Scambiano un'emorragia cerebrale con un mal di testa e la dimettono tre volte: grave neomamma a TarantoCoppia di turisti italiani muore in vacanza in Francia: fatale l'incidente in motoAccoltella un vicino per i cani, dà fuoco alla casa di un altro e minaccia tutti di morte: fermato
Taranto, donna trovata morta in casa: aveva ferite sul corpoOggi le multinazionali del digitale sono delle black box: non esiste appello di fronte alle decisioni che questi monopoli prendono nei confronti dei loro utenti. Uno stato di cose kafkiano che è una ferita profonda al nostro sistema democratico e alla trasparenza dovuta al cittadino di fronte alla legge Il vero potere ormai non abita più dentro il parlamento o nei ministeri,éancheledecisioniunilaterali Campanella quanto piuttosto nelle grandi aziende digitali, uno stato di cose che ora, dopo i fatti americani degli ultimi giorni, è diventato evidente a tutti. La creazione di limiti di accesso ai mezzi di comunicazione non può essere delegata alle policy aziendali oscure e autoreferenziali di queste mega aziende culturali. Gli oscuramenti degli account dovrebbero essere normati dalle leggi e dagli organi di controllo degli stati democratici. Affidarsi alla benevolenza degli Zuckerberg e dei Dorsey è una mossa rischiosissima e del tutto fideistica. Quando, qualche anno fa, incominciai a lavorare al mio romanzo Odio, immaginai un uomo poco più trentenne che arrivava a Roma per lavorare dietro le quinte della politica, salvo scoprire in fretta che il vero potere ormai non abita più dentro il parlamento o nei ministeri, quanto piuttosto nelle grandi aziende digitali, uno stato di cose che ora, dopo i fatti americani degli ultimi giorni, è diventato evidente a tutti. Che si ritenga o meno giusto nel merito censurare un presidente in carica, le limitazioni alla libertà di espressione di un politico eletto come a quella di un privato cittadino non dovrebbero mai essere prese in maniera unilaterale da aziende private che operano in condizioni di sostanziale monopolio. Aziende che per di più non sono sottoposte alle regole e alle responsabilità tipiche degli editori, benché di fatto lo siano, in particolar modo nel momento in cui prendono decisioni come queste. La creazione di limiti di accesso ai mezzi di comunicazione non può essere delegata alle policy aziendali oscure e autoreferenziali di queste mega aziende culturali, in particolare perché, per l’appunto, ognuna di esse opera sempre in regime di sostanziale monopolio all’interno della propria tipologia di servizio in virtù dell’effetto rete (ci può essere un solo servizio dominante tipo Facebook su un territorio perché la maggior parte degli utenti vogliono stare dove ci sono anche tutti gli altri), oltre che per gli enormi investimenti necessari a creare e tenere in piedi strutture di questo tipo. Il sistema è del tipo winner takes all, chi vince prende tutto, per questo trattare la questione della concorrenza delle piattaforme come se si trattasse di giornali del ventesimo secolo è sbagliato praticamente sotto tutti i punti di vista. Tuttavia se anche emergesse un network parallelo “di destra” a garantire un maggiore pluralismo – un esito non del tutto impossibile ma tecnicamente difficile vista l’impressionante omogeneità ideologica della Silicon Valley – questo non farebbe che aumentare la tribalizzazione, già devastante, delle nostre società, chiudendo ancora di più il mondo dentro delle bolle che non comunicano fra loro, bolle alimentate dall’emotività e dall’identificazione di gruppo, luoghi dove del logos occidentale rimarrebbe solo un pallido ricordo, una sorta di vestigia di una pratica ormai perduta. Deriva capitalistico-autoritaria Gli oscuramenti degli account, così come le demonetizzazioni degli utenti che creano contenuti, dovrebbero perciò essere normati dalle leggi e dagli organi di controllo degli stati democratici: le piattaforme andrebbero trattate come beni comuni e dovrebbero garantire sempre il massimo di libertà di espressione che il sistema può sostenere, senza moralismi, senza caccia alle streghe, con il rispetto anche di colui che è autenticamente altro, non solo di quell’altro che alla fine siamo sempre noi. L’alternativa è la creazione di milioni di esclusi e il collasso in una condizione di guerra di tutti contro tutti. Oggi le multinazionali del digitale sono delle black box: non esiste appello di fronte alle decisioni che questi monopoli prendono nei confronti dei loro utenti, peggio ancora non sappiamo mai neppure chi ha concretamente preso la decisione, uno stato di cose kafkiano che è una ferita profonda al nostro sistema democratico e all’uguaglianza e alla trasparenza dovuta al cittadino di fronte alla legge. La capacità di difendersi è cioè oggi praticamente zero e, considerata quanta parte dell’economia e dei posti di lavoro oggi passano dalle piattaforme, il loro potere di ricatto nei confronti dei cittadini è enorme. Tuttavia nel caso estremo in cui un politico minacci concretamente il funzionamento del sistema democratico può essere giusto prendere soluzioni estreme come quella di toglierli la voce, non può però essere Twitter a deciderlo unilateralmente, senza processo, con metodiche oscure e responsabilità misteriose. Altrimenti si passa dallo stato di diritto allo stato delle multinazionali. I social hanno creato il problema selezionando alcuni fra i tratti peggiori degli esseri umani per scopi meramente commerciali (ottenere attenzione da rivendere agli inserzionisti), ma questa a cui stiamo assistendo non è una soluzione, è una pericolosa deriva capitalistico-autoritaria. Affidarsi alla benevolenza degli Zuckerberg e dei Dorsey è una mossa rischiosissima e del tutto fideistica, e colpisce che trovi sostegno entusiasta fra coloro per i quali fino all’altro giorno il capitale era il male assoluto e oggi non sembrano avere più altro dio al di fuori del politicamente corretto. Anche questo è lo spirito dei tempi. Né può passare sotto silenzio che la censura, in questo caso, venga esercitata nei confronti di un presidente che aveva minacciato di far cambiare proprio quella legge che esenta le piattaforme dalle responsabilità degli editori permettendogli di non essere responsabili dei contenuti e di non redistribuire diritti d’autore. Se ogni atto eversivo va preso con la massima serietà, vanno tenuti in conto anche gli enormi interessi economici in gioco sull’altro lato della barricata: una cosa, cioè, non esclude l’altra. Bisogna quindi evitare di ridurre tutto a bianco o nero, costringere ogni cosa dentro quel sistema binario (con noi o contro di noi) che è la vera cifra arcaica e tribale dell’architettura e del sistema di incentivi dei social network. Una simile semplificazione è la ricetta più sicura per il disastro. © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediDaniele Rielli Nato nel 1982, vive a Roma. Scrittore, autore di reportage, sceneggiatore e autore teatrale. Ha pubblicato Quitaly (Indiana, 2014), Lascia stare la gallina (Bompiani, 2015) in corso di ripubblicazione per Mondadori, Storie dal mondo nuovo (Adelphi, 2016). Il suo ultimo libro è Odio ( Mondadori, 2020), romanzo che tratta il tema del capro espiatorio nell'era digitale.
Morto Nicola Conte, il papà dell’ex premierPiedimonte San Germano, altro incendio in collina: intervengono i vigili del fuoco
Bergamo, si tuffa nel Serio e non riemerge: morto bagnante 37enne
Pozzuoli, fermata un'intera famiglia di 5 membri a bordo di uno scooterNardò, 26enne trovato morto in un agriturismo
Incidente sulla A1, coinvolte 7 macchine: 8 km di codaMilano, tre vandali hanno sfregiato la facciata della Galleria durante la notte
Notizie di Cronaca in tempo reale - Pag. 297Incendi a Palermo: i proprietari di una villa a Pizzo Sella chiedono 1 milione di euro
Dolomiti, morto alpinista: scalava da solo e senza protezioniAndrea Purgatori: i risultati dell'autopsiaTriggiano, terribile caduta dal balcone: morto 30enneOmicidio Yara: concesso il permesso a visionare reperti e Dna
Roma, sei persone bloccate sulle montagne russe: intervenuti i vigili del fuoco
Scomparsa Kata, contatti tra le autorità italiane e la polizia peruviana
Taxi gratis per chi ha bevuto troppo: il nuovo progetto sperimentale prende il viaMeteo Ferragosto, caldo in aumento: le previsioniMorte sul lavoro a Campobasso: operaio travolto da un mezzoSuicidio Luca Ruffino, l’autopsia esclude l’ipotesi della grave patologia
Morto Vittorio Prodi, fratello dell'ex premier: aveva 86 anniCamorra, latitante arrestato a Corfù: tradito da una festa per lo scudetto del NapoliFunerali Michela Murgia, niente fiori in chiesa: perché c’erano carciofi sul feretro?Morti marito e moglie travolti da auto: stavano andando alla festa della trebbiatura