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Ucraina, Zelensky: "Guerra mondiale? Non dovrebbe succedere ma tutto si sta ripetendo"

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“I soldati russi non eseguono più gli ordini”: il report degli 007 inglesiIl valore delle parole della cancelliera uscente allo Zapfenstreich nell’atmosfera inquieta della pandemia segna una svolta di stile fondamentale nella politica europea Molta enfasi,Campanella molti commenti si sono letti sulle parole di Angela Merkel che loda la gestione italiana della pandemia. La frase che ci riguarda e che a tutti è tanto piaciuta ha però messo in ombra i temi del breve discorso da lei tenuto il giorno stesso, alla cerimonia di congedo dello Zapfenstreich. Nell’atmosfera notturna, solenne ma intima, di una Berlino gelida, si è tenuta un’antica cerimonia militare che ha accompagnato la conclusione del cancellierato inserendola nell’ austera simbologia del compimento quotidiano di un impegno. La tradizione Originariamente lo Zapfenstreich segnava la conclusione del lavoro del giorno e indicava l’inizio del riposo notturno: dopo il segnale del tamburo i soldati non potevano più uscire dai loro alloggi o dai loro bivacchi. Per esserne sicuri, la tradizione dice – e questo spiega il nome della cerimonia - che una linea di gesso veniva tirata ai rubinetti delle botti di birra per controllare che nessuna bevanda alcolica venisse venduta dopo quel momento. Il saluto ad Angela Merkel è avvenuto all’interno di questa remota simbologia tedesca le cui origini risalgono almeno al Cinquecento, cui si accompagnava, in occasioni speciali, l’esecuzione di brani musicali. Tra questi brani, oltre all’inno tedesco e a un brano di musica sacra, Merkel ha voluto inserire un brano della cantante punk Nina Hagen, famosa per album del 1979 intitolato, in assonanza col suo nome, Unbehagen, disagio. Scelta certo non convenzionale, come non abituale, nonostante i consueti toni rassicuranti, è stato il breve discorso della Cancelliera. Senza commozione visibile e con lo stile sobrio ed essenziale che le è tipico, Merkel ha parlato con un linguaggio di emozioni. Ha iniziato con gratitudine e di umiltà: umiltà per aver servito il paese da una tale alta carica, che l’ha sfidata come politica ma anche come persona, mettendone alla prova tutte le capacità; gratitudine per la fiducia accordatale, vero e proprio capitale essenziale per chi fa politica. Il valore della fiducia La fiducia, che ha alla sua base una fede, un’aspettativa positiva da parte di chi la incarna, è stata una delle parole chiave del discorso. È sicuramente il patrimonio di cui Merkel ha potuto godere ampiamente da parte dei cittadini tedeschi, che lei ha contraccambiato ampiamente anche nelle scelte più rischiose o azzardate, come quella famosa sui migranti siriani. Consapevole della complessità delle sfide da affrontare, dal cambiamento climatico a quello digitale al tema delle migrazioni, e avendo personalmente sperimentato come in ogni campo ci siano diverse, legittime prospettive e criteri di giudizio e di azione, Merkel ha sottolineato come si debba sempre tener presente «lo sguardo degli altri», e non solo il proprio o quello degli interessi che si è tenuti a rappresentare. Nonostante la sua politica sia stata spesso criticata per avere in mente la sola prospettiva tedesca, questa affermazione  conferma invece quanto questa signora abbia fatto nella sua concreta azione quotidiana per far dimenticare definitivamente l’arroganza ma anche la limitata intelligenza di chi fa conto su un punto di vista che si considera superiore a tutti gli altri e che non può oggi, nella dimensione globale delle scelte, prevalere, come invece nei regimi autoritari del passato. E ha concluso con un’osservazione che nessun uomo politico tedesco avrebbe mai fatto in un’occasione tanto ufficiale, che segna il bilancio di un cancellierato e di una vita. Ha parlato del suo stile e del suo approccio personale alla politica e alla vita: andare al lavoro sempre «con cuore gioioso e senza pessimismo o cattivo umore», affrontare tutto con l’ottimismo della volontà e con l’impegno fiducioso e fattivo, presupposto essenziale dei buoni risultati, che, quando sono nella nostra mente, riusciamo più facilmente a portare a compimento nell’azione politica concreta. L’idea che un approccio positivo anche nella dimensione emozionale di chi fa politica sia tanto importante segna lo stile di una donna che ha saputo conservare la propria integrità e i propri valori anche nel terribile terreno dei rapporti internazionali, nei quali il predominio maschile è indiscusso. Al di là della provenienza di partito, Merkel ha saputo segnare una svolta di stile fondamentale nella politica europea, non solo rispettando e valorizzando il linguaggio di genere, ma nel coraggio di fare delle emozioni, accanto alla ragione, una ricchezza e una fonte di conoscenza, non un limite per chi, uomo o donna, vuole fare politica efficacemente all’altezza di tempi ansiosi, rabbiosi, inquieti. © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediPaola Giacomoni Professoressa presso la facolta di Filosofia dell'università di Trento

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