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Alessia Grimaldi morta sull'A14: l’ultima telefonata al fidanzato prima dello schiantoSolo a scuola bambini e bambine con difficoltà motorie,criptovalute o divergenze mentali, o semplicemente meno abili di alcuni loro coetanei, possono sperimentarsi nell’afferrare una palla, o saltare un ostacolo senza sentirsi inadeguatiTutti gli articoli di Tempo pieno, la scuola di DomaniSei un/a insegnante? Puoi abbonarti a Domani con la carta del docente a soli 80 euroManca poco e dalla legge sull’inclusione scolastica ci separeranno cinquant’anni.Le scuole del nostro Paese accoglievano finalmente una stagione di ricerche e sperimentazioni perché la convivenza scolastica tra bambini e bambine entrasse in una fase nuova.Divenuta ormai un caposaldo del nostro sistema educativo, l’inclusione dei bambini che si trovano in una condizione divergente assume un valore speciale se ci si sofferma su un aspetto spesso trascurato che è quello dell’alfabetizzazione motoria.In un paese come il nostro, nel quale il contatto tra le attività fisiche e l’infanzia o l’adolescenza è relegato nelle associazioni sportive private, la cui finalità è stata sempre prevalentemente quella di selezionare potenziali atleti da orientare verso le prestazioni sportive d’élite, tanto negli sport di squadra, dal calcio al basket, al rugby, come in quelli individuali, dal tennis al nuoto, alla ginnastica, il ruolo che la scuola può svolgere assume un valore ancora più importante.Proprio perché al di fuori di essa per molti bambini e bambine è preclusa la possibilità di fare un percorso e di condividerlo con i loro coetanei, quello che avviene a scuola è determinante e le occasioni che a scuola vengono fornite per avvicinare i corpi, centrale.In questo senso sono una guida imprescindibile le Indicazioni nazionale per il curricolo pubblicate nel 2012. Al loro interno nella parte dedicata all’educazione fisica, vengono spese parole fondamentali dal punto di vista culturale e politico sul significato che l’attività fisica deve assumere, perché essa oltre a promuovere la «conoscenza di sé», richiamare la necessità di «stare bene con se stessi», fornire occasioni per «riflettere sui mutamenti che riguardano il corpo per accettarli più serenamente», specifica come proprio attraverso le attività che mettono al centro del processo educativo il corpo, si possa facilitare negli alunni e alunne l’espressione di istanze comunicative, disagi di varie natura e aprire spazi e momenti di confronto in cui l’unico canale di comunicazione non sia quello verbale.Solo a scuola, nel lungo percorso che porta i bambini e le bambine dalla prima infanzia a raggiungere l’adolescenza si possono fare quelle esperienze determinanti per la formazione di futuri cittadini rispettosi dei valori umani utilizzando il gioco e lo sport come mediatori e facilitatori di incontri e relazioni, condividendo, collaborando, cooperando, indipendentemente dalla propria condizione fisica o mentale.Che questo non avvenga sempre o sia difficile in moltissimi casi è consapevolezza diffusa, ma non per questo la risposta a questo problema può in nessun caso essere quella di tornare indietro.Quando e dove bambini e bambine con difficoltà motorie, o divergenze mentali, o semplicemente meno abili di alcuni loro coetanei, potranno serenamente sperimentarsi nell’afferrare una palla, o saltare un ostacolo senza sentirsi immediatamente inadeguati non riuscendoci?Solo a scuola l’imperfezione del gesto, un pallone mancato, la valutazione sbagliata di una traiettoria non sono automaticamente indicatori di una “mancanza”.Solo la scuola può fornire un argine alla frustrazione che troppe volte viene provocata nel bambino al di fuori di essa ogni qual volta si avvicina a una esperienza fisica per essere rifiutato in quanto non all’altezza.«Non è fatto per…», «non è portata», «non è adatto», «non fa per lei», sono frasi che a tutti noi è capitato di ascoltare, siano state rivolte ai nostri figli o a figli di nostri amici i quali dopo aver provato una lezione di danza, una di calcio o pallavolo, si sono sentiti rivolgere questo consiglio e invitati a cercare altro.La scuola non solo si trova a dover fornire valori diversi e costruire un clima diverso rispetto alle esperienze che propone ai bambini, ma anche a fronteggiare un mondo esterno dove la competizione e la selezione sono, anche in una fase molto precoce, gli ingredienti principali dell’offerta sportiva.Essere sovrappeso un motivo per essere allontanati da una palestra di ginnastica artistica, non colpire correttamente un pallone per vedersi rapidamente chiudere la porta in faccia di un campo da calcio.Dovremmo invece finalmente immaginare un totale ribaltamento della prospettiva. È il mondo esterno alla scuola che dovrebbe essere da essa condizionato e che dovrebbe adeguarsi ai valori che nella critica età dello sviluppo sono determinanti per creare un ambiente rispondente ai valori inclusivi a cui diciamo spesso a parole di ispirarci. È il mondo dello sport che dovrebbe costruire un sistema che assomigli sempre di più a quello scolastico nel quale nessuna squadra di basket, nessuna squadra di rugby, nessuna squadra di calcio, possano essere composte da un’utenza omogenea.La stagione della segregazione deve finire anche nel mondo dello sport e le barriere che impediscono l’apertura, abbattute. Questa la battaglia da fare a partire dalle conquiste che la scuola ha saputo raggiungere e dalle quali dobbiamo partire per contestare il modello abilista ancora egemonico fuori di essa.© Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediGiovanni CastagnoDopo aver a lungo insegnato nella Scuola dell’infanzia è ora docente alla Primaria. Laureato in Antropologia culturale e Scienze della formazione primaria, ha svolto un dottorato di ricerca in Teorie educative presso il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’università Roma Tre. Iscritto al Movimento di cooperazione educativa, ha collaborato con la redazione dell'omonima rivista del movimento, Cooperazione educativa, ma alcuni resoconti delle sue proposte didattiche si trovano anche su Infanzia e Pepeverde. Impegnato nel difficile processo di rinnovamento della scuola, racconta le lotte e le battaglie che nel presente si stanno realizzando per cambiarla.
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