File not found
trading a breve termine

Scadute norme Covid, emergenza migranti al confine tra Usa e Messico

Tensioni nello stretto di Taiwan: sfiorato lo scontro fra navi cinesi e americaneLa riforma UE sugli imballaggi rischia di far sparire l'insalata in busta dagli scaffaliCatturato e ucciso lo squalo che ha sbranato un turista russo nel Mar Rosso

post image

Campione di cricket ucciso da un pirata della strada: le parole della madreC’è da sfatare un mito: lo stato ebraico non è per nulla una sorta di risarcimento delle “potenze occidentali”. La sua origine risponde all’assunto di principio del sionismo: la necessità storica di una nazione per gli ebrei Sfatiamo da subito un mito ricorrente,trading a breve termine ovvero quello che è anche un grave errore di interpretazione: la nascita dello Stato d’Israele, nel maggio del 1948, non è per nulla una sorta di risarcimento delle “potenze occidentali”, tali poiché coloniali, in Medio Oriente, rispetto alla catastrofe causata dai nazifascisti nei confronti delle comunità ebraiche europee esistenti nei territori occupati dell’est continentale, tra il 1939 e il 1945. La politica della potenza mandataria britannica, che di fatto controllò i territori della Palestina storica dal 1917 al 1948, avversava l’immigrazione di profughi ebrei. Le vicende belliche, tra il 1939 e il 1942, segnarono peraltro l’insediamento ebraico in Palestina come potenziale vittima dell’eventuale vittoria dei nazifascisti nella guerra parallela che andavano conducendo nell’Africa mediterranea. Nell’immediato dopoguerra, alla cognizione fattuale della tragedia non si alternò da subito la sua capacità di metabolizzarla sul piano civile e politico. Ovvero, le urgenze legate alla nascita, alla sopravvivenza e al consolidamento del giovane Stato d’Israele ebbero la meglio su ogni altro ordine di considerazioni. Peraltro, con la creazione di Israele, nel maggio del 1948, i profughi e i rifugiati ebrei che vagavano in Europa si trasferirono in massa nel nuovo Stato. Si stima che fino al 1953 ben 170mila sopravvissuti vi siano emigrati. Entro il 1951 era arrivato nel Paese il 38 per cento degli scampati alla Shoah, mentre nell’arco di tempo compreso tra il 1952 e il 1989 ne arrivò un altro 29 per cento. Se le cifre della storia si esprimono da sé, ha più che mai allora un senso, in questo caso, parlare di una vera e propria «scoperta», poiché fin da subito fu un’intera nazione, in sé giovane e fragile, che dovette confrontarsi con un pesantissimo segmento della recente cronaca ebraica che andava progressivamente riaffiorando, nel corso del tempo, così come un iceberg che riemerge poco a poco. La memoria dello sterminio (prima ancora che la sua storia, intesa come descrizione distaccata e distanziata degli eventi) divenne quindi patrimonio integrale del Paese solo nel corso del tempo. Vi sono alcuni passaggi che hanno caratterizzato tale percorso. La decisione formale di creare un ente per la memoria della Shoah risale al 1947, ma si tradurrà in gesti concreti solo successivamente. La Knesset nell’aprile del 1951 aveva infatti scelto come giorno commemorativo il 27 del mese ebraico di Nissan, definito per legge «Yom HaShoah Vemered Haghettaot» («Giorno della Catastrofe e della rivolta dei ghetti»). La scelta precisa, fatta in quella sede, voleva legare strettamente l’aspetto passivo della tragedia – la morte nelle camere a gas di sei milioni di ebrei – a quello attivo e militante, costituito dalla ribellione degli ebrei imprigionati nei ghetti eretti dai nazisti nell’Europa orientale. Non a caso la data coincideva con quella della sollevazione ebraica nel ghetto di Varsavia, per l’appunto nel mese di aprile del 1943. Memoriale A seguito di ciò si optò quindi per dare corso all’effettiva realizzazione di un memoriale, inteso non solo come una entità di natura museale, bensì in quanto struttura pedagogica e formativa, oltre che luogo di ricerca. Il 19 agosto 1953 veniva approvata dal parlamento israeliano la legge che istituiva l’«Ente per il ricordo dei martiri e degli eroi», comunemente noto come Yad Vashem. L’anno successivo fu identificato nello «Har ha-Zikkaron» («Colle del ricordo») – a Gerusalemme, sul Monte Herzl e in vicinanza del cimitero nazionale militare – il luogo dove edificarlo. L’intera opera, nella sua prima ideazione (comprendente uffici amministrativi, biblioteca e archivio dell’Istituto), veniva completata non più tardi del 1957. L’accostamento diretto tra vittime (civili e incolpevoli) del crimine di massa e il sacrificio consapevole di coloro che si erano opposti armi alla mano ai loro assassini serviva in ultima istanza a celebrare la funzione di Israele nel mondo. Ovvero l’immagine di sé che la componente sionista aveva coltivato, vedendola realizzata nel giovane Stato. L’intera storia veniva così rubricata sotto il binomio di «martirio ed eroismo», offrendo della Shoah una chiave di lettura univoca, adatta alla pedagogia civile nazionale ma sul piano storiografico poco convincente. Non a caso sarebbe stata presto sottoposta a più di una rilettura critica. Il discorso pubblico sulla Shoah in Israele seguì quindi da allora due assi privilegiati, tra di loro dialetticamente intrecciati: la cognizione dello sterminio come catastrofe dell’ebraismo e l’edificazione dello Stato ebraico come atto di redenzione. In realtà per tutti gli anni Cinquanta la vicenda dei deportati non ebbe una funzione a sé, ossia non fu storia che potesse avere uno statuto autonomo. Si inseriva semmai dentro una più ampia, e onnicomprensiva, logica del sacrificio. Sul terreno di una tale ambivalenza, dove all’immagine della vittima europea si contrapponeva quella del vincitore israeliano, si confermava l’assunto di principio del sionismo, quello della necessità storica di uno Stato per gli ebrei. Tutti gli anni Cinquanta e Sessanta furono quindi contrassegnati da questo binomio tra eroismo e martirio, caduta e redenzione, sacrificio e ricostruzione, in quello che è stato definito uno «schema mitico e assillante» (così Peter Reichel). Il processo ad Adolf Eichmann in Gerusalemme, nei primi anni Sessanta, nel corso del quale l’Israele di Ben Gurion si confrontò con sé stesso, assolse – in questo quadro – a una duplice finalità liturgica, al medesimo tempo di ordine emotivo e di natura pedagogica. Attraverso la sua resa mediatica, si trasformò infatti in un evento collettivo, al quale un po’ tutti parteciparono, seguendone l’evoluzione e identificandosi, di volta in volta, nelle situazioni di cui si dava pubblico resoconto. Se il fuoco dell’attenzione sembrava concentrato sul criminale in giudizio, in realtà era tutta la società israeliana che si guardava allo specchio, misurando vicinanza e distanza dallo sterminio come momento di massima labilità dell’ebraismo diasporico. Passato che non passa Peraltro, l’ascesa delle destre al governo, negli anni Settanta, fu contrassegnata da una riattualizzazione dei sentimenti di angoscia per un «passato che non passa». La leadership del partito di maggioranza relativa, il Likud, era titolare di un pensiero molto netto al riguardo, rapportato al conflitto con gli arabi, laddove si temeva che la vittoria di questi, nell’ipotesi di un conflitto totale con Israele, avrebbe riproposto lo sterminio nei termini che già si erano conosciuti. Dal confronto, secco, tra queste idee e quelle di chi invece propendeva per un rapporto più sobrio e meno enfatico con la propria storia, è quindi derivata una dialettica culturale e morale che è lungi dall’essersi consumata. La politica, peraltro, ne è pienamente attraversata. La Shoah riveste quindi nel Paese un valore che va ben al di là del fatto storico in sé, trasponendosi sul piano simbolico della vita quotidiana. In ciò, l’eccezionalità dello sterminio degli ebrei si ricollega, in qualche modo, con l’eccezionalità dello Stato d’Israele. Pur trattandosi di due eventi storicamente distinti, non derivando il secondo dal primo, e non intrattenendo un rapporto di reciprocità, tuttavia costituiscono nella storia della modernità ebraica le due fratture epocali su cui le vicende nazionali e comunitarie si sono completamente ridefinite. Se per capire Israele bisogna comprendere la Shoah, non di meno, oramai, per capire la rilevanza della Shoah necessita rivolgersi verso Israele. Quanto meno perché Israele «è un fenomeno morale e un fenomeno di coscienza (...) nel fatto di dare agli ebrei coscienza di sé stessi. Offre loro una coscienza acuta delle loro contraddizioni, e in questo senso non è soltanto la loro coscienza, ma la loro cattiva coscienza (…)» (Vladimir Jankélévitch).© Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediClaudio Vercelli

Ucraina, gli effetti della diga distrutta: le immagini shock delle migliaia di pesci mortiGuerra in Ucraina, Mosca attacca tutto il Paese: almeno tre morti a Kiev

Catturato e ucciso lo squalo che ha sbranato un turista russo nel Mar Rosso

Naufragio in India: almeno 22 i mortiScuola dello Utah vieta la Bibbia: "Volgare e violenta"

Emesso a Mosca il mandato di arresto per il giudice Cpi Karim KhanQatargate, Eva Kaili fa causa al Parlamento UE per "violata immunità"

Attacco davanti al consolato a Gedda: due morti

Trump incriminato, oggi il processo a Miami per sottrazione indebita di documenti dalla Casa BiancaSottomarino Titan disperso, ultime notizie: trovati alcuni rottami vicino al Titanic

Ryan Reynold
Islanda, vietata la caccia alle balene nel 2023: "Soffrono troppo"Morte Silvio Berlusconi: le frasi più celebri del CavaliereSinan Ogan: chi è il nazionalista che potrebbe risultare decisivo al ballottaggio in Turchia

investimenti

  1. avatarGuerra in Ucraina, bombe russe su un ristorante di Kramatorsk: si contano almeno 10 mortiBlackRock Italia

    Ue sulla ripresa dell'Ucraina, von der Leyen a Londra: "Sarà parte della nostra Unione"Scadute norme Covid, emergenza migranti al confine tra Usa e MessicoTerremoto Isole Tonga, scossa di magnitudo 5.1Baghdad, manifestanti nell'ambasciata svedese per vendicare il Corano bruciato a Stoccolma

    VOL
    1. Ucraina, esplosione diga di Kakhovka: inizia l'evacuazione

      1. avatarTornado in Usa: gravi danni a Louin, nel Mississippiinvestimenti

        USA, in Michigan il sindaco musulmano ha vietato le bandiere del Pride

  2. avatarSpagna, aereo militare precipita durante esibizione: pilota fuori pericoloanalisi tecnica

    Alluvione in Kenya: le immagini dell'incredibile salvataggio di un autistaGalapagos, 1000 litri di gasolio finiscono in mareIncendio in Perù, a fuoco una miniera d'oro: almeno 27 mortiCalifornia, youtuber fa schiantare volontariamente il suo aereo

  3. avatarHonduras, nel penitenziario di Tamara sono morte 41 donneanalisi tecnica

    La Corea del Nord non esclude una guerra nucleare: le provocazioni di Usa e SeulIn Cina un cittadino USA è stato condannato all'ergastolo per spionaggioUSA, resta chiusa nella cella frigorifera e muore congelata: la famiglia chiede un milione di danniSparisce l'indicazione del sesso dalla carta di identità in Brasile

Alexis Tsipras si è dimesso: l'ex ministro greco non è più il leader di Syriza

USA, gioca a nascondino e finisce in una proprietà privata: vicino le sparaLa Corea del Nord non esclude una guerra nucleare: le provocazioni di Usa e Seul*