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Erdogan torna a fare il paciere: “Sentirò Zelensky e Putin”La funzione del divorzio è progressivamente mutata e ha superato la dimensione meramente “demolitoria” o rimediale nella quale aveva inizialmente trovato la ragione normativa e sociale della sua esistenza,Guglielmo per normalizzarsi e assumere una dimensione “costruttiva” Nei giorni 11,12 e 13 novembre 2021 si svolge a Ca’ Foscari, il Convegno di studi “Divorzio e famiglie. Mezzo secolo di storia del diritto italiano". L’evento è organizzato dal Dipartimento di Economia dell’Ateneo veneziano, per iniziativa dei docenti giuscivilisti, nel contesto delle attività del dottorato di ricerca in diritto, mercato e persona. In continuità con alcuni grandi convegni che Ca’ Foscari ha patrocinato nel campo del diritto di famiglia, prima e dopo la storica riforma del 1975, e poi in occasione del Convegno dei Civilisti del 1988, questa iniziativa vede ora come allora la presenza di autorevoli maestri e studiosi del diritto di famiglia, con il contributo dei quali si intende fare il punto sull’assetto attuale delle relazioni familiari a distanza di cinquant’anni dall’introduzione di una disciplina che ha segnato per sempre le sorti delle relazioni di coppia e delle comunità familiari. Una conquista civile Uno sguardo attento al denso e impegnativo programma rivela che non si tratta di una mera celebrazione dell’anniversario di una legge da molti considerata quale una delle più importanti conquiste civili del nostro paese. Da allora ad oggi, infatti non è cambiato soltanto il regime della durata e dello scioglimento del matrimonio: sono cambiate del tutto, a partire dal loro fondamento normativo e valoriale, le relazioni familiari ed i modi di estrinsecare la propria personalità attraverso le forme della convivenza e della filiazione. E ciò senza il divorzio forse non sarebbe accaduto.  Le relazioni della prima sessione ripercorrono questi cinquant’anni per cogliere come –insieme con quella della famiglia- la funzione del divorzio sia progressivamente mutata, ed abbia superato la dimensione meramente “demolitoria” o rimediale nella quale aveva inizialmente trovato la ragione normativa e sociale della sua esistenza, per normalizzarsi e assumere una dimensione “costruttiva”. La dimensione costruittiva In quest’ottica, i contributi delle successive sessioni mettono a punto un’immagine del divorzio come linea di confine tra diversi ordini relazionali, come occasione dalla quale –a fronte della crisi della coppia- possono dipanarsi modelli "altri” di convivenze e di “stare insieme”, più vicini alle nuove dimensioni relazionali volute dalle parti. Il divorzio genera intanto una diversa forma di relazione tra genitori e figli, ma anche una diversa modalità di vita della famiglia allargata (si pensi al tema dei rapporti tra nonni e nipoti); così come determina una diversa organizzazione dei rapporti patrimoniali, nel passaggio dal regime patrimoniale della famiglia originariamente prescelto ad un regime “altro” delle risorse già presenti nell’economia della famiglia, e di quelle successive (si pensi al tema dell’ attribuzione della casa familiare, o a quello del mantenimento dei figli o degli assegni divorzili). Nella sessione finale l’intento è quello di tracciare le linee della forse definitiva “normalizzazione” del divorzio, all’esito delle sue plurime stagioni di vita, che hanno visto progressivamente crescere l’autonomia dei coniugi nella soluzione delle crisi familiari ed anche nella definizione degli assetti successivi alla crisi. Questo percorso dell’istituto divorzile non va visto come elemento perturbatore della stabilità familiare. la famiglia come istituzione Già nel secolo scorso, infatti, illustri studiosi mettevano in rilievo la necessità di considerare la famiglia come istituzione sociale immersa nel suo tempo, rispetto alla quale la persistenza perenne di una coppia che non sente più la “comunione spirituale e materiale” della propria esistenza non può essere imposta con la forza.  Il divorzio diventa in tal senso un elemento peculiare delle dinamiche di composizione e ricomposizione sociale, esattamente come lo sono il matrimonio e le altre forme di unioni personali. A distanza di cinquant’anni dalla sua introduzione, e a fronte degli altri significativi mutamenti legislativi che il diritto di famiglia ha registrato, ad esempio con la riforma della filiazione e l’introduzione di una disciplina delle unioni civili, il divorzio appare come uno strumento capace di assecondare coerentemente l’integrazione dei modelli familiari in un sistema che tende a privilegiare l’autonomia dei singoli e la libera esplicazione della  personalità, senza compromettere la protezione degli interessi dei soggetti coinvolti dalla crisi familiare. La giurisprudenza Le Carte europee dei diritti tutelano i singoli nell’espressione della personalità e nel “diritto” di farsi una famiglia; la giurisprudenza di legittimità riconosce il diritto dei coniugi di porre fine al legame familiare, ed ha raggiunto –all’esito di un percorso che vede solo di qualche giorno fa l’ultima decisione della Cassazione a Sezioni Unite- una elaborazione delle tematiche relative all’assegno divorzile, come ai diritti non solo patrimoniali dei figli, che destituisce di fondamento quelle impostazioni che ancora vedono nel divorzio uno strumento di destabilizzazione sociale. E nello stesso senso si indirizzano gli orientamenti dei giudici interni ed europei che –all’insegna del best interest of the child- sempre e comunque offrono protezione ai diritti dei minori. Riguardato da questo punto di vista, dunque, e a distanza di mezzo secolo, il divorzio può esser letto come un dispositivo che ragionevolmente normalizza e regola la temporalità delle esperienze di vita personale, conferendo anche ai legami affettivi l’opzione di una diversa riorganizzazione funzionale a nuovi assetti personali, professionali o sociali, non disgiunta da appropriati strumenti di responsabilità e di protezione di tutti gli interessi coinvolti.   © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediCarmelita Camardi Professoressa ordinaria di Diritto privato, Università Ca’ Foscari Venezia

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