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“Genitore 1” e “Genitore 2” tornano sulle carte d’identità«È la produzione che fa del Sociale Cajelli un teatro civico. Senza,-Campanella sarà solo un affittacamere»Ripartita la stagione teatrale, ma la lirica, la scuola teatro, il coinvolgimento dei giovani sono elementi chiave che rischiano di sparire a Busto secondo il presidente Luca Galli: «La Fondazione comunitaria persegue il bene comune. E queste attività hanno un ritorno sociale»Luca Galli e una locandina del Rigoletto La stagione teatrale con Ad Management è ripartita al Teatro Sociale Cajelli di Busto ed è senz'altro una buona notizia dopo i mesi di stop seguiti alle infiltrazioni (LEGGI QUI E QUI). Ma il presidente Luca Galli, davanti a una locandina del Rigoletto, non nasconde le perplessità su ciò che rischia di venire a mancare: la produzione. La lirica, la scuola teatro, quel coinvolgimento dei giovani che rendeva la storica sala il teatro civico. Troviamo Luca Galli in teatro. Rimarca subito l'importanza della partenza della stagione teatrale: «Abbiamo affittato la sala ed è un'opportunità che ci permette di avere un incasso per sostenere i costi di gestione. La Fondazione comunitaria del Varesotto ha assunto la direzione e il coordinamento della società Teatro Sociale impresa sociale... quindi ne seguiamo gli indirizzi».Le cifreGuardiamo le cifre, però. Il Teatro Sociale Cajelli - spiega ancora Galli - ha incassi ogni anno per circa 480mila euro. «Ne spende più o meno 160mila per pagare mutui, Imu, debiti pregressi verso il Comune per la Tari, quindi un terzo delle risorse vanno lì - prosegue - Se il teatro è riuscito dal 2014 a pagare tutto ciò e svolgere le sue attività, ha quasi del miracolo». Il resto va nei costi di gestione: «Il bilancio è sempre stato più o meno in pari. L'ultimo anno c'è stata una perdita di 100mila euro, dovuta a componenti straordinarie quali alcune spese inaspettate e soprattutto l'aumento dei tassi di interesse dei mutui, raddoppiati, oltre alle bollette energetiche che si sono alzate dopo la guerra in Ucraina». Galli aggiunge: «Tutte le volte che il teatro paga i mutui, il valore della società aumenta. Il socio ne beneficia perché riducendo i debiti, la società vale di più. Quindi nonostante una grandissima attività sociale, c'è stata una redditività dal punto di vista patrimoniale. A partire dal 2022 ho avvisato di questi aumenti la proprietà, ma non ci sono stati incrementi di contributi. A fronte di spese per i mutui sui 150mila euro, la Fondazione pagava un contributo sugli 80-90mila euro. Una situazione diventata insostenibile».Fino all'esplosione, tra polemiche e dimissioni nel cda della Fondazione, «perché il Teatro Sociale Cajelli non è più in grado di far fronte puntualmente alle rate del mutuo e quindi la Fondazione è intervenuta per forza con contributi straordinari per pagare le rate del mutuo dove è fideiussore». Il presenteA questo punto, prosegue Galli, il Teatro Sociale Cajelli non ha debiti scaduti. La stagione teatrale che si è rimessa in moto verrà presentata a settembre. Che cosa c'è allora a preoccupare? «Resta la grande incertezza di capire cosa vuole fare il socio dell’attività caratteristica nostra, ossia la produzione - afferma il presidente - Se n'è parlato, ma i varesini la vedono come un costo. Non calcolano il ritorno sociale. Queste attività hanno avuto successo e anche ricevuto premi, ma ora sono fortemente a rischio. Così il teatro rischia di essere solo un affittacamere». La stagione teatrale dà ossigeno. Ma davvero si può accantonare il fermento e l'aspetto sociale legato alla produzione, si chiede?Il potere dei giovani«Grazie a quest’attività il teatro può funzionare con enormi risparmi - osserva ancora Galli - perché ci sono realtà come Educarte che svolge attività oltre che di produzione anche organizzativa del teatro, fornendo ore di lavoro a costo zero. Io stesso ho rinunciato all'emolumento... oggi sono presidente, prima ero anche direttore ma da quando sono cominciate le incertezze sul fatto che la Fondazione gradisse l'attività svolta, ho rinunciato alla seconda carica e al compenso. Mantengo la carica - sorride mentre è affaccendato al bancone del bar - di imbianchino, manutentore, uomo delle pulizie, barista, muratore...». Galli ripensa a questi anni ricchi di stimoli: «Il Comune, che io considero partner, ci ha sempre creduto e ha fatto uno sforzo economico importante. E le scuole hanno contribuito con la realizzazione della scenografia, il design, i costumi, le grafiche dei manifesti, la comunicazione... tutte attività svolte come percorsi extrascolastici, dal valore economico e formativo. La nostra filosofia è sempre stata quella di coinvolgere i giovani: quando permetti loro di esprimersi riescono a dare ritorni incredibili». Galli non vuole lanciare appelli, ma riflessioni: «La Fondazione persegue il bene comune, non capisce il ritorno sociale di queste nostre iniziative? Non sono mai venuti... Ciò che sembra contare è solo la burocrazia... Si interessa il segretario generale Massimiliano Pavanello, lui sì. Anche gli altri dovrebbero venire qui a vedere». Ma. Lu.
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