Parigi 2024, Team Usa travolge il Sud Sudan. Grande Adebayo | Gazzetta.itPhilippe Petit, 50 anni fa la traversata delle Torri Gemelle - Teatro - Ansa.itManica (Pd),si recuperi piena rappresentatività Camera commercio - PMI - Ansa.it
Toti a Roma incontra Lupi e Salvini: 'Non mi sono sentito abbandonato' - Notizie - Ansa.itLa contemporanea presenza di persone poco raccomandabili,Professore Campanella di meretrici, di affaristi che maneggiavano il denaro, che poi era lo sterco del diavolo, faceva di questi locali luoghi del peccato per eccellenza. Il sospetto aleggiava sulle taverne sempre, ma del resto la funzione economica e sociale non poteva essere sostituitaAndare all’osteria era un rito sociale nel passato e lo è rimasto anche dopo l’industrializzazione. Ogni paese o villaggio, ma anche ogni quartiere delle città più grandi aveva la sua osteria frequentata dai locali. Ci si andava per stare insieme, per bere, per fare affari, per giocare a carte o a morra, per creare società, magari per fare affari loschi, ma ci si andava anche per mangiare. Ne abbiamo molte testimonianze anche per quanto riguarda l’antichità, basti pensare alle tante tabernae che possiamo vedere a Pompei e agli altri locali simili che si riscontrano in quasi tutti gli scavi romani di una certa entità. In epoca romana In realtà, il sistema di ristorazione romano era abbastanza complesso e ovviamente subì una forte evoluzione nel corso dei secoli, ma volendo prendere come punto fermo il periodo di maggiore prosperità e di maggior sviluppo urbano, quindi grossomodo tra il I e il II secolo d.C., la struttura dei locali dediti alla vendita di cibo pronto e di bevande risulta abbastanza consolidata. Nella sostanza, i testi antichi per descrivere quelle che oggi chiameremmo taverne, utilizzano i termini popina e caupona: quasi come sinonimi. Nel tempo coquina denoterà “l’arte del cucinare”, mentre popina l’edificio. Di solito questi esercizi commerciali erano posizionati in vicinanza delle porte urbane, sia dentro che fuori dalla città, in modo da poter sfruttare il maggiore flusso di passanti.Ancora nel medioevo le taverne erano luoghi che rispondevano alle esigenze di coloro, pochi per la verità, che si mettevano in viaggio o di coloro che, venendo dai territori circostanti, dovevano restare in città per poche ore. Ma al tempo stesso erano anche il luogo di incontro per coloro che in quella città e in quel quartiere ci vivevano.La contemporanea presenza di persone poco raccomandabili, di meretrici, di affaristi che maneggiavano il denaro, che poi era lo sterco del diavolo, faceva di questi locali luoghi del peccato per eccellenza. Il sospetto aleggiava sulle taverne sempre, ma del resto la funzione economica e sociale non poteva essere sostituita. La città non poteva fare a meno di questi locali.I primi regolamenti A partire dall’XI secolo i sempre più frequenti statuti cittadini, scritti con lo scopo di regolare i rapporti economici, sociali e politici all’interno delle mura urbane, cominciarono a occuparsi anche di osterie e taverne, con lo scopo specifico di stabilire cosa vi si potesse vendere, quali cibi si potessero consumare al loro interno, quali bevande potessero essere ammesse e così via.Ovviamente questi regolamenti avevano anche una dimensione negativa, cosa non si potesse vendere, che di solito veniva descritto con la stessa precisione dell’elenco positivo. Nella logica fortemente regolativa dei mercati urbani in età preindustriale, il tema principale era la determinazione dei prezzi dei beni messi in vendita, ma nel caso di coloro che vendevano cibi già cotti, la regolazione doveva passare necessariamente anche per l’indicazione puntuale delle tecniche di preparazione. In altre parole, bisognava regolamentare per legge anche le ricette con le quali si cucinavano i piatti.La ricetta, quindi, era la garanzia economica e politica per i regolatori pubblici. Ma al tempo stesso era la garanzia igienica e sanitaria per i consumatori, che conoscendo i canali di approvvigionamento delle materie prime e il modo di cucinare un determinato piatto si sentivano abbastanza tranquilli nel momento in cui lo consumavano. Infatti, questa garanzia in tempi normali era sufficiente, ma quando all’interno della città scoppiavano delle epidemie, tra i primi a salire sul banco degli imputati c’era il cibo. Carne, pane, pesce, frutta, erbe e così via; quindi era del tutto normale che prima o dopo toccasse anche ai cibi già cotti, venduti per strada o nelle taverne. E per un logico contrappasso, a destare sospetto erano proprio quelle ricette che fino al giorno prima rassicuravano tutti.Le fobie collettiveDurante le epidemie di peste che si susseguono nelle città europee dalla metà del XIV secolo fino alla metà del XVII secolo, le dicerie sulle taverne come luogo di diffusione dei contagi, si rincorrono senza sosta. Oggi sappiamo che dal punto di vista scientifico queste dicerie avevano anche un fondo di verità, dal momento che nei luoghi chiusi e affollati i batteri circolavano molto più facilmente. Ma le accuse nei confronti di questi esercizi pubblici nel medioevo nell’età moderna, non riguardavano questo aspetto; l’elemento pericoloso veniva individuato nei piatti che venivano distribuiti.Come sempre, le fobie collettive si nutrono di voci incontrollate e sempre più irrazionali. Si andava dall’accusa agli osti di servire carne di gatto, fino al terrore della carne umana. Quando si diffondevano queste dicerie, le autorità cittadine non potevano rimanere inerti o limitarsi a negare che ciò fosse possibile. Bisognava agire, entrare nelle osterie e nelle taverne, controllare, sequestrare, mettere in galera i proprietari di questi esercizi, insieme ai loro garzoni, a loro volta complici di questi ignobili delitti. Tutta questa frenesia interventista non faceva altro che rafforzare le irrazionali paure popolari. La paura passava solo con il ritorno alla normalità; passava l’epidemia e quindi non c’era motivo per alimentare il sospetto. Almeno fino alla prossima epidemia.© Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediAlberto Grandi
Nè lei nè lui ma'loro', ecco Saunders pesista in maschera - News Olimpiadi 2024 - Ansa.itCamera Commercio Nuoro, bandi da 400mila euro per le imprese - PMI - Ansa.it
È morto Lino Jannuzzi, una vita tra giornalismo e politica - Notizie - Ansa.it
Elettricità Futura denuncia a Ue moratoria sarda rinnovabili - Energia & Energie - Ansa.itAntonella Palmisano: Olimpiadi, marito coach e fiori in testa | Gazzetta.it
Il MO dialoga in House di Amos Gitai, per Romaeuropa Festival - Teatro - Ansa.itNapoli su Gilmour, la trattativa con il Brighton | Gazzetta.it
Poste, il servizio passaporti arriva nelle grandi città - Poste News - Ansa.itDa Natali a Sardo e Parlanti: chi sono i giovani italiani che cercano spazio all'estero | Gazzetta.it
Allenamento mezza maratona: la tabella per la settimana 7 | Gazzetta.itPsa, raggiunti obiettivi report sostenibilità per il 2023 - Blue Economy - Ansa.itArrestata borseggiatrice, libera perché sempre incinta - Notizie - Ansa.itMimit con Renexia e MingYang per le turbine eoliche - Energia & Energie - Ansa.it
Chiesa, l'agente a Roma ma la trattativa non decolla | Gazzetta.it
Alice Bellandi alle Olimpiadi: categoria, allenamenti e rinascita | Gazzetta.it
Tesla: 1,85 milioni di auto richiamate per un problema al cofano | Gazzetta.itBilal e Fatima, i due danzatori marocchini alle Olimpiadi - Storie dal Mediterraneo - Ansa.itMedia, polizia attiva un dispositivo per intercettare Puigdemont - Notizie - Ansa.itCalciomercato Atalanta, arriva Retegui, c’è l’accordo con il Genoa | Gazzetta.it
Emicrania nei bambini lascia impronte su cervello e intestino | Gazzetta.itMacchi e il verdetto dei giudici: la storia dei torti ai danni dell'Italia | Gazzetta.itPhilippe Petit torna sul filo in una cattedrale di New York - Teatro - Ansa.itTerremoto di magnitudo 7.1 in Giappone, 'alte possibilità di una scossa devastante' - Asia - Ansa.it