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L'addio ad Andrea Pellicciotta: il toccante ricordo di parenti e amiciIl ritratto«La mia vita di corsa e con grandi imprese ad alta quota»Matteo Ceresa, mia vitadi corsae con grandi impresead alta Economista Italiano 41 anni, ama la disciplina del ‘trail running’: percorrere il più veloce possibile, a piedi, sentieri di montagna ripidi e spesso molto selvaggiMatteo Ceresa, 41 anni, giardiniere e corridore di montagna per passione; sullo sfondo, una delle tante vette conquistate lungo il perimetro del confine del canton Ticino nel 2022 Jona Mantovan20.05.2023 21:02«Percorrere i sentieri più ripidi, arrampicarmi fin sulla vetta... questa è sempre stata la mia natura. E, oggi, dentro di me c'è una bella passione: la corsa in montagna». Parola di Matteo Ceresa, 41 anni e giardiniere paesaggista di Tesserete ma nel tempo libero ‘trail runner’. È questo il termine per definire chi pratica la disciplina il cui principio è quello di percorrere il più veloce possibile, a piedi, sentieri di montagna scoscesi e spesso molto, molto selvaggi. Imprese incredibili e ad alta quota. Centinaia e centinaia di chilometri macinati con le scarpette, passo dopo passo, portando a termine l'equivalente di una maratona al giorno. Tra le pietre. In mezzo ai boschi. Si presenta sorridente e con il furgone della ditta, fresco fresco di ‘cursa’ siciliana. Quella dei ciclopi. La prima edizione di una gara 'ai confini della realtà': 560 chilometri percorsi in 130 ore con 20.000 metri di dislivello e per la maggior parte su sentieri. «Ma non volevamo dare una prestazione in termini di tempo. Il vincitore ci ha messo 86 ore e mezza per concludere. Io e Patrick, però, eravamo già contenti così, soddisfatti di aver portato a termine il percorso». Il corridore sottolinea quanto sia stata una bella prova. «Molto dura, anche sotto il profilo mentale. Dovevamo correre di notte, seguendo una traccia che spesso e volentieri non era per nulla chiara. I sentieri non erano pulitissimi. Anzi, alcuni punti erano davvero pessimi», esclama. Leggi cespugli pieni di rovi, rami e tronchi a terra, vecchie recinzioni di filo spinato arrugginite... Il duetto di corridori estremi si è comunque portato a casa un decimo posto in classifica.La decisione di candidarsi a questa corsa 'da extraterrestri', Matteo ammette di averla presa un po' tardi. «Sì, ho deciso all'ultimo momento, l'evento è stato il 22 aprile e mi ero iscritto soltanto a metà febbraio. Eh, il tempo di preparazione è stato proprio minimo! Come ho detto, non volevo fare la prestazione, ma finire la gara e vedere come si comportava il mio corpo dopo così tante ore di corsa». Una corsa così si decide di compierla solo se si è ben preparati. L'abbandono è sempre dietro l'angolo. «Siamo partiti che eravamo una sessantina, ma a tagliare il traguardo eravamo soltanto in 30. Io e Patrick ci siamo classificati decimi, appunto. Non male. Siamo molto contenti di questo risultato. Percorrendo così tanti chilometri,... dormendo poco o nulla...». Ma come si pianifica una corsa di quasi 600 chilometri? Come si resiste a una maratona al giorno, se non di più? «Bisogna pensare solo a camminare e a correre. Fissare nella mente degli obiettivi più facili da raggiungere può essere un buon sistema per andare avanti. Per esempio, il prossimo ristoro è a 13 chilometri? Bene, concentriamoci su quello. Perché se si pensa ai 560 chilometri, perché poi ne mancano 559..., rischi solo di perdere la testa e dire ‘no, non ce la posso fare’».Abbiamo visto molti cinghiali. A un certo punto ne eravamo circondati. Erano a pochi metri da noi, in mezzo ai cespugli. Non c'erano vie di fuga e non sapevamo bene come comportarciI pericoli«Di notte, ad esempio, può servire anche ascoltare musica. È un buon accorgimento per chi fa questo genere di avventure in solitaria. in mezzo alla natura e praticamente senza contatti con altre persone».Ma in Sicilia non sono mancati anche i potenziali pericoli: «Abbiamo visto molti cinghiali. A un certo punto ne eravamo circondati. Erano a pochi metri da noi, in mezzo ai cespugli. Non c'erano vie di fuga e non sapevamo bene come comportarci. Ci siamo fermati qualche istante, abbiamo battuto le mani per spaventarli... beh, tutto sommato la cosa si è risolta ed è andata bene. Ma fino a oggi, ogni volta che vado a correre per sentieri, sono tranquillo. Non ho una paura particolare degli animali. Anzi, forse ho più paura delle persone», dice sorridente per fare una battuta.Ma un lupo? E un orso? Come quello che di recente aveva aggredito a morte proprio un corridore, in trentino e proprio all'inizio di aprile. «Certo, occorre prestare massima attenzione a queste situazioni. Ma siamo nel loro territorio e dobbiamo rispettare questi animali».Centodieci chilometri, in 34 ore, percorsi insieme a Roberto Delorenzi e Gabriele Sboarina. È il percorso della Via Idra. Tutto di filato, senza fermiAltre impreseUna delle prime avventure di Ceresa risale addirittura al 2011. «Ricordo che eravamo andati nei Paesi Bassi, a Nijmegen, con l'esercito svizzero. Ero nella fanteria di montagna ed era una sorta di competizione nella quale era richiesta una marcia di 160 chilometri con tutto l'equipaggiamento: scarponi, zaino da dodici chili... È stata veramente dura camminare sull'asfalto lungo tutta quella distanza». Durante la pandemia, ecco una nuova idea «un po' matta», dice. Il percorso della Via Idra. Tutto di filato, senza stop. «Centodieci chilometri, percorsi in 34 ore, insieme a Roberto Delorenzi e Gabriele Sboarina». Ma non finisce qui. «Nel 2022 ho voluto ripercorrere ‘a modo mio’ il confine del canton Ticino». Oltre 455 chilometri lungo la frontiera, da nord a sud, per un totale di 64.000 metri di dislivello, divisi in dieci tappe. «È stata una bella sfida, anche perché la settimana prima avevo subìto una distorsione alla caviglia, anche piuttosto notevole: e sono partito con una caviglia che era come un prosciutto».Ma l'impresa riesce. «Questo problema non mi ha fatto mollare. Anzi, mi ha fatto capire che bisogna lottare ogni giorno. È stata una sfida ancora più importante». Lo scopo? Presto detto: «Volevo far conoscere il Ticino tramite la corsa in montagna». L'idea ricalca molto l'iniziativa del 2002 intitolata «Tra confine e Cielo», che aveva visto coinvolti 14 alpinisti nell'arco di svariate settimane. Ma Ceresa e compagnia portano a termine tutto nel giro di alcuni giorni.Durante la settimana mi alleno un'oretta, alla sera. Nel fine settimana magari eseguo un ‘lungo’, che sono 5 ore di allenamentoLa vita dell'atleta è un altro mondoLa passione di Ceresa è ben lontana dalla pratica professionistica. «È comunque vero che negli ultimi anni faccio molta attenzione all'alimentazione, al riposo, alla preparazione... Ma la vita dell'atleta è tutto un altro mondo. Ma con alcuni accorgimenti, senza strafare e con la giusta preparazione... possiamo fare tutto», evidenzia con convinzione.Giardiniere paesaggista e corridore di montagna. Due destini intrecciati nella vita di Matteo Ceresa. Due potenziali scoperti e sviluppati, poi, senza nemmeno aver bisogno di quella 'macchina Morpho' rappresentata nella serie Apple Il premio del destino (The Big Door Prize).«Durante la settimana mi alleno un'oretta, alla sera. Nel fine settimana magari eseguo un ‘lungo’, che sono 5 ore di allenamento. Poi non mancano i massaggi sportivi una volta ogni due settimane... ma l'aspetto psicologico è la parte più fondamentale. Sono affascinato, da sempre, a tutto quel che è ‘estremo’. Già da piccolo andare in montagna e raggiungere la vetta, arrampicarsi... è stata sempre la mia natura».In questo articolo: CorsaCorsa in montagnaMontagnaAmbienteEconomiaEcologiaNatura

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