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Giorgia Meloni in Cina, il compleanno in abiti tradizionali con la figlia Ginevra: «Ma di chi è la festa?». Il video viraleL’attribuzione ai giudici delle impugnazioni del potere di dichiararne l’inammissibilità qualora gli atti introduttivi non siano ritenuti chiari,BlackRock Italia sintetici e specifici equivale alla libera circolazione delle armi negli Stati Uniti. Qualche giudice potrebbe farne un uso improprio. Negli Stati Uniti ferve il dibattito sulla libera vendita delle armi da fuoco. Se queste possono essere acquistate senza alcun controllo, è possibile che qualche acquirente ne faccia un uso improprio. Il che avviene talvolta con strage di innocenti. E la discussione sull’argomento si ravviva. Nello schema del decreto delegato approvato dal Consiglio dei Ministri il 28 luglio 2022, in base all’art. 3, commi 26, lett. a), e al successivo comma 27, lett. d), la chiarezza e la sinteticità degli atti sono destinate a diventare requisiti di ammissibilità delle impugnazioni. L’attribuzione ai giudici delle impugnazioni del potere di dichiararne l’inammissibilità qualora gli atti introduttivi non siano ritenuti chiari, sintetici e specifici equivale alla libera circolazione delle armi negli Stati Uniti. Qualche giudice potrebbe farne un uso improprio. "Chiari, sintetici e specifici” Anche in funzione dell’abbattimento del 90% dell’arretrato civile e della riduzione del 40% della durata dei procedimenti civili entro il 2026, indicati quali obiettivi strategici dal Piano Straordinario per la Giustizia, qualche giudice potrebbe dichiarare inammissibile l’appello o il ricorso per cassazione, perché non li ritiene chiari, sintetici e specifici. Nella preghiera al Padre nostro si chiede di «non esporci alla tentazione». Ma la tentazione di liberarsi di un fascicolo, perché l’atto di impugnazione è ritenuto non chiaro, non sintetico e non specifico potrebbe essere invincibile. Le vicende dei «quesiti» e del principio di autosufficienza del ricorso sono, in questa prospettiva, esemplari. Gli abusi nelle dichiarazioni di inammissibilità dei ricorsi in riferimento ai primi, previsti dall’art. 366 bis, c.p.c., aggiunto dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, ne hanno determinato l’abrogazione con la l. 18 giugno 2009, n. 69: v. anche per indicazioni, la Relazione dell’Ufficio del Massimario n. 25 del 3 marzo 2008. Gli abusi nelle dichiarazioni di inammissibilità dei ricorsi in riferimento al secondo hanno indotto alla stipulazione del Protocollo tra la Corte di Cassazione e il Consiglio Nazionale Forense il 17 dicembre 2015: v. anche per indicazioni, la Relazione dell’Ufficio del Massimario n. 116 del 30 novembre 2021. Un altro protocollo? Appare ragionevole prevedere che, sulla portata precettiva della sanzione di inammissibilità delle impugnazioni per mancanza di chiarezza, di specificità e di sinteticità, si aprirà un intenso dibattito, del quale sono state già avvertite le avvisaglie; che occorrerà attendere un intervento nomofilattico del più autorevole collegio della Corte di cassazione; che si arriverà alla stipulazione di un altro protocollo. Questi esiti, tuttavia, non risarciranno le vittime delle applicazioni improprie delle nuove disposizioni, come il dibattito sulla vendita delle armi negli Stati Uniti non lenisce il dolore per le morti innocenti. Nella preghiera al Padre nostro si dice anche «sia fatta la Tua volontà». Il Consiglio dei ministri il 28 luglio, ha approvato, quale «affare corrente», lo schema di decreto legislativo. Il Parlamento, sebbene sciolto, dovrà esprimere il parere sul testo. Questo non è, tuttavia, definitivo. Dopo i pareri del Parlamento, del Consiglio Superiore della Magistratura e del Consiglio di Stato, il decreto delegato dovrà essere nuovamente approvato dal Consiglio dei Ministri e soltanto dopo potrà essere promulgato ed arrivare sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica. Non sono in discussione la chiarezza, la specificità e la sinteticità degli atti di impugnazione, ma l’attribuzione al giudice di questa di un potere discrezionale, e, quindi, arbitrario, di liberarsi di un fascicolo. Il potere del giudice Nel tempo necessario alla definitiva approvazione della riforma, appare opportuno che i giuristi di buona volontà si attivino per sensibilizzare, nei limiti concessi dal particolare momento, i politici delle conseguenze di questa parte delle riforma. Questa, come più volte si è avuto occasione di segnalare, non ha l’obiettivo di aprire un dibattito sulle escogitazioni dei suoi autori e di attribuire a questi una fama analoga a quella di Erostrato, che bruciò il tempio di Artemide ad Efeso soltanto perché si parlasse di lui. Ai sensi dell’art. 1, comma 1, della legge delega, gli obiettivi dovrebbero consistere nella «razionalizzazione», nella «semplificazione» e nella «speditezza» dei processi civili. Nel libro La riforma della giustizia civile. Prospettive di attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206 (Cacucci ed., Bari, 2022) sono state indicate le opzioni possibili per il legislatore delegato; sono stati indicati i rischi di alcune soluzioni. Si è auspicato che i decreti delegati evitassero di essere commentati con il richiamo a quanto segnalato, di affermare: «E lo avevamo detto!». Alcuni esercizi di tetrapiloctomia imposti dai decreti delegati potranno favorire l’editoria giuridica e contribuire a sviluppare la ricerca scientifica. Ma non sono destinati a contribuire alla «razionalizzazione», alla «semplificazione» ed alla «speditezza» dei processi civili. Le sanzioni di inammissibilità delle impugnazioni per mancanza di chiarezza, di specificità e di sinteticità potranno aprire un intenso dibattito sull’argomento, potranno stimolare le Sezioni Unite ad esercizi di nomofilachia, potranno aprire nuove occasioni di confronto tra le istituzioni giurisdizionali e forensi. Ma, come la libera ed incontrollata vendita delle armi negli Stati Uniti, implicano rischi che non appare ragionevole sottovalutare, affidandosi al buon senso della maggior parte dei giudici. © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediGiorgio Costantino Professore ordinario di Diritto processuale civile presso l’università di Roma Tre.
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