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Vaiolo delle scimmie, un caso in Inghilterra, l’uomo era appena tornato dalla NigeriaQuesto è un nuovo numero di La Deutsche Vita,è BlackRock la newsletter di Domani sulla Germania. Per iscriverti alla newsletter in arrivo ogni lunedì pomeriggio clicca qui. Buona lettura. 28 intellettuali hanno firmato una lettera aperta sul femminile femminista Emma raccomandando a Scholz di valutare bene le conseguenze dell'invio di armi pesanti e evocando il rischio di una terza guerra mondiale. Parliamo anche del destino di Boris Becker, passato dall’essere l’idolo sportivo di una nazione a meritare la galera. Liebe Lesende, Lo scorso weekend Olaf Scholz ha deciso di alzare la voce. Non succede spesso, ma durante la sua partecipazione a un evento il cancelliere ha deciso di dire la sua sull'invio delle armi in Ucraina in un mare di fischi. «Continueremo a sostenere l'Ucraina con denaro e aiuti umanitari ma bisogna dire chiaramente una cosa: la sosterremo perché possa difendersi, con invii di armi, come lo fanno tanti altri paesi in Europa. In questo momento è necessario farlo. Rispetto ogni pacifismo, ogni posizione, ma a un cittadino ucraino deve apparire cinico se gli si dice che deve difendersi dall'aggressione di Putin senza armi. È anacronistico». L'intervento è stato molto celebrato dai sostenitori del cancelliere in uno scontro che divide sempre di più chi è d'accordo con gli aiuti militari e chi li vede come un modo per alimentare il conflitto, come i 28 intellettuali che hanno firmato una lettera aperta sul femminile femminista Emma raccomandando a Scholz di valutare bene le conseguenze dell'invio di armi pesanti e evocando il rischio di una terza guerra mondiale. La femminista Alice Schwarzer, tra le firmatarie dell'intervento, continua a difenderne il contenuto nonostante le critiche: «Per la prima volta nella mia vita sono seriamente convinta del rischio di una nuova guerra mondiale» ha detto. A creare dibattito è stato anche l'intervento del filosofo Jürgen Habermas sulla Süddeutsche Zeitung in cui spiega le ragioni del suo sostegno alla linea, secondo alcuni troppo esitante, del cancelliere: per non oltrepassare la linea rossa che vedrebbe un coinvolgimento non solo fattuale, ma anche formale dell'occidente in guerra, c'è bisogno di autoimporsi un limite nel sostegno di Kiev. Si è precipitato a contraddirlo l'editorialista della Faz Simon Strauß, che intitola il suo commento polemico Dovremmo chiedere il permesso a Putin? A cercare ancora una propria collocazione definitiva nel dibattito intorno al conflitto è AfD, a cui lo Spiegel dedica un approfondimento. Il partito di estrema destra, a differenza della destra italiana, sta cercando di identificarsi con una linea pacifista, anche appropriandosi di slogan tradizionalmente scanditi da Verdi e sinistra. Il nucleo del ragionamento è che la guerra «è terribile, ma non è la nostra». Ma sulle posizioni di AfD si allunga l'ombra degli ottimi rapporti coltivati da alcuni membri negli anni con Mosca. Restano centrali nella gestione del conflitto i ministri verdi del governo Scholz. Annalena Baerbock e Robert Habeck sono tra i principali sostenitori del rafforzamento delle sanzioni contro la Russia e spingono per un embargo nei confronti del petrolio russo. Habeck ha spiegato che la Germania è pronta a una rinuncia graduale alla materia prima di Mosca, sottolineando però che non tutti i paesi lo sarebbero. Il linguaggio di Habeck, che non esita a definire "accidentata" (rumpelig) la via verso l'indipendenza dal petrolio russo e riesce ad apparire convincente perfino mentre da ministro verde scende a patti con l'emiro del Qatar per acquistare nuovo gas, continua a colpire l'opinione pubblica tedesca La Zeit ha scritto un libretto d'istruzioni semiserio per replicare l'oratoria così efficace del ministro: tra le indicazioni, individuare le debolzze della tesi dell'interlocutore, addurre le circostanze come causa per un problema o ancora semplificare problemi complessi con paragoni teneri. Alla fine della scorsa settimana è arrivata anche la decisione definitiva sul caso di Boris Becker, idolo del tennis tedesco degli anni Novanta condannato a due anni e mezzo per bancarotta fraudolenta. Sullo Spiegel Peter Ahrens firma un pezzo sulle star dello sport tedesche che hanno avuto problemi dopo la fine delle loro carriere. Analizzando i casi di Uli Hoeneß, che evadeva, di Jan Ullrich, che dopo le sue vittorie al Tour de France era risultato positivo ai test anti doping e di Franz Beckenbauer, coinvolto negli scandali Fifa, giunge a una conclusione drastica: "quando cadono, toccano il fondo". Sui social media ha fatto scalpore il post di una comica, Joyce Ilg, che come didascalia di una foto che la ritrae insieme al collega Luke Mockridge ha scelto di scrivere: "Avete trovato delle uova? Io ho ricevuto solo droga dello stupro". La frase fa riferimento a una dei passaggi dello spettacolo di Mockridge, ma soprattutto alle accuse di stupro che una ex fidanzata del comico gli ha rivolto. Le accuse non hanno avuto seguito, dopo che la procura ha archiviato il dossier. A rincarare la dose ha pensato il comedian Faisal Kawusi, che all'utente Silvi Carlsson, che commentava il post di Ilg scrivendo "Una volta sono quasi morta per la droga da stupro. Non fa ridere, Joyce" ha risposto: "La prossima volta metto una dose più alta, promesso". Un'altra battuta molto criticata dagli utenti. Ilg ha cercato di giustificarsi senza troppo successo, Kawusi si è scusato e vuole prendersi una pausa dai social media, ma il caso ha continuato a raccogliere indignazione. Cogliamo l'occasione anche per segnalare ai lettori che ci seguono da Roma l'appuntamento organizzato dal Goethe Institut per domani 3 maggio alle 19, quando Wolf Biermann, cantante, poeta e prima sostenitore poi dissidente della Ddr dialogherà con Angelo Bolaffi. Vi aspetto la prossima settimana con le vostre idee e spunti per La Deutsche Vita, se siete interessati e volete intervenire, potete scrivere a [email protected]. Grazie e a presto! Lisa Di Giuseppe © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediLisa Di Giuseppe Scrivo di politica, economia ed esteri (soprattutto Germania). Ho lavorato per Reuters, La7, Corriere della Sera e Public Policy.
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