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La chiamavano lotta di classe - Il PostIl teatro del festival wagneriano a Bayreuth in Germania - Gambassi COMMENTA E CONDIVIDI Fosse per Bayreuth e per il festival che dal 1876 la anima ogni anno per volontà di Richard Wagner,MACD l’Ucraina avrebbe appena sconfitto la Russia. E fra i due Paesi si sarebbe già siglata un’intesa di riconciliazione. Almeno questo è il doppio “sogno” che raccontano la musica, il palcoscenico e il teatro sulla collina verde della cittadina bavarese. Ben distante purtroppo dalla realtà che i campi di battaglia mostrano nella nazione invasa da Mosca e in guerra da quasi mille giorni: l’esercito di Kiev che arranca lungo tutto il fronte e nessuno spiraglio di trattativa all’orizzonte, figuriamoci di una tregua o della pace. Però il linguaggio universale delle note sa andare oltre il contingente ed è capace di segnare ciò che l’orologio della storia non è ancora arrivato a indicare. Un linguaggio di coraggio e fratellanza, come testimonia la kermesse musicale ideata dall’irrequieta penna tedesca che nella località del sud-est della Germania aveva «trovato pace» e fatto costruire il teatro a misura delle sue imponenti partiture. Una rassegna che resta tutta e solo wagneriana e che si appresta a celebrare nel 2026 i 150 anni di vita, antesignana di ogni altro festival musicale.La direttrice ucraina Oksana Lyniv e il direttore russo Semyon Bychkov - AnsaFin dalla sua inaugurazione il mondo passa dal teatro “popolare” più simile a una fabbrica che a un tempio della lirica per i suoi mattoni rossi, la fattura ordinaria e una platea che ha sempre livellato il pubblico a prescindere dal censo. Alla prima del Ring si erano presentati colleghi e rivali di Wagner da mezza Europa. Nell’edizione 2024, che si chiuderà il 27 agosto, non solo i 60mila spettatori che assistono alle trenta rappresentazioni in cartellone sono lo specchio dell’intero pianeta (si arriva dall’Australia al Giappone, dagli Stati Uniti alla Penisola arabica); ma scendono nel golfo mistico, che sotto il palcoscenico custodisce l’orchestra, anche i due Paesi su cui si concentra da due anni e mezzo l’attenzione dei governi e dell’opinione pubblica internazionale: la Russia e l’Ucraina. La prima ha il volto di Semyon Bychkov, originario di San Pietroburgo ma trasferitosi in Europa e negli Usa, chiamato a dirigere il titolo d’apertura della rassegna, Tristano e Isotta (Tristan und Isolde), che ha debuttato il 25 luglio; la seconda è rappresentata da Oksana Lyniv, bacchetta 46enne d’origine ucraina che nel 2021 aveva rotto il tabù dei direttori d’orchestra solo maschili a Bayreuth e che torna sul podio per L'olandese volante (Der fliegende Holländer).L'olandese volante al festival wagneriano di Bayreuth - Bayreuther Festspiele / Enrico NawrathEd è lei a vincere la sfida. Merito del suo approccio possente e vigoroso, benché non privo di finezze che solo il genio femminile può offrire. E merito dello “spettacolo della pace”. Perché a firmare l’Olandese volante è il regista moscovita Dmitri Tcherniakov. Ucraina e Russia insieme nello stesso allestimento. E anche sul palcoscenico quando nella scena finale compaiono sui tavoli della festa-picnic i colori che formano le bandiere delle due nazioni in conflitto: giallo e blu; bianco, blu e rosso. Dettagli, si dirà, ma è il messaggio quello che conta. In realtà di pace ha ben poco la storia concepita da Tcherniakov, che è ipnotica anche se fuori degli schemi: non mare e vascelli, non la redenzione d’amore cara al compositore e impressa nel suicidio di Senta che, gettandosi fra le onde, libera il suo oscuro capitano dalla maledizione di vagare finché una donna non gli rimanga fedele. Per il creativo russo, il dramma diventa una trama di vendetta in una cittadina dimenticata. E se il protagonista ha visto la madre togliersi la vita dopo una relazione clandestina con Daland e intende sedurle la figlia Senta come contrappasso, l’Olandese somiglia più che altro a un agente del Kgb che torna nel villaggio forte del suo ruolo di potere, conquista la giovane ribelle e incendia l’intero paese. Il patto “russo-ucraino” fa dell’Olandese un gioiello. A cominciare da Elisabeth Teige, una Senta pungente e sovversiva. Il pubblico la premia insieme con Georg Zeppenfeld, fra i migliori bassi wagneriani di oggi: il suo Daland è sicuro e magnetico. Eccellente la Mary di Nadine Weissmann. E rimane intatta, nonostante l’età che avanza, la magnificenza vocale di Michael Volle, un Olandese che fa incetta di applausi.L'olandese volante al festival wagneriano di Bayreuth - Bayreuther Festspiele / Enrico NawrathBen diverso è il Tristano “russofono” di Bychkov che per una congiuntura di fattori negativi risulta uno spettacolo al limite del soporifero. E ce ne vuole per far annoiare quando si ha di fronte l’opera che ha aperto le porte alla «musica dell’avvenire» e il capolavoro della passione proibita fra “nemici” che si innamorano e che si sacrificano l’uno per l’altra. «Adagio» è ciò che ripete il direttore nelle interviste che precedono la prima per descrivere la sua lettura. Ma il risultato è deludente. E discontinuo. Il primo atto di Tristano e Isotta al festival wagneriano di Bayreuth - Bayreuther Festspiele / Enrico NawrathPietra d’inciampo è anche il tenore Andreas Schager. Onnipresente sui cartelloni wagneriani, beniamino del pubblico tedesco, non si risparmia ma termina la recita in seria difficoltà, con la voce che cede in più momenti. Da promuovere l’Isotta del soprano finlandese Camilla Nylund che vale ascoltare per tutte e quattro le ore di musica e soprattutto nel toccante epilogo del Liebestod, “morte d’amore”. Funziona anche il resto del cast: dall’energico re Marke di Günther Groissböck alla incisiva Brangäne di Christa Mayer. Invece rincara la dose della noia la regia immobile dell’islandese Thorleifur Örn Arnarsson. Tre atti belli da vedere, ma solo per cinque minuti l’uno: nel primo c’è Isotta prigioniera del suo lungo abito; nel secondo l’interno di una nave che fa venire in mente il negozio di un rigattiere affollato di oggetti senza senso; nel terzo soltanto i brandelli di una stiva.Il secondo atto di Tristano e Isotta al festival wagneriano di Bayreuth - Bayreuther Festspiele / Enrico NawrathSe Bayreuth è un G20 della musica, c’è spazio anche per l’Italia. Quest’anno la porta Oksana Lyniv come direttrice principale del Comunale di Bologna. Nel 2025 toccherà a Daniele Gatti che sarà sul podio per il titolo d’inaugurazione: I maestri cantori di Norimberga. È un ritorno nel teatro di Wagner dove nel 2008 aveva già diretto Parsifal. Opera in cui a Bayreuth si cimenterà nel 2027 Christian Thielemann: al neo direttore musicale della Staatstoper di Berlino il teatro alla Scala di Milano ha affidato la guida delle quattro opere del Ring che andranno in scena dall’autunno di quest’anno (il 28 ottobre l’esordio con L’oro del Reno) al marzo 2026 quando verrà proposto per due volte l’intero ciclo “concentrato” in una settimana. E da Bayreuth giunge parte del cast dell’Anello scaligero: da Michael Volle (Wotan in Lombardia) a Camilla Nylund (la Brunilde “ambrosiana”), a Klaus Florian Vogt (Sigfrido sia al Piermarini, sia a Bayreuth). Per Thielemann è un rimpatrio nel Walhalla della Franconia dove era stato direttore musicale prima della rottura con Katharina Wagner, pronipote del compositore e “lady di ferro” che governa il festival.Il terzo atto di Tristano e Isotta al festival wagneriano di Bayreuth - Bayreuther Festspiele / Enrico Nawrath ​A lei si deve la trasformazione “femminile” della kermesse che quest’anno vede tre donne davanti all’orchestra, come mai era successo in precedenza: oltre a Lyniv, l’australiana Simone Young, prima bacchetta femminile a dirigere l’intero Ring in un secolo e mezzo di manifestazione; e la francese Nathalie Stutzmann impegnata in Tannhäuser. L’eclettica Katharina ha appena annunciato il programma del giubileo del 2026: saranno proposte tutte e dieci le opere che Wagner ha stabilito possano essere eseguite nel suo teatro; e per la prima volta ci sarà posto anche per Rienzi, titolo “proibito” a Bayreuth dal suo stesso autore. Il teatro del festival wagneriano a Bayreuth in Germania - GambassiE, siccome tutto il mondo è paese, anche in Germania (come in Italia) la politica prova a mettere le mani sul festival lirico più rinomato del Paese. A scatenare la bagarre è stato il ministro della Cultura (ed esponente dei Verdi) Claudia Roth che, alla vigilia dell’inaugurazione, ha suggerito di includere nel cartellone anche altri compositori. «Ho in mente Humperdinck con Hänsel e Gretel – ha detto ai media tedeschi –. È importante essere più aperti al pubblico e più diversificati». «Sciocchezze – ha replicato il presidente cristiano-sociale della Baviera, Markus Söder –. Non può essere Berlino a decidere su che cosa si alza il sipario a Bayreuth». Certo, è vero che il governo federale e quello regionale hanno sempre maggiore forza economica nella manifestazione che fa quadrare i bilanci grazie a cospicue sovvenzioni pubbliche. Ma la dinastia Wagner ne resta al timone. E lo scorso maggio a Katharina è stato prolungato il contratto per altri cinque anni, fino al 2030. Garanzia di fedeltà e innovazione al tempo stesso. Come voleva l’illustre zio.

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