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«Organizzo le vacanze ai ricchi e una famiglia ha prenotato un viaggio da 10 milioni: ecco cosa era incluso»Il personaggioIl cuoco con il dono dell'ubiquitàChristian Frapolli racconta il suo rapporto con l'arte culinaria,analisi tecnica che in televisione è tutta un'altra cosa© CdT/ Chiara Zocchetti Marco Ortelli12.05.2024 15:45Christian Frapolli ha il dono dell’ubiquità. Quando si trova in un luogo, la sua presenza si moltiplica simultaneamente su tutto il territorio cantonale, e anche oltre. Questo almeno tele-visivamente, da quando nel 2011 ha iniziato la carriera professionale alla RSI. «Tutto è partito quando i produttori della trasmissione Piattoforte hanno dato la possibilità ai candidati di partecipare e affiancare lo chef Simone Bianchi per una settimana». Christian Frapolli propone un suo piatto, «lo stinco disossato», che evidentemente riempì la pancia dei telespettatori e nello stesso tempo bucò lo schermo, al punto di venire scelto. Da allora il nostro cuciniere si è fatto in tre e quattro stagioni televisive: Cuochi d’artificio nel 2014, Filo diretto nel 2018 e Siamo Fuori dal 2021, queste due ultime trasmissioni diffuse in… diretta. «L’impatto con la diretta è stato brutale - osserva Frapolli - in pratica mi hanno messo in una cucina e li ho dovuto imparare facendo». Cucinare, Christian Frapolli però già lo sapeva fare, essendo stato cuoco per passione nella sua vita professionale precedente. Quelle puntine brasate...«Nel 2000, con mio papà Renzo abbiamo ristrutturato un rustico in Valcolla, una piccola stalla che abbiamo trasformato in un grotto e locale pubblico», rievoca Frapolli. È il Grott dal Galett a Scareglia, gestito in modo «ultra-famigliare» fino al 2008. Chi ha avuto l’opportunità di recar loro visita in quel periodo ricorderà ancora oggi le «puntine brasate» (e non solo quelle), ricetta la cui nascita è stata «casuale». «Ad un certo punto, di domenica avevo cominciato a fare la griglia. Un flop. Ma no, se che ta fet la griglia, fa i to robb, mi avevano sfiduciato in parecchi. Una sera che di puntine ne avevo fatte davvero tante mi sono detto, provo a brasarle. Classico soffritto, vino bianco, vino rosso, il suo brodo, burro… Essendo già grigliate le ho fatte cuocere per circa 3 ore». Il risultato? «Spaziale», commenta Frapolli, che così comincia a preparare la ricetta per il grotto. «Un’ora di cottura per sgrassarle, cambio teglia per eliminare il grasso, brasatura con vino brodo e soffritto per buone 4 ore di cottura lenta a bassa temperatura, cioè 130 gradi, con la carne che diventa sempre più morbida». Cottura lunga che è stata la scelta vincente del grotto caratterizzato da una cucina tradizionale. «Nonna Dina e nonna Agnese – unitamente a mia mamma Manuela - sono state determinanti per la mia ‘formazione’ di cuoco. Una cucina semplice, tradizionale, che ho poi riproposto al grotto, dove non potevano mancare polenta, patate o pappardelle come contorno per accompagnare stinco o arrostino di maiale». Una carta che comprendeva anche tagliata mista, formaggi della regione, formaggini e büscion, unitamente a un buon bicchiere di vino servito nel tazzin col boccalino. «Forse non molti sanno che il boccalino è un’unità di misura, un quinto - ci rende edotti Frapolli -, e serve per versare il vino nel tazzino». Estetica a tavola Nato e cresciuto a Lugano dove ha frequentato le scuole dell’obbligo e il liceo, ottenuta la maturità Christian Frapolli si trasferisce due anni a Firenze dove porta a compimento il corso accademico di restauro di dipinti su tela e tavola. Rientrato in Ticino la professione di restauratore non prende slancio, cambia attività facendo lavori vari per poi... continuare, in un certo senso, ad occuparsi di tele - le tovaglie, la televisione - e di tavole - imbandite. Trova analogie tra le attività di restauro e ristoro? «L’estetica - osserva Frapolli -. Sono sempre andato alla ricerca di qualcosa di bello, anche visivamente. Che si trattasse di un semplice piatto di polenta e brasato, mi sono reso conto che apportando qualche piccolo accorgimento, un certo tipo di disposizione, un po’ di erbette, di colore, questo bastava a dare quel tocco in più. Sono inoltre pignolo e preciso, quando parto con una ricetta tutto deve procedere in modo pulito, coordinato». Molto molto... «slow»Come noto, anche chi cucina, mangia. Christian Frapolli fa «fuochi» d’artificio a tavola? «Ho un po’ la nomea di essere un divoratore di burro e probabilmente anche quella di essere un mangione di cose belle e sostanziose. Invece no, ad esempio a casa con mia moglie Paola il burro diventa… giallo, usiamo solo olio d’oliva». In casa Frapolli vi è una chiara divisione del lavoro. «Dico la verità, a casa cucina solo mia moglie, la sera arrivo a casa alle otto e non ho più né la forza né il tempo di mettermi in cucina. Io entro in azione per le cene con amici e famigliari o nelle feste tradizionali come Natale e Pasqua». La cucina di Paola? «Semplice e salutare, con molte verdure, cereali, poca carne rossa, pollo…». Quando «entra in azione», come sorprende amici e famigliari il restauratore cuoco cucinatore? «Non faccio altro che riproporre quanto facevo al grotto. Un classico è il maialino al forno, alta cottura, parliamo di 5 ore e mezza, oppure le costine brasate, sempre molto apprezzate». Decisamente non fast ma slow è l’unità di… cottura del nostro interlocutore. «Io adoro coccolare il cibo, mi piace il forno, girare il pezzo di carne singolarmente, bagnarlo e curarlo. Mi piace prendere il mio tempo, perché la cucina è fatta anche di spazi». Quando «sono fuori» Christian e Paola prediligono ristoranti particolari? «Usciamo davvero poco, col fatto che sto davvero tanto in mezzo alla gente apprezzo molto stare a casa, amo il nucleo famigliare. Ci piace però andare al ristorante per farci coccolare. Personalmente non sono da ristorante stellato ma più un tipo d’agriturismo con i suoi piaceri culinari». Come noto, anche chi cucina, beve… «Non sono un gran bevitore, ma soprattutto non sono un intenditore. Del vino puoi raccontarmi tutto quello che vuoi, mi ta disi ma pias o ma pias mia. Al terzo bicchiere si può dedurre che quel vino mi piace. A casa bevo acqua del rubinetto o il classico tè in bustina». Non solo per riempire gli stomaciQuattordici anni di trasmissioni televisive, oltre 2.000 ricette cucinate. Conversando con Christian Frapolli ci spunta un’immagine, una vignetta creata nel 1970 dalla fumettista neozelandese Kim Kasali, L’amore è… (Love is…). Allora, Cucinare è? «Cucinare è amore, lo dico perché ho conquistato mia moglie con la cucina. Cucinare è amore per il prossimo, per chi ti sta vicino. La soddisfazione, per chi cucina, è sentire un amico, una persona cara, tua moglie che dicono «Ooh, che spettacolo». Allora hai raggiunto il tuo obiettivo, che non è tanto riempire gli stomaci, quanto sentire l’apprezzamento per quello che hai offerto. Per me, il confine tra cucina e amore è molto labile». In questo articolo: La Domenica
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