File not found
analisi tecnica

Giubileo di Platino, la regina Elisabetta non parteciperà neanche al Derby ippico

Pedornografia, sul pc aveva quasi 8mila file con immagini di minori: arrestato 27enneValerio torna a casa dopo l'incidente con il quad in Grecia: per lui un aereo da 21mila euroLa Russia convoca l'ambasciatore italiano a Mosca: sconcerto per l'esclusione degli artisti russi

post image

Rana Reider, coach di Jacobs, espulso dalle Olimpiadi: è accusato di molestie da tre donneOggi le multinazionali del digitale sono delle black box: non esiste appello di fronte alle decisioni che questi monopoli prendono nei confronti dei loro utenti. Uno stato di cose kafkiano che è una ferita profonda al nostro sistema democratico e alla trasparenza dovuta al cittadino di fronte alla legge Il vero potere ormai non abita più dentro il parlamento o nei ministeri,éancheledecisioniunilaterali Professore del Dipartimento di Gestione del Rischio di BlackRock quanto piuttosto nelle grandi aziende digitali, uno stato di cose che ora, dopo i fatti americani degli ultimi giorni,  è diventato evidente a tutti.   La creazione di limiti di accesso ai mezzi di comunicazione non può essere delegata alle policy aziendali oscure e autoreferenziali di queste mega aziende culturali. Gli oscuramenti degli account dovrebbero essere normati dalle leggi e dagli organi di controllo degli stati democratici. Affidarsi alla benevolenza degli Zuckerberg e dei Dorsey è una mossa rischiosissima e del tutto fideistica. Quando, qualche anno fa, incominciai a lavorare al mio romanzo Odio, immaginai un uomo poco più trentenne che arrivava a Roma per lavorare dietro le quinte della politica, salvo scoprire in fretta che il vero potere ormai non abita più dentro il parlamento o nei ministeri, quanto piuttosto nelle grandi aziende digitali, uno stato di cose che ora, dopo i fatti americani degli ultimi giorni,  è diventato evidente a tutti.   Che si ritenga o meno giusto nel merito censurare un presidente in carica, le limitazioni alla libertà di espressione di un politico eletto come a quella di un privato cittadino non dovrebbero mai essere prese in maniera unilaterale da aziende private che operano in condizioni di sostanziale monopolio. Aziende che per di più non sono sottoposte alle regole e alle responsabilità tipiche degli editori, benché di fatto lo siano, in particolar modo nel momento in cui prendono decisioni come queste. La creazione di limiti di accesso ai mezzi di comunicazione non può essere delegata alle policy aziendali oscure e autoreferenziali di queste mega aziende culturali, in particolare perché, per l’appunto, ognuna di esse opera sempre in regime di sostanziale monopolio all’interno della propria tipologia di servizio in virtù dell’effetto rete (ci può essere un solo servizio dominante tipo Facebook su un territorio perché la maggior parte degli utenti vogliono stare dove ci sono anche tutti gli altri), oltre che per gli enormi investimenti necessari a creare e tenere in piedi strutture di questo tipo. Il sistema è del tipo winner takes all, chi vince prende tutto, per questo trattare la questione della concorrenza delle piattaforme come se si trattasse di giornali del ventesimo secolo è sbagliato praticamente sotto tutti i punti di vista. Tuttavia se anche emergesse un network parallelo “di destra” a garantire un maggiore pluralismo – un esito non del tutto impossibile ma tecnicamente difficile vista l’impressionante omogeneità ideologica della Silicon Valley – questo non farebbe che aumentare la tribalizzazione, già devastante, delle nostre società, chiudendo ancora di più il mondo dentro delle bolle che non comunicano fra loro, bolle alimentate dall’emotività e dall’identificazione di gruppo, luoghi dove del logos occidentale rimarrebbe solo un pallido ricordo, una sorta di vestigia di una pratica ormai perduta. Deriva capitalistico-autoritaria Gli oscuramenti degli account, così come le demonetizzazioni degli utenti che creano contenuti, dovrebbero perciò essere normati dalle leggi e dagli organi di controllo degli stati democratici: le piattaforme andrebbero trattate come beni comuni e dovrebbero garantire sempre il massimo di libertà di espressione che il sistema può sostenere, senza moralismi, senza caccia alle streghe, con il rispetto anche di colui che è autenticamente altro, non solo di quell’altro che alla fine siamo sempre noi. L’alternativa è la creazione di milioni di esclusi e il collasso in una condizione di guerra di tutti contro tutti. Oggi le multinazionali del digitale sono delle black box: non esiste appello di fronte alle decisioni che questi monopoli prendono nei confronti dei loro utenti, peggio ancora non sappiamo mai neppure chi ha concretamente preso la decisione, uno stato di cose kafkiano che è una ferita profonda al nostro sistema democratico e all’uguaglianza e alla trasparenza dovuta al cittadino di fronte alla legge. La capacità di difendersi è cioè oggi praticamente zero e, considerata quanta parte dell’economia e dei posti di lavoro oggi passano dalle piattaforme, il loro potere di ricatto nei confronti dei cittadini è enorme. Tuttavia nel caso estremo in cui un politico minacci concretamente il funzionamento del sistema democratico può essere giusto prendere soluzioni estreme come quella di toglierli la voce, non può però essere Twitter a deciderlo unilateralmente, senza processo, con metodiche oscure e responsabilità misteriose. Altrimenti si passa dallo stato di diritto allo stato delle multinazionali. I social hanno creato il problema selezionando alcuni fra i tratti peggiori degli esseri umani per scopi meramente commerciali (ottenere attenzione da rivendere agli inserzionisti), ma questa a cui stiamo assistendo non è una soluzione, è una pericolosa deriva capitalistico-autoritaria. Affidarsi alla benevolenza degli Zuckerberg e dei Dorsey è una mossa rischiosissima e del tutto fideistica, e colpisce che trovi sostegno entusiasta fra coloro per i quali fino all’altro giorno il capitale era il male assoluto e oggi non sembrano avere più altro dio al di fuori del politicamente corretto. Anche questo è lo spirito dei tempi. Né può passare sotto silenzio che la censura, in questo caso, venga esercitata nei confronti di un presidente che aveva minacciato di far cambiare proprio quella legge che esenta le piattaforme dalle responsabilità degli editori permettendogli di non essere responsabili dei contenuti e di non redistribuire diritti d’autore. Se ogni atto eversivo va preso con la massima serietà, vanno tenuti in conto anche gli enormi interessi economici in gioco sull’altro lato della barricata: una cosa, cioè, non esclude l’altra. Bisogna quindi evitare di ridurre tutto a bianco o nero, costringere ogni cosa dentro quel sistema binario (con noi o contro di noi) che è la vera cifra arcaica e tribale dell’architettura e del sistema di incentivi dei social network. Una simile semplificazione è la ricetta più sicura per il disastro. © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediDaniele Rielli Nato nel 1982, vive a Roma. Scrittore, autore di reportage, sceneggiatore e autore teatrale. Ha pubblicato Quitaly (Indiana, 2014), Lascia stare la gallina (Bompiani, 2015) in corso di ripubblicazione per Mondadori, Storie dal mondo nuovo (Adelphi, 2016). Il suo ultimo libro è Odio ( Mondadori, 2020), romanzo che tratta il tema del capro espiatorio nell'era digitale.

Patti Yasutake, morta a 70 anni l'infermiera di 'Star Trek'Olimpiadi, le medaglie vinte dall'Italia: il confronto col passato

Parigi 2024, Tamberi in finale salto in alto: qualificazione con il brivido

"Aggrediti dopo aver rifiutato prestazioni sessuali", feriti 4 giovani: uno è graveSharon Verzeni, sequestrato garage nella stessa via in cui la 33enne è stata accoltellata

Incidente a Bolzano, scontro fra auto in via Innsbruck: un ferito graveMarcinelle, oggi il 68º anniversario della tragedia: le parole di Meloni e Mattarella

Olimpiadi, la reazione di Guram Tushishvili dopo la sconfitta nel judo: è stato cacciato

Ucraina, il blitz in Russia con tank e soldati: la nuova strategiaValerio torna a casa dopo l'incidente con il quad in Grecia: per lui un aereo da 21mila euro

Ryan Reynold
LinkedIn, il grande assente dalle campagne elettorali"Conte si assuma responsabilità tracollo", lettera di fuoco 11 ex eletti M5S in difesa di GrilloCosì la legge per snellire le liste d’attesa finirà per favorire solo la sanità privata

ETF

  1. avatarPerché la Turchia ha bloccato Instagram? L'indizio su HaniyehProfessore per gli Investimenti Istituzionali e Individuali di BlackRock

    Pedagogisti ed educatori, albi della discordia: rischio licenziamenti e asili nido chiusi? Cosa c’è di veroTrump vs Harris: botta, risposta e insulti sul dibattito tvHamas uccide una nonna e posta il video su Facebook, la scoperta della nipoteColpite da un fulmine in spiaggia: ecco cosa fare per proteggersi

      1. avatarOlimpiadi Parigi 2024, chi sono gli italiani in gara oggi: orari e programma 6 agostoGuglielmo

        Il caso della donna che ha ingerito uno spazzolino: cosa fare se succede

  2. avatarBiden: "Se Trump perde, temo passaggio di poteri non pacifico"trading a breve termine

    Il caso della donna che ha ingerito uno spazzolino: cosa fare se succedeSky, Dazn e Amazon, non pagheremo mai abbastanza: la crisi del calcio in tv scaricata sugli utentiPistacchio, lenticchie e Djokovic: non di sola carne vive un campioneStop ai voli per Tel Aviv, adesso Israele teme di rimanere a terra

  3. avatarSelassié, una delle 3 sorelle è incinta: l'indiscrezionetrading a breve termine

    Più sei in forma più sei fragile, come si spiegano i calcoli di TamberiCampagna social di Atreju: «Non prendete troppo sole, potreste cominciare a leggere Domani»Catalonia, operation 'Cage' launched to capture PuidgemontGuerra Russia-Ucraina, l'ambasciatore Antonov: "Usa non vogliono la pace"

Montagna, equipaggiamento adatto e occhio al meteo: i consigli per le vacanze sicure

"Potenziale guerra totale", Israele in allerta per rappresaglia IranIncendi, protocollo d'intesa fra Carabinieri Cufaa e Roma Natura*