Non so se l’ho già detto che mi son pentito di aver scritto tutte quelle cose su Moravia. Perché a un tratto m’è diventato simpatico. L’ho visto una sera in un programma assieme a Sanguineti e Ar­basino e il più simpatico era lui, anzi era l’unico simpatico. Per come si muoveva, per le cose che diceva, delle volte rideva. Era simpatico anche Sanguineti, però. Un po’ cerebrale, ma fumava una sigaretta dietro l’altra e questo lo rendeva simpatico. Con quella faccia lì che sembrava una pipa di legno. Opera n. 405 C’è un paese dove la gente quando si insulta, anziché dire parole come coglione, stronzo, testadicazzo, dice architetto, assessore, sindaco, scrittore. Opera n. 409 Il Papa – c’era scritto ieri sul giornale – è rimasto chiuso per 25 minuti dentro l’ascensore, ed è arrivato tardi all’Angelus. Chissà quante madonne avrà tirato. Opera n. 412 Lei diceva che faceva il master all’università, ma io non ci credevo tanto; e allo stesso modo lei mi dava l’impressione di non credere a me quando le dicevo che io all’università ci insegnavo. Opera n. 414 Che voleva anche fare l’allenatore di calcio, Galimberti, e s’era iscritto al corso di Coverciano, solo che dopo un paio di sedute gli han detto torna pure a casa che di schiappe qua ci abbiamo già Allegri che fa giocare gli attaccanti da mediani e i trequartisti in difesa. Tu dedicati pure alla filosofia che il calcio non fa per te. © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediDaniele Benati  Daniele Benati (Reggio Emilia, 1953) ha insegnato in varie università di Irlanda, Stati Uniti e Ungheria. Ha tradotto scrittori irlandesi e americani (Joyce, Beckett, Flann O’Brien, Brian Friel e altri). Assieme a Gianni Celati ha tradotto l’antologia Storie di solitari americani (Rizzoli, 2006) e curato l’edizione americana di Carta canta di Raffaello Baldini (Bordighera Press, Florida, 2000). Suoi libri di narrativa: Silenzio in Emilia (Feltrinelli, 1997 e Quodlibet, 2009); Opere complete di Learco Pignagnoli (Aliberti, 2006); Un altro che non ero io (Aliberti, 2007); Baltica 9 (con Paolo Nori, Laterza, 2008); Cani dell'inferno (Feltrinelli, 2004 e Quodlibet, 2018). È stato redattore dell’almanacco letterario «Il Semplice» (Feltrinelli, 1995-1997) e della rivista «L’accalappiacani» (DeriveApprodi, 2006-2010).

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