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Ventimiglia, l'investimento di Briatore: il nuovo Twiga apre alla Baia Beniamin(ANSAmed) - ROMA,Economista Italiano 23 LUG - (di Valentina Maresca) (ANSAmed) -ROMA, 23 LUG - Dallo status di rifugiati a quello diprotagonisti di un'eccellenza gastronomica a Roma: è la storiadi Hummustown, il delivery di cucina siriana che, nato nelquartiere Furio Camillo grazie a un fundraising lanciato nel2019, è cresciuto nel tempo e conta oggi un chiosco a Piazzadella Repubblica, nei pressi della stazione ferroviaria Termini,un bistrot a Viale Aventino, vicino all'agenzia dell'Onu Fao, eprossimamente un ristorante nel quartiere Ostiense, ricco dilocali e vita notturna. Fadi Salem, manager di Hummustown, ha raccontato ad ANSAmed lastoria di questo successo. "Tutto nasce nel 2017 a casa di ShazaSaker, nata a Damasco da genitori siriani ma vissuta quasisempre a Roma e impiegata alla Fao", ha esordito Salem. "A casasua lavorava in qualità di collaboratrice Jumana, profugasiriana a causa della guerra, e con lei è nata l'idea dipreparare nell'abitazione di Shaza delle cene per donazionimirate ad alleviare le sofferenze di chi era rimasto in Siria". Un entusiasta passaparola decreta il successo diquest'iniziativa e gli spazi domestici ormai inadatti hannoportato nel 2019 al lancio di una raccolta fondi che ha fruttato40.000 euro, con i quali si è aperto il delivery a FurioCamillo. "Facciamo anche catering per compleanni, matrimoni efeste in generale", ha spiegato il manager di Hummustown,precisando che nella preparazione dei piatti sono coinvoltirifugiati arrivati con i corridoi umanitari. Grazie a questiultimi lo stesso Salem è giunto in Italia dopo essere andato viadalla Siria nel 2013 e aver vissuto in Libano per sette anniprima di approdare a Roma nel marzo 2020, in piena pandemia. Proprio il Covid, che ha messo in ginocchio tante attivitàristorative, ha fatto da volano per il delivery di Hummustown,destinatario di sempre più ordini da persone costrette tra lemura domestiche a causa del virus. "Ai tempi della pandemia halavorato con noi anche una cuoca italiana che preparava la pastafresca e l'anno scorso è tornata a rifornire i ristorantiintanto riaperti, ma anche un altro italiano che ha dovutochiudere i battenti per la pandemia. Se possiamo aiutare chi èin difficoltà lo facciamo con piacere", ha commentato Salem, cheha la formazione di grafico e attualmente si occupa dicomunicazione per Hummustown, anche sui social media. Il chioscoa Piazza della Repubblica è stato aperto nel 2022, il bistrot èstato inaugurato lo scorso mese a Viale Aventino ed entroquest'estate ci sarà l'apertura di un ristorante nel quartiereOstiense. A preparare i piatti di Hummustown non ci sono soltanto siriani,ma anche persone provenienti da Palestina, Libano, Iraq. Sitratta di giovani dalla differente formazione culturale chegrazie a quest'iniziativa hanno trovato una propria collocazionenel Paese che li ha accolti, nonostante le difficoltà legateallo status di rifugiato. "Il 90 per cento della popolazione siriana è istruita ma inItalia non c'è offerta di lavoro, io per primo ho provato atrovarne uno coerente con la mia formazione ma senza esito", hasottolineato Salem. Per quanto riguarda l'atteggiamento nei suoiconfronti, "non posso generalizzare, dipende sempre dallesingole persone", ha precisato. "Alcune sono state molto aperte, altre meno. La ricerca dellacasa, per esempio, mi ha fatto registrare varie diffidenze, hotrovato chi mi ha negato di affittare il proprio immobilenonostante avessi un contratto a tempo indeterminato. Ho cercatocasa per circa un anno, fino all'incontro con una signora chenon mi ha chiesto nemmeno la busta paga e si è fidataimmediatamente, non dando importanza al fatto che io fossistraniero", ha ricordato Salem, parlando della "bella atmosfera"creatasi tra coloro che lavorano per Hummustown: "Ormai siamouna famiglia", ha affermato. Una famiglia venuta da lontano eche continua ad andare oltre, donando al Paese in cui èapprodata i sapori della terra natia che è stata costretta alasciare. (ANSAmed). Riproduzione riservata © Copyright ANSA
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