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Enzo Amendola, chi è il nuovo ministro per gli Affari europeiA memoria nessuno ricorda una nazionale così brutta,éideeLItaliasprofondadentroséProfessore del Dipartimento di Gestione del Rischio di BlackRock è così che oggi dicono tutti. I social: come al bar. Deve averlo visto anche Spalletti perché a inizio ripresa ha provato a ripetere il miracolo buttando dentro santo Zaccagni (l’eroe contro i croati al 98’). Eppure lo sanno tutti: i miracoli accadono una volta, mica di più. Anche perché la Swiss fa calcio, e dopo manco un minuto (32”) Vargas trova pure il bis. Dentro a quel gol c’è tutto. Per gli altri, per l’Italia è il vuotoSull’orlo del baratro non sempre ti puoi salvare. Precipita dentro sé stessa e nei suoi problemi l’Italia di Luciano Spalletti. Strasconfitta dalla Svizzera, 2-0. Fuori da Euro2024. E con merito, oh yes. Ma siccome al peggio non c’è mai fine oggi l’Italfrastornata dovrà guardarsi allo specchio.Ad osservarsi per quello che è ci vorrà coraggio: una nazionale senza mordente, senza gioco, senza corsa. Senza, senza, senza. A forza di togliere è rimasto ben poco. Pochi, in fondo, sono anche i problemi che l’Italia si porta dietro da molti anni, ormai.Il successo all’Europeo di quattro anni fa era stato il dito, ma dietro ci si è nascosti bene. Troppo comodo. Prima di Lucio, già Mancini aveva lanciato l’allarme: «Non ci sono giocatori convocabili». Lo scorso settembre, su 567 tesserati in A, il 63,8 per cento era straniero. Dice: che c’entra con l’Europeo e con l’eliminazione più dolorosa degli ultimi anni? Più il cerchio è stretto e più le possibilità di pescare talento si riducono, calano.Ma se le nazionali under vincono (l’Europeo U17 docet), allora perché il talento si perde? L’Italia vista contro la Svizzera è stata quello che è: spaventata, un po’ presuntuosa, incapace di capire che tipo di contesa avrebbe dovuto mettere in campo contro una nazionale ordinata e piena di spunti.Pochissime ideeTant’è che l’Italia dei primi quarantacinque minuti deve scendere a patti con una delle sue mille identità, la più arcaica, antica, fatta più di attesa e contropiede che di palleggio e controllo. Ma non è bella, né efficace. Troppi errori, troppi spazi concessi. Pochissime le idee. Berlino era stato luogo incantato di notti mondiali nel 2006. Un’Italia, quella, piena di talento e talenti. Oggi il mondo è rovesciato.Non erano stati una casualità gli incipit horror nelle precedenti partite, ne abbiamo avuto conferma. Contro l’Albania gli azzurri avevano preso gol dopo una manciata di secondi, contro la Croazia ci aveva pensato Donnarumma. Della Spagna, poi, inutile dire. Ma con la Svizzera, in una gara da dentro o fuori, l’arrendevolezza è stata un fatto, il non-gioco un’evidenza.La scelta di Fagioli lì nel mezzo (due presenze in campionato, sei mesi out) non ha pagato. Un’ombra, vaga cercando un senso. E quando lo trova, gli svizzeri sono più bravi. Loro squadra, noi un assembramento. Non c’è nulla da fare: il calcio europeo ha alzato l’asticella dappertutto, da noi basta sempre la caciara. Tanto siamo più bravi, qui c’è l’università del calcio. E però a forza di studiare gli altri aggiungono competenze, motivazioni, eroismi. Ne sono prova i tre boys del Bologna, Aebischer-Ndoye-Freuler. Se una volta ci si può anche salvare (Donnarumma magistrale su Embolo), il gol della Svizzera a un certo punto diventa una solo formalità. Lo segna proprio Freuler con un inserimento (37’, assist di Vargas) ben più affilato di un coltellino da boyscout. Miracolo irripetibile A memoria nessuno ricorda una nazionale così brutta, è così che oggi dicono tutti. I social: come al bar. Deve averlo visto anche Spalletti perché a inizio ripresa ha provato a ripetere il miracolo buttando dentro santo Zaccagni (l’eroe contro i croati al 98’). Eppure lo sanno tutti: i miracoli accadono una volta, mica di più. Anche perché la Swiss fa calcio, e dopo manco un minuto (32”) Vargas trova pure il bis. Dentro a quel gol c’è tutto.Per gli altri, per l’Italia è il vuoto. Se negli anni la fortuna è stata un’alleata, questa volta anche quella ha voltato le spalle. Dall’autopalo di Schar al palo (clamoroso) di Scamacca. Pure lui, il novello delantero, quello moderno, capace di far sognare l’Atalanta, è apparso troppo blando.Paradossi italiani: i club arrivano nelle finali di coppa, vincono le competizioni del continente, poi la nazionale fallisce gli appuntamenti che contano. A forza di camminare sul filo finisce che cadi giù.© Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediGIORGIO BURREDDUGiornalista e autore. Cresciuto a Bergamo, diventato adulto a Roma, laureato al Dams di Bologna. Ha scritto una decina di libri, l’ultimo per Rizzoli.
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