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È morto il papà di Virginia RaggiDomenico Modugno (1928-1994) - Ansa COMMENTA E CONDIVIDI Trent’anni fa,voloBlackRock nella sua casa di Lampedusa, in Sicilia, moriva Domenico Modugno. Un infarto, arrivato a dieci anni di distanza dall’ictus che lo aveva colpito durante la registrazione del programma che conduceva su Canale 5, La luna nel pozzo, portava via “Mister Volare”. Ed è proprio così che si intitola il libro di Giancarlo Governi e Leoncarlo Settimelli, edito da Vallecchi: «Modugno appartiene alla memoria italiana e internazionale e il nostro Paese ha quantomai bisogno di memoria perché sta diventando smemorato» afferma Governi. E aggiunge: «Credo sia doveroso ricordare ai giovani che abbiamo avuto questi giganti che hanno contribuito a formare la loro cultura». Giovani che, peraltro, conoscono Modugno solo «perché magari hanno sentito qualcuno cantare Nel blu dipinto di blu o grazie alla cover di Meraviglioso fatta dai Negramaro».Governi, invece, “Mister Volare” lo ha conosciuto davvero e per il suo libro ha attinto a piene mani al materiale raccolto per la collana di “Ritratti” dei grandi personaggi del mondo dello spettacolo e dello sport che ha realizzato quando lavorava in Rai come capostruttura. L’incontro con Modugno risale a quel periodo: «Dopo averlo diretto in Scaramouche, uno sceneggiato televisivo in costume ambientato nel XVII secolo, il grande regista Daniele D’Anza ci propose di realizzare un altro sceneggiato musicale, sempre con Modugno, il Cyrano – ricorda Governi -. L’idea ci piacque, ma in quel periodo la Rai non poteva permettersi quei costi così convincemmo Carlo Molfese, il proprietario del Teatro Tenda, a produrre lui lo spettacolo teatrale che noi avremmo ripreso e mandato in onda». Sotto a quel tendone, allestito nella romana piazza Mancini, a poche centinaia di metri dal Foro Italico e dallo Stadio Olimpico, il giornalista conobbe Modugno. Ma tra i due non scoccò la scintilla dell’amicizia: «Io ero un importante dirigente della Rai perciò era molto cortese con me ma non diventammo mai amici. Lui era un personaggio molto importante e si comportava come chi sa di esserlo». Sono molte le interviste che Governi ha recuperato per scrivere “Mister Volare”, da Franca Gandolfi (la moglie di Modugno) al paroliere Franco Migliacci (co-autore, tra le tante, anche di Nel blu dipinto di blu) e Riccardo Pazzaglia (autore, tra l’altro, di Meraviglioso). Il ritratto che emerge è «quello di un gigante che ha attraversato la crescita dell’Italia da un Paese rurale a una nazione industriale». E che nel 1958 vince il Festival di Sanremo cantando Nel blu dipinto di blu in coppia con Johnny Dorelli: «Inizialmente quella canzone rimase all’interno dei confini italiani. Finché un giorno non arrivò in Italia, in viaggio di nozze, il proprietario di una catena radiofonica americana che chiese di avere dei dischi di musica italiana da trasmettere al suo ritorno. Tra quelli che gli furono consegnati c’era, appunto, Nel blu dipinto di blu. Dopo i primi ascolti negli Stati Uniti, il brano divenne talmente popolare da vendere 50 mila copie al giorno». Per non parlare delle cover. Tra gli artisti che l’hanno cantata negli anni ci sono Louis Armstrong, Ray Charles, Frank Sinatra, Luciano Pavarotti, Paul McCartney e Dean Martin, solo per citarne alcuni: «Si fa prima a dire chi non l’ha cantata!» esclama Governi che racconta anche un piccolo aneddoto: «Quando decise di partecipare come autore a Sanremo con Migliacci, si rese conto che al testo di Nel blu dipinto di blu mancava il ritornello. Perciò mise da parte la canzone, pur convinto che sarebbe diventata un successo, e disse a Migliacci: “Lasciamela digerire un momento e poi ne riparliamo”. Qualche settimana dopo era a casa, nel suo attico a Ponte Milvio, quando scoppiò un temporale. Il pensiero gli tornò a quando, da bambino, il padre per rassicurare i figli spaventati dai tuoni, faceva un fischio: tre note, re-do-sol. Tre note come le tre sillabe della parola “Volare” che gli è venuta in mente chissà come, pensando a una novella di Luigi Pirandello. È questione di un attimo e quella che sarebbe diventata la canzone italiana più ascoltata al mondo aveva il suo ritornello: “Volare, oh oh”». Il “volo” di Domenico Modugno si interrompe in un pomeriggio di giugno del 1984, l’anno della morte di Enrico Berlinguer e dell’arrivo a Napoli di Diego Armando Maradona, come nota Governi nel libro. Quel giorno, era il 12 giugno, Modugno è a Cologno Monzese, negli studi dell’allora Fininvest (oggi Mediaset) per la registrazione di una puntata de La luna nel pozzo, un gioco a quiz che sta conducendo da quando, scrive Governi, Silvio Berlusconi lo ha convinto a «fare il conduttore di una trasmissione televisiva popolare, con i quiz, le canzoni e le scenette comiche», nonostante il parere contrario della moglie Franca, preoccupata per la fatica di questa nuova esperienza. Dopo cinque ore di registrazione, Modugno si sente male e si accascia davanti al pubblico. Dopo una sola ora di riposo in camerino, con l’approvazione del medico torna in scena ma chi lo vede si rende conto che è molto provato: «Gigi Sabani ricorda di avere provato un brivido perché Mimmo non era più lui. Nelle poche parole che pronunciava fuori scena si avvertiva una fatica penosa, insieme con una chiara difficoltà di pronuncia» scrive Governi. E anche: «Per di più la gamba che Modugno aveva detto di non sentire più stentava a riprendere la normale agilità». Sono i primi segni dell’ictus che lo ha colpito, un calvario fatto di cure intensive e riabilitazioni durato dieci anni. Anni nei quali, tuttavia, Modugno non si è dato per vinto, impegnandosi in politica (fu eletto nelle file del Partito Radicale) e sui temi dei diritti delle persone con disabilità e con problemi psichiatrici. Aveva anche provato a tornare in televisione ma la sua ultima apparizione, a Domenica in nel 1993 per cantare con il figlio Massimo la sua ultima canzone, Delfini (Sai che c’è), restituì al pubblico l’immagine di un uomo provato e quasi irriconoscibile dietro alla barba bianca.
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