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«Vado a correre in Australia... per 540 chilometri!»Emanuela Gitto,investimenti vicepresidente per il settore giovani di Azione Cattolica, e Cesare Pozzoli, vicepresidente della Fraternità di Comunione e liberazione COMMENTA E CONDIVIDI C'è il desiderio, il bisogno di un‘Europa vera, sussidiaria. Un’Europa che abbia un significato di senso. Di fronte ai dati emersi dal voto per le Europee e al forte astensionismo che le ha caratterizzate, lo sguardo dei movimenti cattolici va al cuore del problema. Che cosa rappresenta l'Europa per i cittadini? Per i giovani? Quale Europa vogliamo costruire per parlare al tempo futuro? Su questi temi si sono confrontati stamattina, nel corso del webforum "Europee 2024" promosso sul nostro sito, Emanuela Gitto (vicepresidente per il settore giovani di Azione Cattolica) e Cesare Pozzoli (vicepresidente della Fraternità di Comunione e liberazione). Stimolati dalle domande del vicedirettore di Avvenire, Marco Ferrando, hanno contribuito al dibattito portando il punto di vista di due dei movimenti cattolici più impegnati e presenti nei territori, capaci di intercettare il sentiment della base.Il primo dato è certamente quello della partecipazione. E se non c’è un partito cattolico di riferimento, la sfida si gioca tutta sui temi. E sull’impegno. A cominciare da quello dei più giovani. «Se il dato elettorale sulla partecipazione è chiaro, vorrei fare un passo indietro – dice Emanuela Gitto – ed evidenziare che solo il 3,5% dei candidati era under 30. Questo dimostra come i giovani siano e quindi si sentano poco inclusi nel processo politico e più in generale della possibilità di partecipare. Ma quando si dà loro la possibilità di esprimersi, non si tirano indietro. E quindi mi piace evidenziare un altro dato, più confortante: il voto degli studenti fuori sede ha registrato un’affluenza di oltre 80%, in controtendenza. Esprime un desiderio di partecipazione dei giovani alle scelte importanti per il nostro Paese. Una cosa che ci stimola a riflettere. E forse dà il segnale che questo strumento si possa estendere anche ai lavoratori fuori sede, favorendo la partecipazione». Allora la sfida per i cattolici è proprio nel «richiamo alla dimensione della partecipazione, a vedersi parte di una comunità basata sui principi dell’unità, del diritto, dell’inclusione - continua Gitto -. E la comunità - per noi che attraverso percorsi nei territori proviamo a creare un link fra locale, Italia ed Europa – non si costruisce solo con una comunicazione dall’alto, ma si costruisce dal basso».Di fronte a una «politica fatta di slogan, urlata, lontana dalle persone, delegittimata, a volte giustamente, altre ingiustamente, la responsabilità che io sento come Cl e come altri movimenti è sul fronte educativo – aggiunge Pozzoli –. Non basta fare analisi per cambiare il corso delle cose, o lanciare appelli alla vita per far nascere i figli. Occorre dare un significato di senso alla politica e all’Europa. Guardando ai giovani, vediamo che dove c’è uno scopo, una missione, penso a progetti che facciamo nelle superiori e nelle università, i ragazzi si impegnano convintamente e riescono a mettere in comune il desiderio di vivere, la loro esperienza cristiana. Credo che la sfida per noi cattolici, sia quella di insistere nell’educare al senso della vita, al bene comune e all’importanza della partecipazione politica». E poi c’è il tema della pace, sulla scia dell’Appello rivolto ai candidati e firmato dai movimenti e le associazioni cattoliche, a cominciare proprio da Azione Cattolica e Cl, ma anche Agesci, Acli, Rinnovamento dello Spirito e tantissime altre per «un’Europa che sia costruttrice di pace, dall’Ucraina a Gaza e nel Medio Oriente. È un dovere storico dell’Europa – rincalza Pozzoli -. Il grande compito del nuovo europarlamento è perseguire ancora di più la pace». Guardare a quell’Europa dei Popoli che aveva animato i padri fondatori del progetto comunitario. «Io credo che il desiderio che abbiamo, anche in associazione, ascoltando le voci dei territori – riprende Gitto - sia proprio quello di un’Europa che riscopra la sua dimensione comunitaria. Che non vuol dire fare le stesse cose o pensarla tutti alla stessa maniera. No. Significa ripartire dai fondamentali. L’idea di pluralità, la ricerca del consenso senza svilire le unicità e le diversità di pensiero. La capacità di vivere nel “conflitto” di idee differenti per abitare la complessità che ci circonda, senza ridurre le differenze, ma farle fiorire».Da queste elezioni ecco allora emergere «il desiderio di una Europa vera, sussidiaria. Dove la cooperazione vinca sulla competizione. Proprio come fu alle origini. I paesi sconfitti nel secondo conflitto mondiale furono aiutati a rialzarsi. Ecco, l’Europa che vogliamo, è un’Europa che metta al centro la persona, nello spirito della “Dignitas infinita”. Un’Europa dove la democrazia non sia un tecnicismo, ma sia un esercizio autentico di dialogo per affrontare in maniera unita e convinta le questioni fondamentali, a cominciare dalla politica estera. Un’Europa meno burocratica e più sussidiaria». Di quest’Europa abbiamo bisogno. Tutti. Altrimenti il rischio diventa l’irrilevanza, l’astensionismo di massa, la frattura intergenerazionale, già così evidente, fra giovani e padri e nonni. «Questa Europa è vecchia. Quando si fanno pochi figli, si tende a guardare meno al futuro – conclude Pozzoli -. Invece al futuro dobbiamo guardare, riempiendo di senso il nostro andare, unendoci per perseguire insieme l’obiettivo di una società buona e inclusiva».
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