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Se applicata alla settima arte, l’intelligenza artificiale può chiaramente automatizzare una serie di mansioni che, in questo momento, sono svolte dagli esseri umani. Penso agli operatori di ripresa, ai montatori, ai tecnici delle luci e così via. Utilizziamo un punto di vista puramente tecnico: quanto accade adesso con la scrittura e ChatGPT, è possibile ripeterlo con sistemi quali SORA, l’applicazione di OpenAI in grado di generare video partendo da una semplice descrizione».In pratica, si indicano inquadrature, movimenti di macchina, posizioni delle luci e la “macchina” costruisce tutto molto più rapidamente di quanto farebbe una troupe.«Sì. Peraltro, è da tempo che con simili programmi si è iniziato a produrre video sulla base di descrizioni verbali, né più né meno di ciò che facciamo con altri sistemi; ad esempio, quelli che costruiscono immagini fotografiche. Indichiamo tutte le caratteristiche che riteniamo necessarie e il programma genera un’immagine che richiama ciò che abbiamo scritto nel testo. La stessa cosa possiamo fare con le immagini in movimento». È possibile fare un esempio?«Certo. Potremmo chiedere a SORA, o a un altro programma simile, di farci “viaggiare in treno” spiegando che il “Sole deve illuminare di spalle”, che “la macchina da presa deve muoversi da destra a sinistra”, che sullo sfondo deve vedersi “una città del futuro”, e così via. Dopo qualche minuto, avremmo una clip in alta qualità in cui si vede scorrere questa città futuristica molto bella con i vari dettagli richiesti».Qualcosa che può spaventare gli artigiani del cinema, ma anche in qualche modo affascinare chi volesse esprimere la propria creatività non avendo i mezzi necessari per farlo. «Io ribalterei il ragionamento. Guardiamo alla potenzialità di questi strumenti. Chi sa come funziona la tecnica cinematografica sa anche quanto tempo occorra e quali risorse siano necessarie per le riprese, per allestire le luci, per costruire le scenografie. I costi sono sempre molto alti e quindi inaccessibili per la maggior parte dei creativi. Con i sistemi di IA è sufficiente scrivere un testo, magari sul computer di casa nostra; e avere una potenza di calcolo sufficiente, il cui costo è destinato a diminuire chiaramente nel tempo. È possibile immaginare una vera e propria esplosione di creatività».Non teme che si possa aprire nuovamente un dibattito sulla “guerra” tra uomo e macchina?«No, non credo. Pensiamo a quanto è accaduto quando in Rete è sbarcato YouTube. Eravamo nel 2006. In quel momento, è stato dato alle persone in tutto il mondo un mezzo nuovo per poter esprimersi liberamente. Tra le molte cose non del tutto riuscite, sono emersi anche un sacco di contributi artistici e culturali di persone che mai avrebbero avuto la possibilità di raccontare o comunicare le proprie idee. L’IA generativa, nel campo cinematografico, è quindi un enorme strumento di creatività. Io, almeno, lo immagino così, nonostante alcuni inevitabili svantaggi».A che cosa si riferisce?«Ovviamente, penso al problema non banale delle persone che adesso fanno determinati mestieri e che potrebbero, in futuro, dover cambiare occupazione o interpretare il proprio lavoro in modo diverso. Potrebbe esserci uno shock, in questo senso. Ma non necessariamente negativo. Faccio un esempio: le scuole di cinema dovranno evolvere in maniera tale da insegnare non soltanto come le cose si fanno adesso, ma anche come dovranno essere fatte applicando l’intelligenza artificiale. Il lavoro sarà meno fisico e più in studio». Qualcosa che, in realtà, è sempre accaduta di fronte all’innovazione tecnologica.«Vero, sebbene adesso il processo sia molto più veloce. Chi mai avrebbe pensato, prima di ChatGPT, diciamo quindi due anni fa, che oggi avremmo discusso di tutto questo? Del fatto cioè che, probabilmente, i mestieri del cinema potrebbero diventare in futuro, per la maggior parte, lavori in studio a non più lavori fisici? I cambiamenti, anche radicali, ci sono sempre stati e ci saranno sempre. Forse adesso siamo un po’ presi in contropiede dalla rapidità con i quali si succedono gli uni agli altri. Tante cose sono automatizzate molto più velocemente di quanto potremmo immaginare». Ma lei non vede alcuna controindicazione a questi processi di automazione creativa?«Certamente, l’evoluzione tecnica non ha soltanto lati positivi. Bisogna ricordarsi sempre che non controlliamo del tutto questi sistemi, i quali hanno alcune limitazioni dovute alle cosiddette “allucinazioni”. Torniamo all’esempio delle riprese cinematografiche. Quando diciamo al programma di costruire una città, posizionare la luce in un certo modo, sistemare gli oggetti, alla fine possiamo accorgerci che alcune cose non sono state riprodotte secondo i nostri desideri. Insomma, il pieno controllo che il regista ha sui movimenti dell’operatore umano, difficilmente potrà essere esercitato anche sull’intelligenza artificiale. Scrivere una frase, anche molto dettagliata, e avere pochi minuti dopo un video esattamente come lo abbiamo pensato, non è scontato. Per un simile obiettivo, credo, ci vorrà ancora tempo».Mi sembra di capire, per fare una sintesi, che i sistemi di IA applicati alle immagini in movimento devono essere interpretati come una possibile evoluzione della creatività cinematografica, e che non serve comunque demonizzarli.«Assolutamente sì. Le giovani leve non saranno rimpiazzate dall’intelligenza artificiale, ma saranno capaci, grazie ai sistemi generativi, di fare le cose meglio e più rapidamente. Il regista avrà sempre le sue idee, le sue storie, la sua creatività. Ma con lui lavoreranno persone che metteranno in pratica queste idee in modo diverso: probabilmente più preciso, sicuramente più evoluto».È corretto dire che il suo messaggio è: non bisogna avere paura dell’innovazione, quanto piuttosto gestirla nel migliore dei modi?«Non credo che ci sia alternativa. Bisognerà studiare, impossessarsi di questi mezzi e diventare, diciamo, il creativo, il tecnico, l’artista 2.0. A chi teme l’impatto dell’intelligenza artificiale dico: non sarà la macchina a sostituirvi, potrebbe invece farlo un’altra persona che si è impossessata delle nuove tecniche e dei nuovi strumenti».In questo articolo: Locarno77Istituto Dalle MolleMarco Zaffalon

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